LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18163-2020 proposto da:
T.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NAZZARENA ZORZELLA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2881/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’08/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
T.L., liberiano, ricorre per cassazione, con tre motivi, contro la sentenza della corte d’appello di Bologna che ne ha respinto il gravame in tema di protezione internazionale;
il Ministero dell’Interno ha depositato un semplice atto di costituzione.
CONSIDERATO
che:
I. – il primo motivo assume la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. da 3 a 8, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27-bis, e l’omesso esame di fatti decisivi, a proposito della valutazione delle circostanze integrative di pratiche discriminatorie;
il motivo è inammissibile;
la postulazione del ricorrente era di aver subito (nel 2014) atti discriminatori per la parentela con persone morte di ebola, in correlazione con la contrapposizione etnica tra gruppi ***** e *****;
viceversa la corte d’appello ha escluso la riconducibilità dei fatti narrati a una sostanziale ragione discriminatoria, atteso che quei fatti – l’allontanamento dal lavoro, l’isolamento in casa e il tentativo di ricovero coatto avevano integrato una congruente pubblica reazione alla condotta del medesimo richiedente, elusiva degli obblighi di prevenzione del contagio; risulta in vero che egli era sfuggito al cordone sanitario imposto dalle autorità locali, sicché le misure adottate nei suoi confronti non erano state improntate a un ingiustificato fine persecutorio e dunque non potevano costituire il fondamento di una domanda di protezione internazionale;
l’affermazione integra una valutazione in fatto, plausibilmente motivata e come tale insindacabile in questa sede;
II. – il secondo motivo denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), e l’omessa motivazione su fatti decisivi a proposito dell’attualità del rischio persecutorio da parte del gruppo etnico *****, in correlazione con l’inesistenza in Liberia di un sistema sociale in grado di gestire il fenomeno dei sopravvissuti all’ebola e dei loro familiari senza forme discriminatorie e di esclusione sociale;
il motivo è inammissibile;
la corte d’appello ha respinto la corrispondente tesi dell’impugnante rilevando che nelle stesse allegazioni non erano emersi elementi indicativi “di un rischio effettivo, concreto ed attuale di esposizione a un danno grave”;
in tal modo ha esplicitato la ragione di rigetto del gravame, consistente nel deficit di allegazione, poiché, in sostanza, la deduzione di rischio era stata evocata in modo astratto e inattuale, a fronte di episodi epidemici concentrati invece (finanche per quel che dal ricorso si evince) tra il 2013 e il 2014;
la doglianza del ricorrente non tiene conto di tale ratio decidendi, visto che in nessun modo risulta spiegato in qual diverso senso l’allegazione si sarebbe dovuta ritenere specifica e corroborata da riferimenti all’attualità;
III. – il terzo motivo denunzia la violazione del tu. imm., art. 5, e l’omessa valutazione di fatti decisivi in ordine al diniego di protezione umanitaria;
il motivo è inammissibile;
la corte territoriale ha sottolineato che non sussisteva, né era stata allegata, una specifica situazione di stabile e significativa integrazione in Italia, salvo l’insufficiente riferimento alla frequenza di corsi di formazione linguistica o di progetti lavorativi di accoglienza, a fronte invece della capacità lavorativa dimostrata in patria nell’attività di muratore e di autista;
la motivazione integra una valutazione in fatto pienamente rispondente al criterio indotto dalla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. Sez. U n. 29549-19), a fronte della quale l’attuale terzo motivo si palesa del tutto generico e in parte neppure aderente al riscontrato difetto di allegazione;
l’atto di costituzione dell’avvocatura dello Stato non costituisce controricorso, per cui non devesi provvedere sulle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021