Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32716 del 09/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10814-2020 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Prato, alla via Q. Baldinucci n. 71, presso lo studio dell’Avvocato Massimo Goti, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale apposta in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore.

– intimato –

avverso la sentenza n. cronol. 577/2019 della COR1E di APPELLO di CALTANISSEITA, depositata il 24/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del giorno 08/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 24 settembre 2019, la Corte di Appello di Caltanissetta respinse il gravame proposto da A.A. contro l’ordinanza, resa, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, dal tribunale di quella stessa città il 16 novembre 2017, reiettiva della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria; rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari).

1.1. In particolare, quella corte ritenne inattendibile il racconto del richiedente – che aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese (Pakistan) perché, musulmano sunnita, era stato preso di mira dal fratello del sindaco del villaggio e dal figlio dell’Imam sciita per la sua attività di proselitismo – e che, comunque, non sussistessero i requisiti per tutte le invocate forme di protezione.

2. Avverso questa sentenza A.A. ricorre per cassazione, affidandosi ad un motivo. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il formulato motivo denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonché del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. c), e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Pakistan (Punjab) ed all’omessa attività istruttoria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.1. Esso è manifestamente inammissibile perché, a fronte delle esaurienti argomentazioni con cui la corte nissena ha giustificato il proprio convincimento quanto al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in favore dell’odierno ricorrente (il cui racconto, peraltro, è stato ritenuto inattendibile, e considerata la puntuale indicazioni delle fonti consultate quanto alla effettiva situazione socio politica del Pakistan, regione del Punjab), quest’ultimo, lungi dal confrontarsi con esse, si limita a richiamare dei precedenti giurisprudenziali favorevoli ad altri richiedenti, senza, tuttavia, indicare (con il rispetto dei precisi di oneri di allegazione sanciti da Cass., SU, n. 8053 del 2014) alcun fatto concernente sé stesso di cui sia stato omesso l’esame e senza fornire elementi individualizzanti atti a giustificare una revisione della statuizione impugnata.

2. Non vi è necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, mentre occorre, dare atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U, n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472