LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3631-2020 proposto da:
F.T., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ELENA ZAGGIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona – Sezione di Padova, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 2476/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/06/2019 R.G.N. 3598/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. ESPOSITO LUCIA.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. cronol. 2476/2019, depositata il 17/6/2019, ha confermato il provvedimento di primo grado che aveva respinto la richiesta di F.T., cittadino della Nigeria proveniente dalla regione di Ekiti State, di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria o umanitaria. In particolare, i giudici di merito hanno ritenuto non credibili, contraddittorie e intrinsecamente illogiche le dichiarazioni del richiedente (essere fuggito per il timore di essere ucciso, come il padre e il fratello, dai membri di un culto), hanno rilevato come in Nigeria non vi era un conflitto interno e la mancanza delle condizioni per la protezione umanitaria.
5. Avverso la suddetta pronuncia, F.T. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e 4, violazione dell’art. 115 c.p.c., commi 1 e 2 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. b) e art. 14, lett. a) e b) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per avere la Corte omesso di valutare e applicare i criteri legali di valutazione degli elementi di prova con riferimento alla credibilità intrinseca del ricorrente, osservando che alcuna contraddizione era presente nelle sue dichiarazioni.
2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 4, – violazione e falsa applicazione di legge in relazione del D.Lgs. n. 252 del 2007, art. 3, comma 3, per mancata valutazione della situazione del Paese di origine del richiedente e della vulnerabilità dello stesso ai fini del riconoscimento dei presupposti per il permesso di soggiorno umanitario, mediante comparazione tra la condizione attuale del ricorrente e quella che avrebbe nel paese di origine, tenuto conto anche della presenza di una famiglia e di un figlio nel paese di accoglienza.
3. I motivi, unitariamente considerati, sono fondati nei termini che seguono. Va evidenziato preliminarmente che la persecuzione religiosa è espressamente ricompresa tra le cause che giustificano il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra. La condizione di soggetto esposto a persecuzione religiosa, inoltre, è rilevante ai fini della concessione della protezione internazionale sussidiaria, posto che la “persona ammissibile alla protezione sussidiaria” è definita dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), come il “cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese”.
4. Dal quadro normativo nazionale e internazionale emerge pertanto che la persecuzione a sfondo religioso costituisce causa legittimante sia per il riconoscimento dello status di rifugiato, che per la concessione della tutela sussidiaria (ex multis Cass. n. 28974 del 08/11/2019). Vertendosi in materia di protezione internazionale, alla luce del consolidato principio di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, quest’ultimo è tenuto, quando il richiedente prospetta una situazione potenzialmente rilevante sub specie di persecuzione o trattamento discriminatorio a contenuto religioso, a svolgere accurate indagini al fine di verificare la fondatezza e la credibilità del racconto.
5. E’ necessario, quindi, quantomeno ai fini dell’eventuale concessione della protezione sussidiaria, condurre una disamina della situazione interna del Paese di provenienza del richiedente che sia espressamente diretta ad apprezzare se siano presenti fenomeni di tensione a sfondo religioso che possano confermare l’esistenza del rischio di persecuzione, o anche soltanto di trattamento umanamente degradante fondato su motivazioni esclusivamente religiose, paventato dal richiedente la protezione. Una indagine di tal genere in concreto è mancata, così come l’effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente, con riferimento al Paese d’origine, in correlazione con la situazione d’integrazione, anche di carattere familiare, raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. n. 7396 del 16/03/2021).
6. Di conseguenza il ricorso va accolto per quanto di ragione, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia affinché effettui un’indagine conoscitiva in relazione ai profili sopra evidenziati, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021