Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32722 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4608-2020 proposto da:

A.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PIRENEI 1, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GENTILE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO VENTURINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1136/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 25/07/2019 R.G.N. 615/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Genova, con la sentenza n. 1136 del 2019, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale della stessa sede con il quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, proposta da A.D., cittadino della Nigeria.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere nato e vissuto nello Edo State; di avere studiato per tre anni e di avere lavorato come saldatore e che la sua famiglia era composta, oltre che da lui, dai suoi genitori e da una sorella minore; aveva precisato che, nel proprio villaggio, il 20.7.2014 era stato scoperto il petrolio ed il villaggio vicino ne aveva rivendicato la proprietà; da questa contesa erano nati degli scontri nel corso dei quali tra giovani del villaggio vicino erano stati uccisi da giovani del villaggio del richiedente, mentre le case di quest’ultimo erano state bruciate; aveva, infine, affermato che, poiché le persone del villaggio vicino avevano chiamato la Polizia” temendo di essere arrestato in quanto denunciato, nell’agosto del 2014 era partito alla volta del Niger e poi, dopo un transito in Libia, era giunto nell’agosto del 2015 in Italia.

3. A fondamento della decisione la Corte di merito ha ritenuto la vicenda narrata dal richiedente non credibile; inoltre, ha escluso che nello Stato di provenienza vi fosse una situazione tale da concretizzare una minaccia grave ed individuale alla vita e alla persona del richiedente per come derivante dalla violenza indiscriminata in condizioni di conflitto interno o internazionale; infine, ha rilevato la mancata produzione di documentazione attestante condizioni di vulnerabilità o di integrazione ai fini della concessione del permesso d soggiorno per motivi umanitari.

4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione A.D. affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, D.P.R. n. 12 del 2015, art. 6 e art. 16 della Direttiva 2013/32/UE del Parlamento e del Consiglio del 26 giugno 2013, per la errata valutazione, da parte della Corte territoriale, del giudizio di credibilità, in violazione dei criteri legali di riscontro della attendibilità delle dichiarazioni.

3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, art. 3, comma 5 e art. 14, lett. c), per la errata valutazione, da parte della Corte territoriale, dei presupposti di legge per concedere la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, perché non erano state valutate correttamente le condizioni socio-politiche della Nigeria anche ai fini della concessione della protezione umanitaria.

5. I motivi, che per la loro connessione possono essere scrutinati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione.

6. In primo luogo, va evidenziato che la Corte di merito ha ritenuto la inverosimiglianza del racconto affidandosi ad una mera opinione soggettiva, quando invece è stato affermato, in sede di legittimità, con un orientamento cui si intende dare seguito, che la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri obiettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e tenendo conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente (di cui al D.Lgs. cit., art. 5, comma 3, lett. c)), senza dare rilievo esclusivo e determinante e mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. n. 2956/ 2020; Cass. n. 13257/2020).

7. In secondo luogo, deve precisarsi che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, una volta assolto da parte del richiedente asilo il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale nella quale siano presenti aspetti contraddittori che ne mettano in discussione la credibilità, in quanto è finalizzato proprio a raggiungere il necessario chiarimento su realtà e vicende che presentano una peculiare diversità rispetto a quelle di altri paesi e che, solo attraverso informazioni acquisite da fonti affidabili, riescono a dare una logica spiegazione alla narrazione del richiedente (Cass. n. 3016/2019; Cass. n. 24010/2020).

8. In terzo luogo, va osservato che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai finì della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13255/2020). Inoltre, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che ciascuna domanda sia esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi sono transitati, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni deve essere osservato in riferimento ai fatti esposti e ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale (Cass. n. 2355/2020; Cass. n. 30105/2018).

9. Nel caso in esame, come detto, la Corte territoriale ha operato una valutazione di non credibilità su considerazioni soggettive, senza alcun riferimento alla procedimentalizzazione legale prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e valorizzando, invece, soprattutto i profili di contraddittorietà ed illogicità del racconto.

10. Avrebbe dovuto, invece, riscontrare quanto dichiarato dal richiedente con elementi oggettivi, acquisibili attraverso una adeguata istruttoria, sia con riguardo all’episodio del rinvenimento del petrolio, essendo un avvenimento di una certa importanza, sia relativamente agli eventi delittuosi che si verificarono con riguardo a tale ritrovamento.

11. Tali accertamenti avrebbero senza dubbio potuto rilevare, ai fini della valutazione sulla credibilità delle dichiarazioni, sotto il profilo della coerenza esterna del narrato, e della sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria o umanitaria, in quanto il fenomeno della scoperta di filoni e di depositi petroliferi, in zone economicamente povere come quella di provenienza del richiedente, è quasi sempre fonte di episodi violenti tra gli appartenenti ai villaggi limitrofi ed occasione di abusi rilevanti coinvolgenti le varie comunità: ciò appunto ai fini dell’accertamento sulla fondatezza delle tutele richieste.

12. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere accolto e la impugnata pronuncia deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi sopra menzionati, provvedendo, altresì, sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerate, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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