Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32728 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12770-2020 proposto da:

T.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA STANISCIA, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 2529 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 15/11/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/10/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE La Corte d’Appello di Roma con decreto n. 2529 del 15 novembre 2019 ha rigettato l’opposizione proposta dal Ministero della Giustizia avverso il decreto della stessa Corte d’Appello di Roma con il quale il Ministero della Giustizia era stato condannato a pagare la somma di Euro 1.600 a titolo di indennizzo per la durata irragionevole della procedura di opposizione all’esecuzione promossa da tal O.A. nei confronti del ricorrente e definita dalla Suprema Corte con ordinanza n. 4843/2019.

Assumeva l’opponente che doveva trovare applicazione la previsione di cui al combinato disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 1, e comma 2, lett. d), attesa l’irrisorietà della pretesa dedotta in giudizio nel processo presupposto.

Il giudice dell’opposizione riteneva che la somma vantata non poteva essere considerata irrisoria e che nemmeno poteva accedersi ad una liquidazione pari ad Euro 200,00 annuii stante la predeterminazione di minimi da parte del legislatore, rispetto ai quali non era dato nella fattispecie discostarsi.

Quanto alle spese di lite riteneva però di doverle compensare “data la non pertinenza delle argomentazioni della comparsa di risposta che fa riferimento come prima argomentazione ad una sottrazione di tempo non operata dal primo giudice. Peraltro il calcolo operato dalla parte è in peius oltre che errato. Le seconde argomentazioni sono un insieme di massime e l’unica attinente al concetto bagatellare è tautologica”.

Per la cassazione di questo decreto T.E. ha proposto ricorso sulla base di due motivi.

Il Ministero ha resistito ai soli fini dell’eventuale discussione orale.

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in quanto sarebbe stata operata la compensazione delle spese del procedimento di opposizione senza il rispetto delle prescrizioni normative che impongono il ricorrere di gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione.

Il secondo motivo lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio sempre quanto alla decisione di compensare le spese.

Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità del secondo motivo, in quanto formulato facendo riferimento alla formulazione non più applicabile ratione temporis dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, essendo stato il provvedimento impugnato depositato in data successiva al 12 settembre 2012.

Ad avviso del Collegio il primo motivo è fondato.

Occorre in primo luogo rilevare che, sempre in ragione della data di pubblicazione del provvedimento ed ancor prima in considerazione della data di introduzione della domanda di equa riparazione (2019), trova applicazione la previsione di cui all’art. 92 c.p.c., quale scaturente dalle modifiche di cui al D.L. n. 132 del 2014, conv. nella L. n. 162 del 2014, che al di fori dei casi di soccombenza reciproca (qui non sussistente), consente la compensazione delle spese solo in caso di assoluta novità della questione trattata ovvero di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti. E’ pur vero che tale norma è stata interessata da un intervento della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 77 del 2018 ha dichiarato parzialmente incostituzionale la norma nella parte in cui non consente la compensazione, parziale o integrale, anche qualora sussistano analoghe gravi ed eccezionali ragioni, ma reputa il Collegio che anche a seguito dell’addizione apportata dalla sentenza del giudice delle leggi, la decisione della Corte d’Appello di compensare le spese di lite costituisca una violazione dell’art. 92 c.p.c..

Come chiarito nella successiva giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 3977 del 2020), ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014, e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2 (conf. Cass. n. 4696 del 2019).

Il richiamo nella motivazione del giudice dell’opposizione, come riportata nella parte che precede, alla sola non pertinenza delle argomentazioni difensive ovvero al mero richiamo nella comparsa di risposta del ricorrente a precedenti giurisprudenziali privi di una reale utilità ai fini della decisione, non permette di affermare la ricorrenza di una delle ipotesi di gravità ed eccezionalità che a seguito dell’intervento della Consulta permettono di addivenire alla compensazione delle spese di lite, dovendo quindi ritenersi violata la prescrizione dell’art. 92 c.p.c..

Il provvedimento impugnato deve pertanto essere cassato in relazione al motivo accolto, tuttavia, non ricorrendo la necessitò di accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, disponendo la condanna del Ministero al rimborso delle spese del giudizio di opposizione che liquida in complessivi Euro 600,00, oltre accessori di legge con attribuzione all’avv. Nicola Staniscia.

Le spese del presente giudizio vanno invece compensate attesa la reciproca soccombenza in ragione dell’inammissibilità del secondo motivo.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo e dichiarato inammissibile il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna il Ministero al rimborso delle spese del giudizio di opposizione che liquida in complessivi Euro 600,00, oltre accessori di legge con attribuzione all’avv. Nicola Staniscia; compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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