LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12676-2015 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO;
– ricorrente –
contro
C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATELLI ROSSELLI 2, presso lo studio degli avvocati LAURA GUERCIO, SIMONA LANZELLOTTO, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8657/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/11/2014 R.G.N. 9315/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/2021 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA;
visto il D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. con sentenza n. 8657 del 2014 la Corte d’ Appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva la domanda di C.P. volta ad affermare il diritto alla pensione di anzianità in godimento, con decorrenza dal 1 aprile 1996, tenuto conto dell’anzianità contributiva maturata fin dal gennaio 1995, anziché dall’aprile 2001 come preteso dall’ente previdenziale, con condanna dell’INPS alla corresponsione dei ratei pensionistici.
2. La Corte di merito, affermata l’applicabilità del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, conv. in L. n. 111 del 2011, ed escluso l’avverarsi di alcuna decadenza prima dell’entrata in vigore della citata disposizione, condannava l’INPS all’erogazione dei ratei maturati dal 1 luglio 1997.
3. Avverso tale sentenza l’INPS propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, cui resiste, con controricorso, C.P..
4. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Con il motivo di ricorso l’INPS denuncia violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 e successive modificazioni.
6. Assume l’Istituto che la Corte avrebbe errato anzitutto richiamando il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, conv. in L. n. 111 del 2011, perché la norma di legge troverebbe applicazione esclusivamente nei casi di “riliquidazione di una prestazione parzialmente riconosciuta” e, nel caso di specie, la questione concerneva solo la decorrenza del trattamento pensionistico in godimento dal 2001, non anche la sua misura.
7. In secondo luogo, la Corte di merito avrebbe errato nell’affermare che prima dell’entrata in vigore della L. n. 111 del 2011 cit. non si fosse avverata alcuna decadenza, non potendosi ritenere il venir meno di effetti decadenziali già verificatisi, con la semplice riproposizione della domanda: assume che l’attuale intimato aveva presentato domanda amministrativa per ottenere la pensione di anzianità il 25 giugno 1996, reiterandola nel novembre 2000, nel settembre 2008 e nell’aprile 2009 (riproducendo brani della memoria di costituzione in appello in cui le ultime due vengono descritte come di ricostituzione della pensione), sicché il ricorso giudiziario veniva proposto solo il 10 giugno 2010 allorché il termine decadenziale dalla domanda amministrativa del 25 giugno 1996 era ampiamente spirato.
8. Si discute del ricalcolo del trattamento pensionistico, in giudizio pendente, in primo grado, all’entrata in vigore della disciplina del 2011 sul termine decadenziale.
9. Questa Corte ha già affermato che in tema di decadenza delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una prestazione pensionistica parzialmente riconosciuta, la novella il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d), conv. in L. 15 luglio 2011, n. 111 – che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accesso di credito – detta una disciplina innovativa che, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 4, non trova applicazione ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, per i quali vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale (cfr. Cass. n. 1071 del 2015 e, più di recente, Cass. n. 4196 del 2020, ed ivi ulteriori precedenti).
10. La Corte di merito si è uniformata ai predetti principi e il ricorso va, pertanto, rigettato.
11. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021