Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.32732 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21507-2015 proposto da:

I.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato ANNA BEVILACQUA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati LIDIA CARCAVALLO, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 208/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/07/2015 R.G.N. 950/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/2021 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA;

visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 208 del 2015, in riforma della sentenza di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo emesso, su ricorso di I.L. nei confronti dell’INPS, per l’importo di Euro 252.998,06 a titolo di differenze sul trattamento pensionistico di anzianità in godimento.

2. La Corte d’appello ha ritenuto provato l’assunto dell’INPS, secondo il quale l’obbligazione era stata adempiuta attraverso il conguaglio operato con il Banco di Napoli, datore di lavoro dell’ I. prima del pensionamento, tenuto a versare la pensione VO di cui questi era titolare in forza di convenzione stipulata tra l’Ente creditizio e l’INPS, ai sensi del D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 6.

3. Per la Corte di merito, l’oggetto dell’accordo transattivo fondante la procedura monitoria, concluso in altro giudizio, tra I. e INPS, per l’accertamento del diritto al trattamento pensionistico superiore a quello in godimento – definito con declaratoria di cessazione della materia del contendere e seguito da nota dell’INPS, del 5 febbraio 2003, di rideterminazione della pensione, a decorrere dal 1 aprile 1996, con importo maturato fino al 28 febbraio 2003 e pari a Euro 252.998,06 – non risiedeva nel provvedere al pagamento diretto dei ratei arretrati di pensione ma nel mettere la somma a disposizione del Banco di Napoli, ai sensi del D.Lgs. n. 357 del 1990 e della convenzione stipulata con il Banco, con postilla concernente l’accontamento degli importi arretrati, in attesa della definizione del giudizio pendente sull’integrazione del trattamento pensionistico, già in godimento, maggiorato dell’importo corrispondente ai contributi versati in forza di rapporti di lavoro diversi da quelli intrattenuti con il Banco di Napoli.

4. L’INPS, per la Corte territoriale, non aveva assunto alcun obbligo di pagamento diretto della pensione, né aveva corrisposto, direttamente al pensionato, il trattamento come determinato, alla stregua dei contributi maturati presso il Banco e presso altri datori di lavoro, tenuto conto degli arretrati; il trattamento pensionistico VOBANC, così catalogato a decorrere dal mese di marzo 2003, non costituiva liquidazione di nuova pensione ma trattamento pensionistico complessivamente riconosciuto, come da comunicazione del 5 febbraio 2003 recante la specificazione degli importi oggetto di conguaglio, da parte dell’ente creditizio, come da quest’ultimo comunicato nel 2009, in considerazione di quanto corrisposto dall’INPS, a titolo di pensione provvisoria (VO per il periodo marzo 1998-febbraio 2003), e della pensione provvisoria erogata dall’istituto di credito, liquidata e calcolata alla stregua delle previsioni normative aziendali; l’obbligo dell’INPS, in definitiva, era stato correttamente adempiuto e il successivo erroneo operato dell’ente creditizio in riferimento al conguaglio non poteva addebitarsi all’ente previdenziale.

5. Infine, la Corte di merito riteneva questione nuova la prospettazione della natura di rendita vitalizia della pensione erogata dall’istituto di credito, fondata su un verbale di conciliazione, e dunque non suscettibile di compensazione con la pensione liquidata dall’INPS, trattandosi di prospettazione confliggente con quella svolta in primo grado, nel senso dell’espressa qualificazione, in termini di quota di prestazione pensionistica a carico di altro ente (il Banco di Napoli) che aveva provveduto a compiere l’intera attività per cui era obbligato, in base alle norme di legge richiamate.

6. Ricorre avverso tale sentenza I.L., con ricorso affidato a quattro motivi e deposito di procura speciale recante nomina di nuovo difensore con revoca del mandato defensionale all’originario difensore; resiste l’INPS, con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1188 c.c. e il D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 6,artt. 113,115 e 116 c.p.c., perché, a suo dire, il pagamento compiuto dall’INPS a favore del Banco di Napoli non avrebbe efficacia liberatoria nei confronti dell’ I. perché l’INPS si era direttamente obbligato, nei suoi confronti, al pagamento delle somme dovute a titolo di arretrati e l’avvenuto versamento della provvista, all’istituto di credito, non avrebbe avuto efficacia liberatoria, trattandosi di pagamento non effettuato al debitore, né a soggetto da questi indicato.

8. L’affermazione però non è condivisibile, in base ai principi che regolano la materia.

9. Come ribadito in diverse occasioni dalla giurisprudenza di questa Corte, il D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 6, rubricato “Convenzioni con l’INPS per l’erogazione diretta e complessiva della pensione da parte del datore di lavoro”, come chiarito fin dalla rubrica e dal tenore della disposizione, si limitava a prevedere la stipulazione di convenzioni, tra l’INPS e gli enti creditizi, per il pagamento, da parte di questi ultimi, dell’intero importo della pensione (quota AGO ed integrazione), con successivo conguaglio fra le somme erogate per conto dell’INPS ed i contributi dovuti (per tutte, Cass. nn. 25747 e 24987 del 2016).

10. Gli enti creditizi in forza della convenzione agivano, dunque, come adiectus solutionis causa, secondo un meccanismo già noto per altre prestazioni previdenziali (si pensi all’indennità di malattia): se è pur vero che il rapporto obbligatorio pensionistico intercorreva (per la quota a carico dell’AGO) tra l’INPS ed il pensionato, va detto che in base allo stesso modello codicistico invocato, quello dell’art. 1188 c.c., l’ente previdenziale si è liberato nel considerare la posta debitoria nelle compensazioni con il Banco, erogatore della complessiva pensione.

11. Infondata, dunque la violazione dell’art. 1188 c.c. posto che il contenuto dell’obbligazione dell’INPS, come ricostruita dalla Corte di merito, si conforma alla normativa di settore e si richiede una diversa valutazione del merito al fine di pervenire, contrariamente all’apprezzamento della Corte di merito, ad affermare un’obbligazione a carico dell’INPS di pagare le somme direttamente al lavoratore.

12. Con il quarto motivo, esaminato preliminarmente per ragioni di connessione con il mezzo che precede, si deduce ultrapetizione perché l’INPS non avrebbe mai accreditato di efficacia liberatoria l’avvenuta costituzione della provvista presso il Banco, ma la censura in tali termini svolta è inammissibile perché non si è in presenza di eccezione in senso stretto bensì di argomentazioni in diritto svolte dalla Corte territoriale.

13. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 115,416 e 437 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in considerazione dell’assoluta mancanza, agli atti, di un qualunque tipo di prova di pagamento da parte dell’INPS.

14. Invero, con un unico mezzo si denuncia, contestualmente e inammissibilmente, che non vi sarebbe prova del pagamento, che la prova documentale della sussistenza di una partita debitoria dell’ I. nei confronti del Banco, a titolo di pensione provvisoria, sarebbe inattendibile, ed ancora, che non vi sarebbe alcuna prova dell’effettivo pagamento della pensione provvisoria.

15. La Corte ha, invero, ritenuto indubitato il trasferimento di fondi, dall’INPS al Banco, e quanto alla prova del pagamento della pensione provvisoria la censura si palesa non autosufficiente perché non sorretta dalla produzione del documento ovvero dalla indicazione della relativa introduzione e allegazione nelle sedi processuali di merito e, in ogni caso carente di decisività giacché la documentazione della quale si assume la irrituale produzione non ha avuto alcuna efficacia determinante nella formazione del convincimento della Corte di merito, 16. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1241 c.c. e si assume che la compensazione avrebbe potuto operare solo per distinti rapporti di debito e credito intercorrenti fra gli stessi soggetti, il che non era nella specie.

17. Il motivo non coglie nel segno perché la Corte di merito, all’esito della valutazione degli atti di causa, ha escluso l’assunzione di un obbligo di pagamento da parte dell’INPS nei confronti dell’ I. alla stregua del D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 6 e il Banco e’, al contempo, debitore delle somme maturate a titolo di arretrati e creditore per la restituzione delle somme versate a titolo di pensione nel corso del medesimo periodo cui sono riferiti gli arretrati di trattamento VOBANC.

18. Con il quinto motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo ma si ometto, per vero, di indicare il fatto che si assume non esaminato e, in ogni caso, la censura indirizza critiche al convincimento della Corte di merito che, ad avviso della ricorrente, non avrebbe potuto trarre dall’esame del complessivo materiale probatorio, la prova dell’esistenza delle contrapposte partite debitorie e creditorie.

19. In conclusione, il ricorso è da rigettare.

20. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.

21. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 7.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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