LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27790-2015 proposto da:
M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FERRONI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NICOLA ROMANIN, DANIELA MILANESI;
– ricorrente principale –
contro
I.N.P.S., – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1691/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/12/2014 R.G.N. 527/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’
STEFANO visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 5.12.2014, la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato irripetibile per un quarto l’indebito pensionistico contestato a M.R. per il periodo anteriore al 1.1.2001 e totalmente irripetibile per il periodo successivo.
La Corte, per quanto qui rileva, ha ritenuto che l’indennità mensile di funzione percepita dal pensionato dal 1996 al 2006, quale presidente del Consorzio di bonifica “Il Circondario Polesine San Giorgio”, non fosse assoggettabile alla deroga di cui al combinato disposto della L. n. 816 del 1985, art. 9, e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 82, che ammette il cumulo del compenso dell’amministratore con i redditi da lavoro di qualsiasi natura, essendo il Consorzio costituito esclusivamente tra proprietari terrieri privati e non facendone parte enti locali; sotto altro profilo, ha ritenuto che, per il periodo successivo al 1.1.2001, potesse trovare applicazione la L. n. 88 del 1989, art. 52, in ragione dell’assenza di dolo del pensionato, mentre per il periodo precedente, l’irripetibilità potesse predicarsi nei limiti di un quarto della somma, non essendo stata data prova del possesso di un reddito inferiore al limite di legge.
Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione M.R., deducendo quattro motivi di censura. L’INPS ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale, fondato su un motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 816 del 1985, art. 9, e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 82, nonché, anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “omessa pronuncia sull’applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 2, comma 2”, per avere la Corte di merito ritenuto che l’indennità da lui percepita quale presidente del Consorzio di bonifica “Il Circondario Polesine San Giorgio” non potesse essere assoggettata alla disciplina del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 82, comma 3, che esclude dal divieto di cumulo gli emolumenti percepiti quali compensi per cariche elettive di consorzi fra enti locali: ad avviso di parte ricorrente, infatti, il Consorzio de quo rientrerebbe appieno nella disciplina invocata, dal momento che otto componenti del suo consiglio di amministrazione sarebbero nominati dalla Provincia di Ferrara tra gli amministratori dei comuni ricadenti nel comprensorio consortile.
Con il secondo motivo del ricorso principale, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 2001, art. 38, nonché omessa pronuncia sull’eccezione di tardività di contestazione dell’indebito L. n. 412 del 1991, ex art. 13, comma 2.
Con il terzo motivo del ricorso principale, la medesima censura è ribadita sotto il profilo della violazione dei principi di buona amministrazione e tutela dell’affidamento di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 1.
Con il quarto motivo del ricorso principale, infine, il ricorrente censura la decisione impugnata per aver compensato le spese del doppio grado.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’INPS denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c. per avere la Corte di merito del tutto omesso di motivare circa l’insussistenza di dolo del pensionato.
Ciò posto, il primo motivo del ricorso principale è fondato nei termini di cui appresso.
Va premesso che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 189, ha previsto che, con effetto a decorrere dal 30.9.1996, le pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle forme di essa sostitutive, nonché i trattamenti anticipati di anzianità delle forme esclusive della medesima, non fossero cumulabili, limitatamente alla quota liquidata con il sistema retributivo, con redditi da lavoro di qualsiasi natura.
Tale disposizione è stata oggetto d’interpretazione autentica da parte della L. n. 662 del 1996, medesimo art. 1, comma 173-ter introdotto dal D.L. n. 669 del 1996, art. 10, comma 4, (conv. con L. n. 30 del 1997, n. 30), che ha previsto che, ai fini del divieto di cumulo, non dovessero essere considerati “redditi da lavoro” le indennità percepite in applicazione della L. n. 816 del 1985 e successive modificazioni, tra le quali, per quanto rileva in questa sede, quella appunto prevista dalla L. n. 816 del 1985, cit., art. 9, a beneficio del presidente “di consorzi tra comuni e province e delle loro aziende”.
A sua volta, la L. n. 816 del 1985, art. 9, è stato abrogato da D.Lgs. n. 267 del 2000, il quale, nel ridisciplinare la materia, ha previsto, all’art. 82, comma 3, che, ai fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, non dovessero essere assimilate ai redditi da lavoro “le indennità di cui ai commi 1 e 2”, ossia, per quanto rileva in questa sede, le indennità corrisposte ai presidenti “dei consorzi fra enti locali”. Mentre, dal canto suo, il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 2, comma 2, ha previsto che “Le norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali”.
Tanto premesso, la sentenza impugnata ha invero escluso che il Consorzio di cui l’odierno ricorrente è stato presidente appartenga al novero di quelli “di cui facciano parte enti locali”, siccome esclusivamente costituito da proprietari terrieri. Non ha tuttavia tenuto conto, nel condurre tale accertamento di fatto, né dello Statuto del Consorzio (che, come messo in evidenza da parte ricorrente, prevede che otto componenti del suo consiglio di amministrazione siano nominati dalla Provincia di Ferrara tra gli amministratori dei comuni ricadenti nel comprensorio consortile (cfr. sul punto l’art. 20 dello Statuto, richiamato per riassunto a pag. 7 del ricorso per cassazione e prodotto sub doc. 25 del fascicolo di primo grado), né, in special modo, della nota del 27.11.2006 (ibid., doc. 10), con cui tale partecipazione è stata direttamente confermata dal Consorzio. E trattandosi di fatti in ipotesi idonei a sovvertire l’accertamento condotto dai giudici di merito in ordine alla partecipazione al Consorzio di “enti locali”, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto della L. n. 816 del 1985, art. 9, L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 173-ter e 189, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 82, comma 3, e art. 2, comma 2, la sentenza, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale, va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri e il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnatane rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021