Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32752 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6006-2018 proposto da:

LA VIGILE PICENA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMINO LUZI;

– ricorrente principale –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio degli avvocati PIERGIOVANNI ALLEVA, GIORGIO ANTONINI che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

LA VIGILE PICENA S.R.L.;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 337/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 21/08/2017 R.G.N. 187/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/03/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.

PREMESSO che con sent. n. 337/2017, pubblicata il 21 agosto 2017, la Corte di appello di Ancona in parziale accoglimento del gravame del lavoratore e in riforma della sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale di Ascoli Piceno aveva integralmente respinto la domanda di risarcimento danni da mobbing – ha condannato la società La Vigile Picena S.r.l., esercente attività di vigilanza privata, a risarcire a M.F. il danno biologico permanente, nella misura del 12%, allo stesso derivato in conseguenza dell’assegnazione ai turni di servizio notturni nell’inosservanza del criterio di equa rotazione fra i dipendenti con il medesimo inquadramento, previsto dall’Accordo integrativo provinciale del 28 luglio 2004;

– che avverso detta sentenza della Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione La Vigile Picena S.r.l., con tre motivi;

– che il M. ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, cui la società ha resistito a sua volta con controricorso.

RILEVATO

che con il primo motivo del proprio ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., commi 2 e 3, e dell’art. 71 del c.c.n.l. Vigilanza Privata, la società censura la sentenza di appello per avere la Corte territoriale fondato per intero la propria decisione su di un documento – l’Accordo Integrativo Provinciale 28 luglio 2004 prodotto per la prima volta dal lavoratore, senza giustificazione, in grado di appello e per non avere tenuto presente che, secondo la contrattazione collettiva di livello nazionale, tanto il lavoro diurno come quello notturno costituiscono prestazione “normale” di lavoro;

– che, con il secondo, viene dedotta dalla ricorrente principale la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame del fatto decisivo per il giudizio rappresentato dal necessario assorbimento di quanto riconosciuto al M. nell’importo della rendita per invalidità assegnatagli dall’I.N.P.S.;

– che, con il terzo, la ricorrente si duole che la Corte, in violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, anziché disporne la compensazione, le abbia attribuito le spese di lite e i costi degli accertamenti peritali di entrambi i gradi di giudizio, sebbene la sentenza di appello avesse confermato il rigetto, già pronunciato in primo grado, della domanda di risarcimento dei danni da mobbing e si fosse limitata ad accogliere la sola domanda di danno per non equa rotazione nei turni di servizio notturni;

– che con l’unico motivo del ricorso incidentale viene dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di appello omesso di pronunciare sulla domanda di risarcimento del danno morale e del danno esistenziale e sulle richieste di ammissione di mezzi di prova a tal fine avanzate;

osservato che il primo motivo è inammissibile e infondato;

– che, in particolare, esso è inammissibile, là dove denuncia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla contrattazione collettiva di settore (art. 71), poiché non risulta che la sentenza impugnata abbia affermato che le prestazioni notturne non siano anch’esse “normali” in un’impresa che si occupi di servizi di vigilanza, avendo fondato le proprie conclusioni sull’accertamento del maggiore e più gravoso carico di servizi in orario notturno assegnato all’appellante rispetto ai colleghi con pari mansioni e inquadramento;

– che il motivo è poi infondato, là dove denuncia la tardività della produzione in grado di appello dell’Accordo Integrativo in data 28 luglio 2004, alla luce del principio, secondo il quale “Nelle cause soggette al rito del lavoro, l’acquisizione del testo dei contratti o accordi collettivi può aver luogo anche in appello, sia attraverso la richiesta di informazioni alle associazioni sindacali, la quale non è soggetta al divieto di cui all’art. 437 c.p.c., comma 2, non costituendo un mezzo di prova, sia attraverso l’esercizio da parte del giudice del potere officioso, riconosciuto dal medesimo art. 437, comma 2, di invitare le parti a produrre il contratto collettivo, ove non ne risulti contestata l’applicabilità al rapporto; in ogni caso, pur non essendo automatico l’accoglimento di tali istanze, spetta al giudice, ove formulate, valutarne l’ammissibilità, sulla base di tutti gli elementi versati in atti, esplicitando le ragioni che ne fondino il rigetto” (Cass. n. 1246/2011);

– che il secondo motivo è chiaramente inammissibile, poiché l’art. 360 c.p.c., n. 5 riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o a una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni; con la conseguenza che sono da considerarsi inammissibili le censure che – come quella svolta con il motivo ora in esame – estendano irritualmente il paradigma normativo a tale ultimo profilo (Cass. 26305/2018; Cass. n. 14802/2017, fra le molte conformi);

– che il terzo motivo è infondato, dovendosi ribadire che “In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (Cass. n. 24502/2017, fra le numerose conformi);

– che il motivo (unico), posto a sostegno del ricorso incidentale, è infondato, poiché la Corte di merito, diversamente da quanto dedotto, risulta aver pronunciato sulla domanda che si reputa trascurata: cfr. sentenza, p. 11, par. 8.2., nel punto in cui è specificato che nell’importo riconosciuto per ciascun punto di invalidità “e’ già compreso il danno morale”; ed ove è chiara l’adesione all’orientamento di cui a Sez. U n. 26972/2008 e alle molte successive che ad essa, anche recentemente, si sono attenute (Cass. n. 21716/2013; Cass. n. 336/2016);

ritenuto conclusivamente che entrambi i ricorsi devono essere respinti;

– che, stante la reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di legittimità devono essere per intero compensate fra le parti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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