LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6383-2015 proposto da:
E.N. P.A.F. ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FARMACISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO ANGELETTI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.M., E.B.R., E.C. tutte in qualità di eredi di E.S., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA GIOVANNI ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE TRIVELLINI, che le rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2573/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 03/11/2014 R.G.N. 186/2012 + 1;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. E.S., iscritto all’Albo Professionale dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Brindisi dal 9.5.1973, presentava domanda di pensione di vecchiaia, alla maturazione di 35 anni di contribuzione versata all’Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza Farmacisti; l’Ente liquidava la prestazione, con decorrenza febbraio 2008, e l’assicurato evidenziava che, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento di Previdenza e Assistenza, trattandosi di anzianità maturata dopo il 31.12.2003, l’importo della pensione andava rapportato a 30 anni di contribuzione intera, cui doveva aggiungersi la maggiorazione di quattro anni di contribuzione intera successiva al 30 anno, oltre la maggiorazione di un anno di contribuzione ridotta al 50 per cento.
2. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda riconoscendo il diritto al ricalcolo della pensione di vecchiaia, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento di Previdenza e Assistenza, come preteso dall’assicurato.
3. La Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 2573 del 2014, decidendo sul gravame principale dell’E.N. P.A.F. e incidentale dell’assicurato (quanto alla domanda, non accolta, relativa alla maggiorazione della pensione in ragione degli ulteriori cinque anni di contribuzione), ha rigettato entrambi gli appelli e accolto il gravame incidentale spiegato dall’assicurato, e dagli eredi, per il capo relativo alla regolazione delle spese.
4. Propone ricorso per cassazione l’E.N. P.A.F., affidato ad un motivo, cui resistono, con controricorso, D.M. ed altri eredi di E.S., in epigrafe indicati, illustrati con memorie.
5. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Con un unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 7-bis del Regolamento di Previdenza e Assistenza dell’E.N. P.A.F., approvato dal Ministero del Lavoro con nota del 23.12.2003, per avere la Corte d’ Appello errato nell’evincere, dall’art. 7, la ratio legis di fissare gli importi annui della pensione base diretta a seconda dell’anno di maturazione del trentennio di anzianità e previsto, all’uopo, vari gradi, a seconda dell’anno di maturazione dell’anzianità, posto che, al contrario, la disposizione indica gli importi annui della pensione, rapportati a trent’anni di contribuzione, con esclusivo riferimento ai diversi periodi di anzianità maturati a una determinata data, nel senso che gli importi annui sono sempre stabiliti, per ciascun periodo considerato, in ragione del rapporto tra le anzianità maturate e i trenta anni di contribuzione.
7. Va premesso, in linea generale, che, in conseguenza dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 509 del 1994, recante attuazione della delega conferita dalla L. n. 537 del 1993, art. 1, comma 32, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza (tra i quali l’ENPAF), e della connessa delegificazione della disciplina relativa sia al rapporto contributivo, che tali enti intrattengono con gli iscritti, sia al rapporto previdenziale, concernente le prestazioni che essi sono tenuti a corrispondere ai beneficiari, la determinazione della relativa disciplina è stata affidata, dalla legge, all’autonomia regolamentare degli enti, i quali, nel rispetto dei vincoli costituzionali ed entro i limiti delle loro attribuzioni, possono dettare disposizioni anche in deroga a disposizioni di legge precedenti (così, in particolare, Cass. n. 24202 del 2009 e, in seguito, Cass. n. 5287 del 2018 e successive conformi).
8. Tanto premesso, il ricorso all’esame è inammissibile nella parte in cui censura, ex art. 360 c.p.c., n. 3, l’interpretazione che la Corte di merito ha dato del regolamento recante la disciplina della prestazione pensionistica invocata, trattandosi di normativa che non ha valore regolamentare in senso proprio (cioè ex art. 1 preleggi, n. 2), bensì natura squisitamente negoziale, indipendentemente dalla successiva approvazione con decreto ministeriale (a mente del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 3, comma 2) del Ministero vigilante, e rispetto alla quale il sindacato di legittimità è confinato all’evenienza che venga dedotta una qualche violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c. (così, fra tante, Cass. n. 31000 del 2019, n. 27541 del 2020).
9. Neanche si appalesa praticabile nella specie, come pur affermato dal questa Corte di legittimità (fra tante, Cass.n. 11792 del 2005 e, più di recente, Cass. n. 31000 del 2019), l’esame della doglianza che si risolva, nella sostanza se non nella forma, nella denuncia della violazione dei criteri ermeneutici da parte della Corte territoriale in relazione all’apprezzamento della portata precettiva della norma regolamentare, risultando allegato al ricorso per cassazione un mero stralcio del regolamento, limitato agli artt. 7 e 7-bis, né rinvenendosi, nell’illustrazione della censura, adeguata indicazione in ordine alla relativa produzione nelle sedi di merito, sicché anche per tale ulteriore profilo il ricorso è inammissibile.
10. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo, da distrarsi in favore dell’avvocato Raffaele Trivellini dichiaratosi antistatario.
11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento, da distrarsi in favore dell’avvocato Raffaele Trivellini dichiaratosi antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021