Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.32758 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28535-2015 proposto da:

I.N.P.G.I. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA”, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio degli avvocati ROBERTO PESSI e MAURIZIO SANTORI, che la rappresentano e difendono;

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;

– controricorrenti –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – GESTIONE EX E.N. P.A.L.S. ENTE NAZIONALE PREVIDENZA ASSISTENZA LAVORATORI SPETTACOLO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8524/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/12/2014 R.G.N. 383/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame dell’INPGI e confermato la decisione del Tribunale che, in accoglimento del ricorso in opposizione presentato dalla Rai S.p.A., aveva revocato il decreto ingiuntivo con il quale era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.868.363 oltre ulteriore somma aggiuntiva, interessi e spese, per contributi omessi e sanzioni civili in base al verbale di accertamento ispettivo n. 47/2004, per ritenuto rapporto di lavoro subordinato riconducibile alla figura professionale di direttore responsabile, ai sensi dell’art. 6 del CNLG, con il giornalista V.B., in relazione al programma televisivo “*****” per il periodo da settembre 2001 a dicembre 2003.

2. In estrema sintesi, per la Corte territoriale, premessi i caratteri del rapporto di lavoro subordinato in ambito giornalistico e valutato l’ambito di efficacia probatoria dei verbali ispettivi, osservava come il contratto tra la Rai S.p.A. e V.B., qualificato dalle parti come rapporto di lavoro autonomo, non potesse ricostruirsi, in contrasto con il nomen iuris, in termini di rapporto di natura subordinata, in difetto dei requisiti, tanto formali quanto sostanziali, di quest’ultimo e tenuto conto dell’ampia autonomia del giornalista, confermata dalle deposizioni raccolte.

3. In particolare, la Corte d’appello considerava come, dalle assunte testimonianze, fosse emerso che V.B., nel periodo in relazione al quale era ipotizzata l’omissione contributiva, era presente, presso la sede Rai, per 4 o 5 giorni a settimana, per la partecipazione alle riunioni nelle quali era stabilita la scaletta delle puntate del programma, potendo, però, assentarsi per concomitanti impegni personali (libertà che, per i giudici, era sintomatica dell’assenza del vincolo della subordinazione).

4. La Corte distrettuale accertava, inoltre, come V.B. avesse l’ultima parola nella concezione del programma e nella scelta degli ospiti, come pure la libertà di scelta dei collaboratori, interni o esterni all’azienda.

5. Ha proposto ricorso per cassazione, l’INPGI, con due motivi, cui ha opposto difese la RAI. con controricorso. Anche l’INPS si è costituito, con controricorso.

6. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. n. 176 del 2020.

7. L’INPGI E la Rai S.p.A. hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, perché nessuno di essi ha chiesto la trattazione orale.

9. Con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, e art. 116 c.p.c., comma 1, nonché dell’art. 2697 c.c..

10. Per la parte ricorrente, la Corte di merito avrebbe ritenuto l’INPGI gravato dell’onere probatorio e, tuttavia, non avrebbe in alcun modo considerato, di fatto, i verbali ispettivi ed il loro contenuto che, viceversa, qualora considerati, avrebbero condotto ad un diverso esito della lite.

11. Il motivo è infondato.

12. La Corte di merito ha rigettato il primo motivo di appello e, a tale riguardo, ha osservato come il Tribunale si fosse conformato alla giurisprudenza di legittimità che attribuisce fede privilegiata ai verbali redatti dagli ispettori del Lavoro o dai funzionari degli enti di previdenza ed assistenza (esclusivamente) in ordine all’attività dagli stessi svolta e sul fatto che abbiano raccolto determinate dichiarazioni “fermi restando (invece) l’onere probatorio dei fatti costitutivi del credito contributivo in capo all’istituto previdenziale e la contestabilità e possibilità di pervenire a soluzioni giuridiche diverse con riguardo alle valutazioni e qualificazioni operate dagli ispettori”.

13. In tal modo, i giudici hanno fatto corretta applicazione del costante insegnamento della Corte secondo cui i verbali redatti dall’Ispettorato del Lavoro o dai funzionari degli enti di previdenza ed assistenza, in tema di omesso versamento di contributi, costituiscono prova idonea a legittimare il ricorso al procedimento ingiuntivo e fanno fede sino a querela di falso per quanto riguarda la provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed i fatti che quest’ultimo attesta che siano avvenuti in sua presenza o che siano stati da lui compiuti (v., tra le molte, Cass. n. 20019 del 2018; in motiv., Cass. n. 8946 del 2020) mentre in ordine alle altre circostanze di fatto (id est: in ordine a circostanze diverse da quelle che i verbalizzanti attestano avvenute in loro presenza o da loro compiute) che i verbalizzanti segnalano di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese o de relato o in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito. In tale ultima ipotesi, il materiale raccolto dai verbalizzanti deve passare al vaglio del giudice, il quale, nel suo libero apprezzamento, può valutarne l’importanza e determinare quale sia “il conto da farne” ai fini della prova (Cass. n. 8946 del 2020 cit.).

14. Le dichiarazioni raccolte dagli ispettori e trasfuse nei verbali ispettivi, dunque, costituiscono materiale istruttorio, oggetto di libera valutazione del giudice.

15. La sentenza impugnata non è allora incorsa nella violazione delle regole fissate dalle disposizioni di cui alla rubrica avendo, da un lato, correttamente individuato la parte onerata della prova dei fatti costitutivi del diritto di credito contestato e, dall’altro, valutato, secondo prudente apprezzamento, prove non legali.

16. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

17. Le argomentazioni di cui al primo motivo sono prospettate in termini di omesso esame di circostanze decisive.

18. Il secondo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità perché non presenta alcuno dei requisiti richiesti dall’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5, nella formulazione ratione temporis applicabile alla presenta controversia come interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte (pronuncia n. 8053 del 2014).

19. Le censure si risolvono in un’inammissibile richiesta di revisione delle valutazioni e del convincimento espresso dalla Corte di merito e mirano all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, del tutto estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.

20. In definitiva il ricorso va rigettato.

21. Secondo il criterio della soccombenza il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese, liquidate come in dispositivo, in favore della Rai S.p.A..

22. Non concernendo le censure svolte domande rivolte direttamente nei confronti dell’Inps, sussistono i presupposti per la compensazione delle relative spese.

23. Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’Istituto ricorrente, del doppio contributo, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della Rai S.p.A., in Euro 15.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge. Compensa le spese fra il ricorrente e l’INPS.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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