LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21472/2015 proposto da:
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI TRASONE 8/12, presso lo studio dell’avvocato ERCOLE FORGIONE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PIETRO ROMANO, ANTONIO ROMANO;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 689/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/09/2014 R.G.N. 530/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 689 del 2014, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda, svolta dall’attuale ricorrente, per l’accertamento del diritto alla maggiorazione di cui alla L. n. 407 del 1990, art. 6, comma 6, dal raggiungimento dell’anzianità contributiva massima alla data del 31 gennaio 1997 ovvero per anni cinque e mesi dieci e conseguente diritto al ricalcolo della pensione, con condanna dell’INPS al pagamento delle somme non corrisposte dal 1 febbraio 1997.
2. Per la Corte di merito il lavoratore – iscritto dapprima all’Inps come lavoratore dipendente (fino al 31 marzo 1991), quindi all’INPDAI dal conseguimento della qualifica dirigenziale (1 aprile 1991 e fino al 31 gennaio 1997), la cui contribuzione presso l’INPS era stata trasferita all’INDPAI, a titolo gratuito, nel settembre 1996 – non aveva maturato, al raggiungimento della massima anzianità contributiva (31.3.1991), il diritto a pensione nella gestione INDPAI presso cui ha chiesto la liquazione dell’intero trattamento pensionistico, per essersi iscritto all’INPDAI solo in data 1.4.1991 e avere ricongiunto tutti i contributi, presso l’INDPAI, solo il 6.9.1996, ipotesi non contemplata dalla L. n. 407 del 1990, art. 6, commi 1 e 6, che presuppone che il soggetto, oltre alla massima anzianità contributiva, abbia maturato il diritto a pensione nella gestione previdenziale in cui è iscritto, come si desume dal riferimento ad una maggiorazione che si unisce alla pensione.
3. In definitiva, per la Corte di merito, in riferimento al raggiungimento della massima anzianità contributiva (1 aprile 1991) il lavoratore non aveva titolo per richiedere la maggiorazione contributiva spettante per la prosecuzione del lavoro dopo il compimento dell’età pensionabile, per avere perfezionato, nella gestione INDPAI, la necessaria provvista contributiva, agli effetti della valutazione nel regime previdenziale dei dirigenti industriali di tutta la pregressa contribuzione maturata nel regime generale, solo alla data del 1 aprile 1996 e fino alla cessazione del rapporto (il 31 gennaio 1997).
4. Ricorre avverso tale sentenza G.M., con ricorso affidato a due motivi cui resiste, l’INPS, con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Con i motivi di ricorso, deducendo violazione della L. n. 407 del 1990, art. 6, commi 1 e 6, L. n. 44 del 1973, art. 5 e D.M. 7 luglio 1973, art. 1 (primo motivo) e della L. n. 44 del 1973, art. 5,L. n. 967 del 1953, art. 2 e art. 445 c.p.c. (secondo motivo), il ricorrente, censurando la sentenza impugnata, assume che il supplemento dovuto a titolo di maggiorazione dev’essere rapportato al periodo compreso fra la maturazione della massima anzianità contributiva di 40 anni (raggiunta il 31 marzo 1991) e la data di definitiva cessazione del rapporto di lavoro (avvenuta il 31 gennaio 1997), per essere la massima anzianità contributiva condizione di per sé sufficiente per l’esercizio dell’opzione, a prescindere dal compimento dell’età pensionabile.
6. Il ricorso è da rigettare.
7. Si controverte della misura della maggiorazione della pensione dovuta ai sensi della L. n. 407 del 1990, art. 6, comma 6, per i lavoratori che abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro; l’INDPAI, per avere l’assicurato raggiunto il diritto a pensione, nel regime INDPAI, solo alla data del 1 aprile 1996, ha liquidato la maggiorazione rapportandola all’anzianità maturata dal 1 aprile 1996 al 31 gennaio 1997 perché solo alla data del 1 aprile 1996 il lavoratore aveva potuto ottenere la valutazione, nel regime previdenziale dei dirigenti industriali, di tutta la pregressa contribuzione maturata nel regime generale.
8. Orbene, la L. n. 407 del 1990, art. 6, disciplina espressamente la possibilità di proseguire l’attività lavorativa anche dopo aver maturato il requisito contributivo, disponendo che gli iscritti possano continuare a prestare la loro opera “fino al sessantaduesimo anno di età” (poi innalzato a 65 anni dalla L. n. 305 del 1992), anche nel caso in cui abbiano “raggiunto l’anzianità contributiva massima utile prevista dai singoli ordinamenti”, dandone comunicazione sei mesi prima della data del conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia.
9. Al comma 6 del predetto articolo si prevede, per coloro che abbiano correttamente esercitato tale facoltà, il diritto ad una maggiorazione del trattamento pensionistico in relazione al “periodo di continuazione della prestazione” e che la maggiorazione si sommi alla pensione e diventi a tutti gli effetti parte integrante di essa “dalla data di decorrenza della maggiorazione stessa”.
10. La L. n. 44 del 1973, art. 5, prevede, invece, che il trasferimento delle contribuzioni INPS presso l’INPDAI possa avvenire per i dirigenti che possano far valere presso l’istituto una “anzianità contributiva di almeno 5 anni”.
11. Alla stregua delle richiamate disposizioni, il diritto alla pensione del ricorrente presso INPDAI è maturato solo dopo il quinquennio di iscrizione alla relativa gestione, requisito indispensabile per il calcolo del periodo lavorativo suppletivo L. n. 407 del 1990, ex art. 6, sebbene egli avesse maturato antecedentemente l’anzianità contributiva massima, presso la gestione INPS, alla scadenza dei 40 anni, da sola inidonea a produrre gli effetti della maturazione del requisito pensionistico presso l’INDPAI.
12. L’assunto in base al quale dall’esercizio dell’opzione, di prosecuzione della prestazione lavorativa, deriverebbe il diritto alla maggiorazione fino al raggiungimento dell’età massima pensionabile non può valere nel caso di specie in cui il lavoratore, nello stesso arco temporale, ha richiesto il trasferimento delle contribuzioni e la pensione in altro ordinamento nel quale il presupposto per richiedere la maggiorazione non era ancora maturato.
13. La provvista contributiva del periodo temporale quinquennale previsto dall’INPDAI per ottenere il trasferimento della contribuzione costituisce requisito minimo ed è parte integrante dell’anzianità massima contributiva sicché non può rilevare autonomamente o produrre una duplicazione di effetti: la maggiorazione, in riferimento al periodo suppletivo lavorato, il requisito per il trasferimento dei contributi.
14. Occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, il della L. n. 44 del 1973, citato art. 5, prevede un beneficio speciale nella forma di una facoltà, accordata al dirigente di azienda industriale iscritto all’INPDAI, di conseguire la “valutazione” di anzianità contributive maturate in precedenza presso altri ordinamenti previdenziali.
15. Si tratta di un beneficio, a carattere facoltativo, al quale conseguono effetti favorevoli, in termini di spettanza e di quantificazione del trattamento pensionistico in regime INDPAI, rimesso alla libera scelta del dirigente che può, in ipotesi, anche determinarsi a non esercitare tale opzione, preferendo la valutazione distinta delle anzianità contributive maturate ovvero la ricongiunzione (L. n. 29 del 1979) dei periodi assicurativi in modo da conseguire un’unica anzianità contributiva presso un unico ente previdenziale (così Cass., nn. 10365 e 15587 del 2002; Cass. n. 12564 del 2017).
16. Non può darsi, pertanto, doppia valorizzazione dei periodi di contribuzione, secondo l’uno o l’altro ordinamento, e il riferimento alla L. n. 44 del 1973, art. 5 e della L. n. 967 del 1953, art. 3, disposizioni alla stregua delle quali l’ammontare della pensione a carico dell’INDPAI non può essere inferiore all’importo della pensione che sarebbe stata liquidata dall’INPS, non appare pertinente al cospetto del diverso tema della maggiorazione contributiva, elemento esterno al trattamento pensionistico, in considerazione della diversa incidenza della contribuzione versata nei diversi ordinamenti pensionistici, governati da peculiari criteri di calcolo il cui esito diversificato non patisce illegittimità (v. Cass. n. 12564 del 2017 cit.).
17. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
18. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,comma 1, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021