Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32776 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4592/2020 proposto da:

D.S., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA MONICA BASSAN;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di VERONA – PADOVA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2897/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/07/2019 R.G.N. 1851/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 2897 del 2019, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da D.S., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede, emessa in data 3.4.2018, con la quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria.

2. A fondamento della decisione la Corte di merito ha rilevato la tardività dell’impugnazione in quanto l’ordinanza di prime cure era stata emessa all’udienza del 3.4.2018; risultava comunicata al difensore in data 19.4.2018; il deposito e l’iscrizione dell’impugnazione erano avvenuti il 25.5.2018. I giudici di seconde cure hanno precisato che, nella fattispecie in esame, il termine dal quale iniziavano a decorrere i trenta giorni per l’impugnazione era quello della pronuncia, all’esito della Camera di consiglio, del provvedimento, come risultava dal verbale in atti del 3.4.2018 per cui sia la notifica dell’impugnazione, avvenuta peraltro con citazione, del 18.5.2018, sia il deposito della stessa (25.5.2018) erano da considerarsi tardivi.

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione D.S. affidato a tre motivi.

4. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 348 ter c.p.c., comma 1 e art. 348 bis c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente rilevato l’inammissibilità dell’appello dopo la prima udienza del 15.10.2018 – ove era stata ritenuta la regolarità delle notifiche, era stata dichiarata la contumacia del Ministero, disposto il mutamento del rito e rinviata la causa per la discussione con assegnazione di un termine per il deposito di documentazione – senza che nulla fosse stato eccepito in merito a detta inammissibilità.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, art. 14 lett. b) e c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, per il mancato riconoscimento, da parte della Corte territoriale, della protezione sussidiaria.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998 (in relazione all’art. 3 comma 3 del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6) ovvero in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h bis, per la mancata valutazione della situazione del Paese di origine di esso richiedente (Mali) ai fini del riconoscimento della sussistenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

5. Il primo motivo è infondato.

6. E’ stato affermato, in sede di legittimità, che l’inammissibilità dell’appello per tardivo deposito del relativo atto, siccome rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, può essere eccepita anche in sede di legittimità e non è sanata dalla costituzione dell’appellato, in quanto la tardività dell’appello comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (Cass. n. 4601/2000; Cass. n. 2203/1996).

7. Inoltre, è stato precisato che la doglianza relativa alla mancata tempestività dell’appello è deducibile in sede di legittimità anche se non sia stata sollevata innanzi al giudice del riesame, giacché la questione può essere proposta in ogni stato e grado (Cass. n. 4774/2005).

8. Se la possibilità di eccepire la tardività dell’impugnazione è stata, quindi, ritenuta ammissibile finanche nel giudizio di cassazione, qualora nel precedente grado nulla sia stato statuito, ancor di più nel giudizio di appello, nel cui ambito deve essere dichiarata la inammissibilità del gravame, non può ritenersi che sussista alcun limite temporale preclusivo alla sua rilevabilità.

9. Non è ravvisabile, pertanto, alcun error in procedendo nell’operato della Corte territoriale che, pur avendo dato atto della ritualità delle notifiche e pur avendo fissato l’udienza di discussione, ha ritenuto successivamente l’appello inammissibile per il mancato deposito nei termini dell’atto di impugnazione, senza che fosse stata sul punto sollevata alcuna eccezione di parte.

10. Gli altri due motivi sono, invece, inammissibili perché sulle questioni ad essi sottese il giudice di merito non si è pronunciato, ritenendole assorbite e, quindi, in relazione ad esse manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice di rinvio in caso di annullamento della sentenza (Cass. n. 22095/2017; Cass. n. 23558/2014).

11. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

12. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.

13. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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