LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20143/2016 R.G. proposto da:
R.F.L., E F.M., rappresentati e difesi dall’avv. Leonardo Gorbi, con domicilio eletto in Roma, Via Antonio Mordini n. 14, presso l’avv. Gianluca Sole.
– ricorrenti –
contro
P.M., D.S.G., RI.ST., I.G., B.A.M., A.F., A.G., PI.GI., BR.RO., S.L. E FI.FR., rappresentati e difesi dagli avv.ti Leonardo Martinelli, e Luciana Cannas, con domicilio eletto in Roma, Via Sestio Calvino n. 33.
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 226/2016, depositata in data 20.5.2016.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 17.6.2021, dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
R.F.L. e F.M. hanno adito il tribunale di Perugia, sezione di Assisi, assumendo di esser proprietari di una villa a schiera ubicata *****, facente parte di un più ampio complesso immobiliare composto da sette unità unifamiliari, in proprietà anche dei convenuti indicati in epigrafe; che all’interno del garage di loro proprietà esclusiva era presente un pozzetto ove affluivano gli scoli provenienti dalle altre unità immobiliari, provocando l’allagamento del locale.
Hanno chiesto di dichiarare l’inesistenza di servitù di scolo in favore degli immobili dei convenuti e di ordinare la rimozione dei canali di deflusso delle acque, con attribuzione delle spese processuali.
Si sono costituiti i convenuti, istando per l’accertamento della condominialità del pozzetto o, in subordine, per la costituzione della servitù coattiva di scolo.
Espletata c.t.u. ed esaurita la trattazione, il tribunale ha respinto la domanda principale, disponendo la costituzione della servitù di scolo in favore degli immobili dei convenuti.
Su appello di R.F. e F.M., la Corte di Perugia la Corte distrettuale di Perugia ha parzialmente riformato la decisione, dichiarando la condominialità del pozzetto.
Il Giudice territoriale ha evidenziato che, in prossimità dell’accesso dei garage di ogni singola unità residenziale e per tutta la lunghezza dell’edificio, esisteva una griglia metallica zincata con sottostante canaletta in calcestruzzo per la raccolta delle acque meteoriche provenienti da ogni singola rampa, dai balconi sovrastanti e di quella convogliata dalla falda del tetto a capanna prospiciente la *****.
La canaletta presentava una pendenza convergente verso la parte centrale, in fondo alla rampa di proprietà R. – F., dove era presente un tombino realizzato con tubazioni in calcestruzzo sovrapposte e con un coperchio in ghisa carrabile estraibile per le varie ispezioni.
All’interno del tombino erano poi presenti le tubazioni d’arrivo del canale della raccolta delle acque da entrambi i lati, paralleli all’edificio e provenienti dalle altre unità abitative e l’esistenza di una pompa ad immersione elettrica per l’evacuazione dell’acqua sospinta nella pubblica fognatura presente lungo la *****.
La sentenza ha inoltre rilevato che nei contratti di compravendita delle singole unità immobiliari era stata inserita una clausola che poneva a carico dei singoli acquirenti delle villette l’obbligo di concorrere pro-quota nelle spese di manutenzione e di energia elettrica dei manufatti per la raccolta delle acque piovane ubicati sulla vicina proprietà della parte venditrice, assumendo che sin dal momento dell’acquisto, i singoli compratori erano consapevoli dell’esistenza dei manufatti destinati a servizi delle singole unità. Ha perciò concluso che, essendo quindi il pozzetto a servizio di ciascuna villetta e mancando la prova di un titolo contrario ai sensi dell’art. 1117 c.c., l’opera doveva ritenersi comune a tutti i proprietari delle ville.
La cassazione della sentenza è chiesta da R.F.L. e da F.M. con ricorso in tre motivi.
P.M., D.S.G., Ri.St., I.G., B.A.M., A.F., A.G., Pi.Gi., Br.Ro., S.L. e Fi.Fr. hanno depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e la violazione dell’art. 1117 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
La Corte distrettuale avrebbe omesso di considerare che, nella clausola contenuta in ciascuno degli atti di acquisto delle singole unità residenziali, si precisava che il pozzetto di raccolta delle acque era collocato nella proprietà del venditore e non in quella degli attori e che la documentazione comprovante il pagamento delle spese di elettricità e di manutenzione dell’opera si riferiva a versamenti effettuati anni dopo il perfezionamento delle singole vendite, il che conduceva ad escludere che i ricorrenti fossero sin dall’inizio consapevoli della presenza del pozzetto comune nella loro proprietà. Le spese di manutenzione dovevano essere ripartite tra i singoli utenti e non tra eventuali comproprietari, mancando nei titoli un preciso riferimento alla contitolarità del bene ed infine, sebbene dagli accertamenti del c.t.u. fosse emersa la presenza del pozzetto munito di tubazioni, tale accertamento era stato effettuato molto tempo dopo le vendite, tanto che l’opera non figurava nelle concessioni edilizie – ed in particolare nel permesso a costruire n. ***** rilasciate dal Comune di Bastia Umbra.
Di conseguenza, l’opera non poteva ritenersi considerarsi condominiale.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1117 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che nel caso in esame non era applicabile la presunzione di condominialità ai sensi dell’art. 1117 c.c., essendosi in presenza di opere destinate in via di fatto ed in forma abusiva ad un utilizzo comune, essendo il pozzetto di proprietà esclusiva dei ricorrenti.
I due motivi, che propongono questioni strettamente connesse e che vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
E’ principio ripetutamente affermato da questa Corte che, stante il rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio alle singole proprietà, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, la condominialità non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate anziché come porzioni di piano l’una sull’altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale).
Il condominio è difatti configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dall’art. 1117 c.c. (Cass. 27360/2016; Cass. 18344/2015; Cass. 8066/2005).
Sussiste il rapporto di condominialità anche in assenza di uno stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, alla luce delle prescrizioni degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui “un gruppo di edifici… si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi”, sempre che “restino in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dell’art. 1117 c.c.” (Cass. 8066/005).
Al pari delle altre ipotesi di condominio edilizio, anche il condominio orizzontale viene in essere “ipso iure et facto”, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà di tutti i proprietari o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, sempre che i singoli immobili abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati da una relazione di accessorio a principale, con le singole proprietà esclusive.
1.2. Ciò premesso, la Corte di merito – nel dichiarare la condominialità del pozzetto – non si è discostata dagli enunciati principi di diritto, avendo accertato anzitutto che l’opera fungeva da punto di raccolta e di scolo delle acque incanalate mediante le tubazioni collocate presso le singole unità, ed avendo escluso – in base all’esame dei titoli – la presenza di una disposizione contraria, dal parte dell’originario unico proprietario, assunta al momento della prima cessione (coincidente con la costituzione del condominio orizzontale), volta ad attribuire il bene in proprietà esclusiva.
Tanto era sufficiente per negare che l’opera appartenesse ai soli ricorrenti, anche a prescindere dalla consapevolezza, da parte di questi ultimi, della presenza – all’interno del loro immobile – di un impianto di comune utilità o dall’epoca di riscossione delle spese necessarie al funzionamento dell’impianto.
Nel sostenere che gli elementi documentali acquisiti – e segnatamente la clausola di riparto delle spese di manutenzione del manufatto di raccolta delle acque e le concessioni edilizie comprovassero l’appartenenza esclusiva del pozzetto, i ricorrenti sollevano – comunque – contestazioni che attengono al merito, alle quali la pronuncia ha dato motivata e corretta soluzione.
Pertiene al giudizio di fatto – in particolare – l’interpretazione degli eventuali titoli contrari alla presunzione sancita all’art. 1117 c.c., spettando al giudice di merito il compito di stabilire se detti titoli contengano – in modo chiaro e inequivoco – elementi tali da escludere il diritto di comproprietà del condominio, con apprezzamento incensurabile in cassazione ove, come nella specie, logicamente motivato (Cass. 2279/1979; Cass. 1987/1973; Cass. 2943/2004; Cass. 11195/2010), restando esclusa la possibilità di far ricorso ad elementi presuntivi (quali, ad es., la datazione dei versamenti per le spese di manutenzione del pozzetto).
Ne’ può ritenersi sussistente la lamentata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la sentenza specificamente valutato le clausole dei contratti di acquisto riguardanti il concorso nelle spese di elettricità e di manutenzione dell’impianto, ritenendole confermative della condominialità dell’opera, già comprovata dall’assenza di una disposizione contraria (Cass. s.u. 8053/2014). Quanto al contenuto dei permessi a costruire, il loro esame non poteva risultare decisivo, poiché, come detto, l’appartenenza dell’opera doveva necessariamente evincersi dal titolo costitutivo del condominio, non potendo le concessioni comunque incidere sulla titolarità dei beni o servizi destinati all’uso comune (Cass. 17928/2007; Cass. 5633/2002; Cass. 8152/2001).
Il ricorso è quindi respinto con aggravio delle spese processuali liquidate in dispositivo.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi, ed Euro 2800,00 per compensi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021