LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26211-2019 proposto da:
F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CALABRIA n. 56, presso lo studio dell’avvocato CESARO MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE FEO CLAUDIO;
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO ***** SPA IN LIQUIDAZIONE n. 14/2016;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NOLA, depositata il 03/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.
FATTI DI CAUSA
Sulla base di un avviso di parcella emesso nei confronti della ***** S.p.a., a fronte di prestazioni professionali eseguite in favore della medesima, F.P. chiedeva di essere ammesso al passivo del fallimento della predetta società, dichiarato dal Tribunale di Nola con sentenza del 16.2.2016.
Il provvedimento di rigetto dell’istanza veniva opposto nelle forme di cui all’art. 98 L. Fall..
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Noia, nella contumacia del fallimento, rigettava l’opposizione, ritenendo provata l’esistenza del rapporto di collaborazione tra le parti, ma non dimostrato il credito rivendicato dal F..
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione F.P., affidandosi a due motivi.
Il Fallimento ***** S.p.a., intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato, per violazione dell’art. 132 c.p.c. ed irragionevole contrasto logico della motivazione, perché il Tribunale avrebbe dapprima confermato l’esistenza del rapporto negoziale sulla cui base si fondava il diritto di credito oggetto di causa, ma poi negato l’esistenza della prova dello stesso. Il F. deduce, in particolare, di aver svolto per conto della ***** S.p.a. prestazioni professionali come cardiologo, in forza di un rapporto di collaborazione continuativo, che prevedeva la periodica liquidazione dei compensi spettanti ai sanitari a fronte dell’opera da essi prestata all’interno della struttura sanitaria. Una volta riconosciuta l’esistenza del rapporto, dunque, sarebbe stato illogico ritenere non conseguita la prova del credito da esso derivante.
La censura è infondata.
Non si ravvisa, infatti, alcun irriducibile contrasto tra le due distinte affermazioni del giudice di merito, secondo cui se da un lato il F. aveva dimostrato l’esistenza di un contratto verbale con la società fallita, in forza del quale egli si era impegnato a prestare la propria opera all’interno della struttura dietro corrispettivo, dall’altro lato “… la prova dello svolgimento di un contratto di prestazione d’opera professionale in regime di libera professione non è sufficiente a provare il credito vantato dal ricorrente, il quale ha l’onere di provare la fondatezza del credito vantato, fornendo la piena prova della situazione sostanziale dedotta… Nel caso di specie, parte opponente non ha provato l’entità delle prestazioni eseguite, limitandosi a produrre una fattura nella quale si discorre di “prestazioni professionali rese a vs. pazienti prezzo la vs casa di cura dal maggio 2006 al 31 dicembre 2014" (doc. 6). Nessuna precisazione viene effettuata, neanche nell’atto di opposizione, in relazione all’entità delle prestazioni svolte (numero di prestazioni mediche effettuate, giorni di effettuazione delle prestazioni, tipologia delle singole prestazioni). La prova testimoniale è del tutto generica, come lo è la stessa capitolazione, non emergendo dalla stessa nulla sull’entità delle prestazioni di cui si chiede il pagamento” (cfr. pagg. 2 e 3 del provvedimento impugnato). Il Tribunale, dunque, ha ritenuto conseguita la prova del rapporto negoziale, ma non anche quella del credito, con statuizione che non solo non evidenzia alcun contrasto irriducibile, ma -al contrario- appare perfettamente logica e coerente con i principi costantemente affermati da questa Corte, secondo cui “Nei giudizi aventi ad oggetto l’accertamento di un credito per prestazioni professionali, incombe sul professionista la prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico, dell’effettivo espletamento dello stesso nonché dell’entità delle prestazioni svolte” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21522 del 20/08/2019, Rv. 655206), non potendosi attribuire rilevanza probatoria alla parcella predisposta dal professionista (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9254 del 20/04/2006, Rv. 588986).
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2225 e 2233 c.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente ravvisato la carenza della prova del credito oggetto di causa, non considerando che agli atti del giudizio di merito fossero stati acquisiti gli elementi sufficienti per dimostrare l’entità degli importi che erano stati convenuti tra le parti a fronte delle prestazioni rese dal sanitario.
La censura è inammissibile, in quanto con essa il ricorrente invoca una revisione del giudizio di fatto svolto dal giudice di merito, da ritenere estraneo al giudizio in Cassazione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790), proponendo in sostanza una lettura delle risultanze istruttorie alternativa rispetto a quella fatta propria dalla Corte territoriale, in contrasto con i principi espressi da questa Corte (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021