Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32844 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4587/2020 proposto da:

O.E., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE PATRUNO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di NOVARA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1723/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 24/10/2019 R.G.N. 2144/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Torino, con la sentenza n. 1723 del 2019, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale della stessa sede con il quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria, proposta da O.E., cittadino della Nigeria.

2. Il richiedente, come si legge nella gravata pronuncia, aveva dichiarato di avere abbandonato il proprio paese perché era stato incolpato ed arrestato per la morte della sua fidanzata a causa di un tentativo di aborto.

3. A fondamento della decisione la Corte di merito ha rilevato, in relazione ai formulati motivi di appello, che non sussistevano i presupposti per concedere sia la protezione sussidiaria, trattandosi di vicenda privata, che quella umanitaria, non essendo stata, a tal fine, documentata adeguatamente la integrazione sociale e non essendo sufficiente il mero dato della provenienza dalla Nigeria.

4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione O.E. affidato ad un unico motivo.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 2 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, per non avere la Corte territoriale, discostandosi dai principi affermati in sede di legittimità, concesso la protezione umanitaria, omettendo totalmente il giudizio comparativo con le condizioni estremamente precarie del richiedente nel paese di origine e soffermandosi, invece, su una inutile valutazione di assenza di persecuzione personale.

2. La censura è inammissibile.

3. La Corte di appello ha preso atto delle allegazioni del richiedente e ha ritenuto le stesse non adeguatamente documentate; inoltre, ha evidenziato che la regione di provenienza (Nigeria – Benin City) non si trovava in una situazione configurabile come conflitto armato, con una conseguente violenza generalizzata idonea a comportare minaccia grave ed individuale alla vita e alla persona del richiedente, citando fonti aggiornate ed accreditate; ha infine, precisato che non si rilevavano, sempre in capo al richiedente, situazioni di particolare vulnerabilità tali da consentire il rilascio del permesso di soggiorno.

4. Orbene, nel motivo di ricorso non è fatto alcun riferimento a riscontri concreti, sia di tipo soggettivo che oggettivo, che possano superare le conclusioni della Corte di merito, limitandosi le censure, in esso contenute, a reiterare le ragioni già sottoposte ai giudici di merito e a prospettare, sempre in astratto e senza confutazione specifiche delle argomentazioni adottate, una diversa ricostruzione della vicenda ai fini della concessione della protezione umanitaria.

5. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

6. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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