LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4589/2020 proposto da:
J.B., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato PAOLO TACCHI VENTURI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di VERONA in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 3262/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/08/2019 R.G.N. 2703/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
Che:
1. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 3262 del 2019, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da J.B., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede, emessa in data 13.3.2018, con la quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria.
2. A fondamento della decisione la Corte di merito ha rilevato, in primo luogo, la tardività dell’appello in quanto l’ordinanza di prime cure era stata letta all’esito della Camera di consiglio, in data 13.3.2018, con la conseguenza che il termine breve per impugnare era spirato il 12.4.2018 mentre la citazione in appello, datata l’11.7.2018, era stata iscritta il 13.7.2018; in ogni caso, nel merito, ha evidenziato la insussistenza dei presupposti, in capo al richiedente, per ottenere le chieste protezioni.
3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione J.B. affidato a cinque motivi.
4. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO
Che:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della Legge di Conversione n. 46 del 2017, art. 2, con modificazioni, del D.L. n. 13 del 2007, contenente disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimento in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale, in relazione alla composizione dell’organo giudicante, per essere stati designati nel Collegio magistrati ausiliari privi della specializzazione richiesta per la trattazione dei procedimenti in materia di immigrazione.
3. Con il secondo motivo si censura, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 281 sexies c.p.c., per essere stato erroneamente ritenuto tardivo l’appello quando, invece, a differenza di quanto statuito dalla Corte di merito, occorreva avere riguardo, ai fini della decorrenza del termine breve, unicamente alla comunicazione della cancelleria e non alla lettura del provvedimento in quanto l’art. 281 sexies c.p.c., si applica solo ai provvedimenti definibili con sentenza e non anche a quelli che vanno definiti con ordinanza.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, della nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis, per non avere la Corte di merito accolto la domanda volta al riconoscimento della protezione umanitaria, pur sussistendo i relativi presupposti di legge.
5. Con il quarto motivo si obietta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 14, lett. c), per la mancata indicazione di fonti informative.
6. Con il quinto motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativamente alla domanda di protezione sussidiaria, per non essere stata valutata la dichiarazione resa dal richiedente, in sede di audizione, circa il timore di essere passibile di una condanna a morte nel proprio paese o di subire torture o trattamenti inumani e degradanti in caso di rimpatrio.
7. Il primo motivo è inammissibile.
8. E’ stato affermato (Cass. n. 26419/2020; Cass. n. 26831/2014) che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse alla astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito.
9. Nella fattispecie, il ricorrente si è limitato a denunciare unicamente il fatto che nel Collegio giudicante vi fosse un giudice ausiliario privo di specializzazione senza, però, specificare, in concreto, quale pregiudizio avesse subito, da siffatta designazione del Presidente della Corte di appello in relazione alla composizione dell’organo giudicante, nel suo diritto di difesa e di fare valere le proprie pretese.
10. Anche il secondo motivo è inammissibile.
11. In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. n. 23745/2020).
12. Nel caso in esame, nel motivo è denunciata la violazione di una norma, l’art. 281 sexies c.p.c., che non ha alcuna pertinenza (né è stata richiamata nella gravata sentenza) con il procedimento in esame regolato dagli artt. 702 ter c.p.c. e segg., con i correttivi di cui alla normativa speciale (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. f)), per cui la censura difetta dei requisiti di specificità imposti dalla legge processuale ai fini di un corretto sindacato di legittimità.
13. Gli altri motivi sono, invece, inammissibili perché riguardanti l’altra ratio decidendi, concernente il merito della richiesta di protezione, diversa da quella relativa alla tardività dell’appello su cui è stata fondata la decisione impugnata.
14. Va, infatti, osservato che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione (ovvero il rigetto) di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata o che ha resistito alla impugnazione, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (in termini Cass. n. 22753/2011, Cass. 3886/2011; Cass. n. 3633/2017).
15. Nella fattispecie, essendo divenuta definitiva la ratio decidendi sulla tardività dell’appello, diventano inammissibili le doglianze riguardanti la fondatezza della richiesta di protezione internazionale o umanitaria.
16. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
17. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.
18. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021