Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32846 del 09/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4599/2020 proposto da:

O.N., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO TACCHI VENTURI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di VERONA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso opel legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3218/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/07/2019 R.G.N. 2064/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 3218 del 2019, in accoglimento del gravame proposto dal Ministero dell’Interno e in riforma dell’ordinanza del Tribunale di Venezia, emessa in data 20.4.2018, ha confermato il rigetto della richiesta di protezione internazionale ed umanitaria della Commissione Territoriale di Verona del 9.1.2017 relativamente alla istanza formulata da O.N., cittadino della Nigeria.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere originario del villaggio di *****; di essere coniugato con un figlio di sette anni e di avere lavorato nel settore degli infissi in alluminio; di avere lasciato il proprio Paese in seguito ad un rapimento di tre giorni cui era incorso a causa del denaro che saltuariamente versava a tre suoi amici a sostegno del movimento pro Biafra; aveva, poi, precisato che un giorno, mentre si recava al lavoro, era stato fermato da tre uomini e successivamente condotto a forza in una capanna lontana 100 Km dalla sede di lavoro, dove era stato picchiato e rilasciato, dopo tre giorni, grazie al padre che ricopriva la posizione di chef all’interno della comunità; che a seguito di tale episodio, anche invitato dal genitore, aveva deciso di abbandonare il Paese e di essere giunto in Italia, dopo un soggiorno in Libia, nel settembre del 2015.

3. A fondamento della decisione la Corte di merito ha rilevato, premesso che il richiedente di fatto aveva rinunciato a chiedere lo status di rifugiato, che non sussistevano i requisiti per concedere sia la protezione sussidiaria che quella umanitaria, non essendo state evidenziate situazioni di vulnerabilità e non essendo, a tal fine, sufficiente l’effettuazione di sporadiche prestazioni lavorative.

4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione O.N. affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

Che;

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della Legge di Conversione n. 46 del 2017, art. 2, con modificazioni, del D.L. n. 13 del 2007, contenente disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimento in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale, in relazione alla composizione dell’organo giudicante, per essere stati designati nel Collegio magistrati ausiliari privi della specializzazione richiesta per la trattazione dei procedimenti in materia di immigrazione.

3. Con il secondo motivo si censura, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione di legge in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché la nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis, per incomprensibilità della ratio decidendi, sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo sulle condizioni socio-politiche in Nigeria, circa la inidoneità del percorso di integrazione sufficientemente ampio e solido di esso richiedente ad ottenere la protezione umanitaria.

4. Con il terzo motivo il ricorrente obietta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativamente alla domanda di protezione umanitaria e sussidiaria, rappresentato dal fatto che era stato prodotto un contratto di lavoro con le relative buste paga ma tale circostanza non era stata presa in considerazione.

5. Il primo motivo è inammissibile.

6. E’ stato affermato (Cass. n. 26419/2020; Cass. n. 26831/2014) che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse alla astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito.

7. Nella fattispecie, il ricorrente si è limitato a denunciare unicamente il fatto che nel Collegio giudicante vi fosse un giudice ausiliario privo di specializzazione senza, però, specificare, in concreto, quale pregiudizio avesse subito, da siffatta designazione del Presidente della Corte di appello in relazione alla composizione dell’organo giudicante, nel suo diritto di difesa e di fare valere le proprie pretese.

8. Anche il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili.

9. In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito Cass. n. 3819/2020.

10. Inoltre, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 28887/2019; Cass. n. 8053/2014).

11. Nella specie, la motivazione adottata dai giudici di seconde cure esiste ed è logicamente comprensibile atteso che la Corte lagunare ha escluso la protezione umanitaria sotto il duplice rilievo della mancata allegazione di situazioni soggettive di vulnerabilità, non desumibili dalle prospettazioni formulate dal richiedente, e dal non dimostrato livello di integrazione in Italia, specificando che le sporadiche prestazioni lavorative retribuite non erano sufficienti a tale fine.

12. La genericità delle censure, non suffragate da alcun riscontro concreto (per esempio sulla sussistenza di un rapporto di lavoro stabile con busta paga ovvero di un particolare stato di salute o di altra situazione rilevante ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari), a fronte della diversa valutazione della Corte territoriale, avvalorano il giudizio di inammissibilità e di non pertinenza delle doglianze.

13. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

14. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.

15. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472