LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4606/2020 proposto da:
G.J., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato DAVIDE VERLATO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona sezione di Padova, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 2471/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/06/2019 R.G.N. 912/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
Che:
1. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 2471 del 2019, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale della stessa sede con il quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, proposta da G.J., cittadino della Nigeria.
2. Il richiedente aveva dichiarato di avere abbandonato il proprio paese perché, essendo cristiano, aveva incontrato l’opposizione di suo padre musulmano; aveva, poi, precisato di essersi convertito al cristianesimo perché gli piaceva tale religione.
3. A fondamento della decisione la Corte di merito ha rilevato che non sussistevano i presupposti per concedere sia la protezione internazionale che quella umanitaria, non essendo state evidenziate situazioni di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva.
4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione G.J. affidato a due motivi.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO
Che:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento alla motivazione della Corte di appello in relazione alla domanda di protezione sussidiaria ed umanitaria, per non avere fatto corretta applicazione dei principi elaborati in sede giurisprudenziale relativi alla materia istruttoria, all’esame del richiedente asilo e alla valutazione del materiale probatorio, mediante acquisizione di ufficio di tutte le informazioni necessarie con riguardo sia agli elementi della vicenda che alla situazione politica-sociale attualmente esistente in Nigeria.
3. Con il secondo motivo si censura l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alle richieste contenute nell’atto di appello di concessione di un permesso per protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 14, lett. b), o di un permesso per motivi umanitari, nonché la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3.
4. I due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili perché nella loro genericità non risultano riferiti ad individuate statuizioni della sentenza impugnata, in contrasto con il principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione.
5. Deve essere ricordato che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, il ricorrente pertanto ha l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nel provvedimento impugnato, in quanto il singolo motivo assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore, con la conseguenza che il requisito in esame non può ritenersi soddisfatto qualora il ricorso per cassazione (principale o incidentale) – pur se articolato in motivi – si risolva in una generica critica al provvedimento impugnato nella quale sia impossibile l’individuazione delle diverse contestazioni mosse a parti ben identificabili del giudizio espresso nel provvedimento stesso, in quanto in tal caso risulta del tutto carente la specificazione delle deficienze e degli errori asseritamente individuabili nella decisione (vedi, tra le tante: Cass. 22 gennaio 2018, n. 1479; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 18 maggio 2005, n. 10420).
6. Infatti, il ricorso per cassazione, da un lato, richiede, per ogni motivo di ricorso, la rubrica del motivo, con la puntuale indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo – tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c. – è proposto; dall’altro, esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 17 luglio 2007, n. 15452).
7. In particolare, quando nel ricorso per cassazione è denunziata la violazione e/ la falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nel provvedimento impugnato debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, con riguardo alla specifica vicenda sub judice; diversamente il motivo è inammissibile, in quanto non consente alla Corte di cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. 16 gennaio 2007, n. 828; Cass. 5 marzo 2007, n. 5076).
8. Nella specie, le argomentazioni svolte in entrambi i motivi di ricorso risultano generiche e prive di puntuali censure al provvedimento impugnato che, invece, ha ritenuto insussistenti i requisiti prescritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in un contesto in cui comunque il narrato era stato ritenuto inattendibile, nonché quelli dell’art. 14, lett. c), escludendo, sulla base delle fonti citate, che nella regione di provenienza del sud della Nigeria vi fosse una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato o infine di anarchia senza il controllo delle autorità; ha poi escluso anche la sussistenza dei presupposti ai fini della concessione della protezione umanitaria, rilevando che il ricorrente non aveva allegato situazioni di esposizione a rischio, con ciò non rendendo possibile alcun approfondimento istruttorio.
9. Inoltre, per ciò che concerne le denunciate violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c., al di là del formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione dei motivi, nella sostanza le censure proposte si risolvono nella denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, posta alla base del rigetto delle domande di protezione internazionale e di protezione umanitaria (cfr. Cass. n. 20867/2020).
10. Si tratta, quindi, di censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’appello, che come tale è di per sé inammissibile.
11. In applicazione dei su richiamati principi, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
12. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.
13. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021
Codice Civile > Articolo 2021 - Legittimazione del possessore | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 116 - Valutazione delle prove | Codice Procedura Civile