LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4831/2020 proposto da:
O.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO, 271, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO GIGLIOTTI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso o e legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. 10540/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata 105401/2019 il 29/12/2019. r.g.n. 19866/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
Che:
1. Il Tribunale di Napoli, con decreto n. 10540 pubblicato il 29.12.2019, ha respinto il ricorso proposto da O.L., cittadino della Nigeria (Edo State-località Ovia South West), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);
2. Il Tribunale ha precisato che:
a) il richiedente – fuggito perché seguito dai membri della confraternita degli ***** che si erano impossessati del terreno di famiglia – non ha allegato di essere affiliato politicamente o di aver preso parte ad attività di associazioni per i diritti civili, né di appartenere ad una minoranza etnica e/o religiosa oggetto di persecuzione come richiesto per la protezione internazionale né lo stesso risulta compreso nelle categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento inumano e le dichiarazioni rilasciate, generiche e contraddittorie, esimono il giudice dall’onere di cooperazione nell’acquisizione della prova;
b) neppure sussistono i presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), vista la provenienza da uno Stato (Edo State) che non presenta alcun tipo di conflitto armato in corso, come emerso dalle più recenti ed accreditate COI (Rapporti EASO 2018, 2019);
c) infine, non sussistono i requisiti per la protezione umanitaria, dovendosi escludere, da una parte, condizioni ostative di pericolosità, povertà, ambiente ostative al rimpatrio e, dall’altra, non essendo stato allegato alcun elemento circa una eventuale integrazione nel territorio italiano;
3. il ricorrente domanda la cassazione del suddetto decreto per un motivo;
4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
Che:
1. con l’unico motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché omesso esame di fatti decisivi avendo, il Tribunale, trascurato, con riguardo alla protezione umanitaria, al grado di integrazione sociale in Italia con riferimento al paese d’origine dove vi è un quadro politico di generale instabilità e una generale situazione di insicurezza;
2. il ricorso è inammissibile;
4. in tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 2020);
4.1. il Tribunale ha rilevato la scarsa collaborazione del richiedente (che, seppur sollecitato dalla Commissione territoriale, non ha fornito chiarimenti, precisazioni, dettagli al narrato e, inoltre, ha ritenuto di restare assente all’udienza fissata per la comparazione delle parti) ed ha ricostruito la situazione socio-economico del paese d’origine alla luce di fonti aggiornate (rilevando, inoltre, che la confraternita degli ***** è tra quelle poste fuori legge con atto risalente al 2004, che il richiedente non si è rivolto all’autorità pubblica, che lo stesso si è limitato ad alludere, in via stereotipata, con notizie generali e spersonalizzate, a detta organizzazione universitaria), limitandosi, per contro, il ricorrente a sottolineare la situazione di violenza del paese di provenienza senza citare alcuna fonte internazionale nonché a evidenziare la vulnerabilità del richiedente senza indicare alcun profilo specifico né alcun elemento di integrazione sul territorio italiano;
5. in conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso; alla reiezione del ricorso, non consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensive;
7. sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021