LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 10261-2020 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA alla PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sé stesso;
– ricorrente –
contro
MA.SI.;
– intimata –
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio non partecipata del 10/06/2021, dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.
FATTO E DIRITTO
A seguito della separazione dalla propria moglie, Ma.Si., l’avvocato M.G. oppose il precetto che ella gli aveva notificato per ratei non corrisposti dell’assegno di mantenimento.
A fondamento dell’opposizione l’avvocato M. dedusse che la Ma. aveva riscosso due buoni fruttiferi postali il cui importo avrebbe agevolmente compensato il credito per i ratei dell’assegno di mantenimento.
La Ma. negò di avere riscosso i buoni.
L’opposizione venne rigettata dal Tribunale di Vasto sul sostanziale rigetto delle istanze istruttorie del M., ivi compreso il deferimento del giuramento decisorio vertente sull’avvenuta riscossione dei buoni postali e la sentenza, impugnata dal M., è stata confermata, con ulteriori argomentazioni, dalla Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza n. 1432 del 17/09/2019.
Il M. ricorre con atto affidato a due motivi.
Ma.Si. non ha svolto attività difensiva.
La controversia è stata avviata alla trattazione camerale non partecipata secondo il rito di cui all’art. 375 c.p.c..
La proposta del Consigliere relatore è stata ritualmente comunicata.
Il ricorrente ha depositato memoria nella quale ha insistito nelle proprie prospettazioni e nei motivi di ricorso.
In via preliminare si rileva che il ricorso è tempestivo, in quanto proposto nei sei mesi dalla pubblicazione della sentenza d’appello, non notificata.
Il Collegio rileva che la sentenza d’appello ha adottato diverse ragioni del decidere (rationes decidendi) non tutte adeguatamente censurate dai motivi di ricorso.
In particolare: non è impugnata l’affermazione del giudice d’appello relativo alla mancata prova documentale della riscossione dei buoni postali in quanto l’avvocato M. non avrebbe adeguatamente coltivato le istanze istruttorie nei confronti di Poste Italiane S.p.a. e comunque non risulta adeguatamente impugnato il capo di sentenza della Corte territoriale che afferma che in ogni caso la formula giuramento proposta dal M., pure come riformulata dopo l’invito da parte del giudice, e di cui al verbale di causa (allegato al ricorso) avrebbe esposto la dichiarante al rischio di imputazione penale e quindi sarebbe stata in contrasto con l’art. 2739 c.c., comma 1.
Il Collegio ritiene il ricorso inammissibile per entrambi i motivi, per le ragioni di seguito esposte.
Il motivo relativo alla mancata emanazione dell’ordine di esibizione nei confronti di Poste Italiane S.p.a. è inammissibile: deve, sul punto, ribadirsi la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 24188 del 25/10/2013 Rv. 629099 – 01, resa, peraltro, in processo regolato dal rito del lavoro, laddove i poteri d’ufficio del giudice sono ben più ampi), secondo la quale il provvedimento di rigetto dell’istanza di ordine di esibizione non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte instante non abbia finalità esplorativa.
Il secondo mezzo è del pari inammissibile, in quanto la formula del giuramento non è riportata nel ricorso e non può ritenersi adeguato al fine della riproduzione di essa il rinvio ad un atto allegato, quale il verbale di causa (Cass. n. 04365 del 04/03/2015 Rv. 634720 – 01): “La parte che con il ricorso per cassazione sostenga che il giudice del merito ha errato nel non ammettere il deferimento del giuramento decisorio ha l’onere di indicare, specificatamente, il contenuto della formula del giuramento stesso, onde consentire la valutazione delle questioni da risolvere e della decisività dello stesso; infatti, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, tale controllo deve poter essere compiuto dalla Suprema Corte sulla base delle deduzioni contenute in tale atto, alle cui lacune non è dato sopperire con indagini integrative. ” e, inoltre, e con valenza dirimente, la circostanza sul quale esso avrebbe dovuto vertere (il ritiro dei buoni postali da parte della Ma.) era potenzialmente idonea ad esporre la parte chiamata a giurare alla confessione della commissione di un illecito, dovendosi, in questa sede, ribadire la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 12866 del 04/06/2009 (Rv. 608536 – 01): “Il divieto di deferire il giuramento su Atti illeciti, posto dall’art. 2739 c.c., trovando il suo fondamento nell’opportunità di non obbligare il giurante a confessarsi autore di un atto per lui potenzialmente produttivo anche di responsabilità civile, si riferisce sia al giuramento decisorio che a quello suppletorio, e non è limitato agli atti contrastanti con norme imperative, di ordine pubblico o di buon costume, o comunque turpi o riprovevoli secondo la coscienza collettiva, ma si estende a qualunque ipotesi di illiceità; esso, peraltro, riguarda le sole circostanze, specificamente capitolate, trovando applicazione soltanto quando oggetto del giuramento sia un comportamento illecito del giurante, ovvero un comportamento illecito della controparte che possa desumersi automaticamente da quello del giurante, e non anche quando si tratti di un fatto materiale in se neutro, perché non attributivo di comportamento illecito a nessuna delle parli, la cui responsabilità va invece desunta da altri fitti per via di inferenze e correlazioni”.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato del tutto inammissibile. Nulla per le spese di questo giudizio di cassazione, non essendovi stata costituzione di controparte alcuna.
Deve, inoltre, darsi atto della sussistenza, nei confronti del ricorrente, dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; nulla spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021