Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.32886 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22509/2019 proposto da:

O.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI VENEZIA, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, SEZIONE VICENZA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1946/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/11/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA GESSO MARCHEIS.

PREMESSO Che:

1. O.N., cittadino della Nigeria, ha proposto appello contro l’ordinanza 28 febbraio 2018, con la quale il Tribunale di Venezia ha rigettato la sua domanda di protezione internazionale. A sostegno della domanda, aveva dichiarato di avere lasciato il proprio paese per il timore della vendetta dei famigliari di un ragazzo che aveva ferito a morte, colpendolo alla testa con una bottiglia, in una colluttazione seguita al tentativo di rubare il motore della sua automobile.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 13 maggio 2019, n. 1946, ha rigettato il ricorso.

2. Avverso la decisione O.N. propone ricorso per cassazione.

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in cinque motivi.

1. Il primo motivo lamenta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti: la situazione di pericolosità e le situazioni di violenza generalizzata esistenti in Nigeria”; la Corte d’appello non avrebbe “minimamente preso in considerazione la situazione del paese, limitandosi a citare un rapporto, senza però riportarne un estratto e quindi sviluppare un ragionamento”.

Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha esaminato la situazione di pericolosità e di violenza generalizzata della Nigeria, e in particolare della zona di Oredo nell’Edo State, da dove il ricorrente proviene, escludendo che vi sia una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato o di anarchia senza il controllo delle autorità, sulla base di informazioni attendibili e aggiornate (v. p. 4 del provvedimento impugnato).

2. Il secondo motivo contesta “omesso/errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente”, nonché deduce che, al di là della credibilità della vicenda concreta, la situazione del paese permetterebbe con “assoluta evidenza” di considerare che il ricorrente si trovi in una condizione di serio pericolo.

Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha esaminato le dichiarazioni rese dal ricorrente, seguendo i criteri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in particolare evidenziando le contraddizioni, l’incoerenza e l’implausibilità delle dichiarazioni rese. Quanto alla situazione di pericolosità della Nigeria e della zona di provenienza del ricorrente v. sub 1 e infra sub 3 e 4.

3. Il terzo e il quarto motivo sono tra loro strettamente connessi:

a) il terzo motivo lamenta la “mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege, in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese di origine”, in quanto la Corte d’appello si è basata su un solo report, senza estrapolare “neppure una riga”, così che ci si trova di fronte a una omessa motivazione sul punto;

b) il quarto motivo fa valere “difetto di motivazione e travisamento dei fatti”, in quanto l’assoluta assenza di istruttoria in merito alle condizioni del paese di origine determina una ipotesi di motivazione solo apparente.

I motivi non possono essere accolti. Come si è detto sub 1, la Corte d’appello ha esaminato la situazione della Nigeria e in particolare della zona di Oredo di provenienza del ricorrente, basandosi su informazioni tratte da una fonte attendibile (EASO, Country of Origin Information Report NIGERIA, Security Situation, aggiornato a novembre 2018), ponendo così il ricorrente in condizione di svolgere i suoi rilievi al riguardo (informazioni che d’altro canto il ricorrente non ha contestato specificamente, limitandosi a riportare reports non attinenti alla distinta zona di Oredo), così che non sono ravvisabili né il vizio di violazione di legge né il difetto di motivazione.

5. Il quinto motivo contesta alla Corte d’appello, in relazione alla mancata concessione della protezione umanitaria, di non avere correttamente applicato i principi dettati in materia da questa Corte, in particolare con la pronuncia n. 4455/2018.

Il motivo non può essere accolto. La pur ampia esposizione è del tutto priva di specifici riferimenti, in particolare in relazione alle affermazioni della Corte d’appello circa la cessazione del rapporto di lavoro subordinato a termine e circa le dedotte patologie, ritenute insufficienti dalla Corte a configurare una situazione di vulnerabilità.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, in quanto il controricorso del Ministero, per la sua aspecificità, non è neppure chiaramente riferibile alla vicenda in esame, e dunque non presenta i requisiti minimi di cui all’art. 370 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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