Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.32888 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22511/2019 proposto da:

U.A., rappresentato e difeso dall’avv. MARCO LANZILAO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TREMPORE *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 12/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO Che:

1. U.A., cittadino della Nigeria, adiva il Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia di immigrazione, in seguito al rigetto, da parte della Commissione territoriale di Verona, della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, del diritto alla protezione c.d. sussidiaria o ancora al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. A sostegno della domanda, aveva dichiarato di avere lasciato il proprio paese in quanto non era in grado di risarcire i danni, provocati dall’incendio dell’abitazione in cui viveva, al proprietario della stessa e per garantire un futuro migliore alla propria famiglia.

Il Tribunale di Venezia, con decreto 12 giugno 2019, n. 4894, ha rigettato il ricorso.

2. Avverso la decisione del Tribunale di Venezia propone ricorso per cassazione U.A..

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

1) Il primo motivo denuncia “omesso/errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente, omessa cooperazione istruttoria”.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha infatti esaminato le dichiarazioni rese dal ricorrente. Alla p. 7 del provvedimento impugnato si legge come in sede di audizione davanti al Tribunale il richiedente abbia precisato che “non ho paura di tornare in Nigeria; voglio stare qui perché mi piace l’Italia” e come abbia allegato di non avere subito minacce, ma di essere andato via dalla Nigeria per trovare lavoro al fine di estinguere il debito e mantenere la famiglia.

2) Il secondo motivo contesta “mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, omessa applicazione dell’art. 10 Cost., contraddittorietà tra le fonti citate, il loro contenuto e le conclusioni raggiunte, motivazione solo apparente”.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale, esclusa la ricorrenza dei requisiti di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), stante la mancata prospettazione del rischio di subire la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte ovvero la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante, ha analizzato la ricorrenza, nel caso in esame, della fattispecie di cui dell’art. 14, lett. c) sopra citato e ha escluso, sulla base di informazioni tratte da fonti attendibili, la sussistenza della minaccia grave e individuale alla vita del ricorrente derivante dalla situazione sussistente nel suo Paese di origine e, in particolare, nell’Edo State.

3) Il terzo motivo fa valere “omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza”: il Tribunale avrebbe dovuto considerare complessivamente “gli elementi accertati e concludere per un giudizio di comparazione tra l’accertata integrazione nel nostro Paese e l’accertato inserimento sociale e lavorativo del ricorrente da una parte e le gravissime condizioni unanimente riconosciute esistenti in Nigeria” dall’altra parte.

Il motivo è inammissibile. Al contrario di quanto deduce il ricorrente il Tribunale ha escluso l’avvenuta integrazione nel nostro Paese del medesimo, avendo ritenuto a tal fine insufficiente il dedotto svolgimento di “brevissimi contratti di lavoro con le mansioni di raccoglitore a mano di prodotti agricoli che non gli garantiscono né una retribuzione stabile né sufficiente a condurre una vita dignitosa nel territorio italiano”, profili rispetto ai quali nulla viene obiettato nel motivo.

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.100, oltre spese prenotate a debito.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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