LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23874/2019 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 17, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA DEL NOSTRO, rappresentato e difeso dall’avvocato GUGLIELMO PISPISA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 25/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/01/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
PREMESSO Che:
1. M.M., cittadino del Senegal, adiva il Tribunale di Messina a seguito del rigetto da parte della Commissione territoriale della sua domanda protezione internazionale. A sostegno della domanda, il richiedente aveva dichiarato di aver subito un grave incidente in moto che gli aveva provocato danni permanenti ad un piede, così che si era trovato in una condizione di grave handicap e aveva deciso di lasciare il proprio paese; dopo una permanenza in Marocco, Algeria e Libia, era arrivato in Italia con l’idea di potersi sottoporre a un intervento risolutivo del suo problema di salute.
Il Tribunale di Messina rigettava la domanda con decreto 25 giugno 2019, n. 5021.
2. Avverso la decisione del Tribunale M.M. propone ricorso per cassazione.
Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria con la quale invoca in relazione al riconoscimento della protezione umanitaria l’applicazione della disciplina introdotta dal D.L. n. 130 del 2020. Al riguardo va precisato che tale normativa non può trovare applicazione davanti a questa Corte, alla luce della disciplina transitoria dettata all’art. 15 del medesimo D.L..
CONSIDERATO
Che:
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
1) Il primo motivo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, art. 46 della Direttiva n. 2013/32/UE, per avere omesso lo svolgimento di una effettiva indagine sul Senegal.
Il motivo è inammissibile. Dopo aver riportato le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, ed aver precisato di avere tempestivamente formulato la domanda di protezione internazionale, “compiendo ogni ragionevole sforzo per circostanziarla”, il ricorrente contesta la negazione da parte del Tribunale della sussistenza di una situazione di conflitto armato in Senegal, limitandosi a genericamente lamentare “il palese difetto d’istruttoria in cui è incorso il Tribunale”. Il Tribunale, invece, dopo avere specificato che, ai fini del riconoscimento della protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, occorre tenere conto della situazione della specifica situazione della zona di provenienza del richiedente, ha esaminato la situazione generale del Senegal e quella particolare della zona di Dakar, di provenienza del ricorrente, alla luce di informazioni precise e aggiornate.
2) Il secondo motivo denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per avere il Tribunale solo apparentemente motivato la decisione emessa in relazione al rigetto della protezione umanitaria.
Il motivo è inammissibile. Nello svolgimento del medesimo il ricorrente sostanzialmente lamenta l’insufficienza della motivazione offerta dal Tribunale; al contrario la motivazione si presenta analitica nell’esaminare le deduzioni e la documentazione offerta dal ricorrente, e rispetto a tale analitico esame il ricorrente nulla obietta.
II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.100, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 20 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021