Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.32918 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22251/2020 proposto da:

O. ( O.) O., rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Lanzilao, ed elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico, n. 38, in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di FIRENZE n. 903/2020.

pubblicata il 4 maggio 2020, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 settembre 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 4 maggio 2020, la Corte di appello di Firenze ha rigettato l’appello proposto da O. ( O.) O., nato a *****, in *****, avverso l’ordinanza del Tribunale di Firenze dell’11 luglio 2018.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere fuggito dal paese di provenienza perché alcune persone lo volevano costringere ad entrare nel loro gruppo che si chiamava “*****” (***** in lingua *****).

3. La Corte di appello ha ritenuto le dichiarazioni rese non verosimili, contraddittorie e incongruenti, negando la sussistenza dei presupposti di legge per il riconoscimento della protezione sussidiaria; quanto alla protezione umanitaria, i giudici di merito hanno evidenziato che il richiedente era un soggetto giovane, che non presentava malattie invalidanti e che mentre nel suo paese di origine aveva lasciato una contesto lavorativo e familiare, aveva un’abitazione fissa e lavorava come meccanico, in Italia non presentava alcuna forma di integrazione, nemmeno lavorativa.

4. O. ( O.) O. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a tre motivi.

5. L’Amministrazione intimata si è costituita ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, sulla non credibilità del richiedente.

1.1 La censura è inammissibile, in quanto incentrata sulla confutazione delle valutazioni di non credibilità del racconto sviluppate alle pagine 5 e 6 della sentenza impugnata, le quali integrano un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero per assoluta mancanza, apparenza o perplessità della motivazione, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza motivazionale e l’ammissibilità di una prospettazione alternativa circa le dichiarazioni rese (Cass., 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., 12 giugno 2019, n. 15794; Cass., 15 dicembre 2020, n. 28643; Cass., 27 ottobre 2020, n. 23497).

2. Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, nonché difetto di motivazione e travisamento dei fatti, con riferimento alla protezione umanitaria.

2.1. Il motivo è complessivamente infondato, poiché la motivazione della sentenza impugnata raggiunge la soglia del cd. “minimo costituzionale” non sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977) e le censure motivazionali non rispettano le prescrizioni imposte dalle Sezioni Unite, 7 aprile 2014, n. 8053, circa le modalità di deduzione del vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in nessuno di esse, infatti, il ricorrente specifica quale sarebbe il fatto storico, il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte distrettuale, né, soprattutto, argomenta in ordine alla sua necessaria decisività, ovvero all’essere stato esso oggetto di discussione tra le parti, né indica puntualmente quando esso sia stato dedotto; peraltro, le contestazioni attengono a valutazioni di merito non scrutinabili in questa sede, tanto più che il ricorrente non evidenzia nelle C.O.I. allegate in ricorso, più risalenti nel tempo rispetto alla fonte di novembre 2018 indicata dalla Corte territoriale, a pag. 8 della sentenza impugnata, specifici elementi che potrebbero sovvertire la decisione impugnata e che evidenzino che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate. (cfr. Cass., 18 febbraio 2020, n. 4037).

3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, avendo la Corte omesso di valutare l’applicabilità al ricorrente della protezione, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrono seri motivi di carattere umanitario, nonché del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19 e dell’art. 10 Cost.; l’omessa valutazione delle fonti informative relativamente alla situazione economica e sociale del paese e l’omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza.

3.1 Il motivo è inammissibile, perché reca censure generiche sulla protezione umanitaria, anch’esse afferenti al merito, senza cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata sulla insussistenza di seri motivi di carattere umanitario, nel senso inteso da Cass., 23 febbraio 2018, n. 4455, ossia di deprivazione, in caso di rimpatrio, del godimento dei diritti umani fondamentali sotto la soglia minima della dignità umana.

Non vi e’, infatti, nella pur lunga esposizione dei motivi, l’indicazione di fatti, già dedotti davanti ai giudici di merito, integranti tali estremi.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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