LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14195-2015 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO SIACCI 39, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO SINESIO, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVINO PANTUSO;
– ricorrente –
contro
COMUNE PALERMO, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CINZIA AMOROSO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2385/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 30/12/2014 R.G.N. 2095/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/05/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Palermo ha rigettato il gravame proposto da M.G. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale era stata respinta la domanda del predetto finalizzata a far accertare che il rapporto per prestazioni socialmente utili (di seguito, I.s.u.) intercorso con il Comune di Palermo si era in realtà svolto con le modalità proprie di un rapporto di lavoro subordinato, nella qualifica corrispondente a quella di insegnante di educazione motoria presso due diverse direzioni didattiche.
La Corte territoriale riteneva che il vincolo tra le parti fosse di natura “previdenziale”, in relazione ai programmi promossi dall’ente locale e denominati “Progetto lavoro”, né erano ritenute ammissibili le prove orali dedotte, finalizzata a comprovare le modalità di svolgimento delle prestazioni, in quanto generiche e valutative.
2. M.G. ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, resistito da controricorso del Comune.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. con mod. in L. n. 176 del 2020, con la quale ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso M.G. denuncia, senza indicare in rubrica referenti normativi, l’omessa considerazione e motivazione circa le richieste istruttorie, nonché rispetto al recente orientamento giurisprudenziale dell’Unione Europea che sarebbe tale da smentire integralmente le argomentazioni della sentenza impugnata.
2. La situazione oggetto di causa è in effetti regolata dal principio – del tutto in linea con l’orientamento Eurounitario espresso da Corte di Giustizia 18 marzo 2012, Sibilio – secondo cui “in tema di occupazione di lavori socialmente utili o per pubblica utilità, la qualificazione normativa di tale fattispecie, avente matrice assistenziale e componente formativa, non esclude che in concreto il rapporto possa atteggiarsi come subordinato – assumendo rilievo a tal fine l’effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione pubblicistica e l’adibizione ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’amministrazione – con conseguente applicazione dell’art. 2126 c.c.” (Cass. 11 luglio 2017, n. 17101; Cass. 30 giugno 2016, n. 13472; Cass. 11 maggio 2009, n. 10759).
E’ quindi indubbia l’astratta rilevanza degli aspetti istruttori, necessari al fine di ricostruire l’assetto del rapporto, al di là del nomen iuris ad esso attribuito.
2.1 Sul punto, per quanto attiene ai profili testimoniali, la Corte d’Appello ha sostenuto l'”inammissibilità ed irrilevanza delle articolate prove orali perché vertenti su circostanze generiche e meramente valutative”.
Non è dunque vero che sia mancata motivazione in proposito ed anzi è il motivo di ricorso ad essere insufficiente.
Infatti, le prove orali trascritte nel ricorso sono effettivamente generiche e valutative facendo riferimento allo svolgimento di “attività lavorativa subordinata” o “di natura subordinata” che non individua un fatto, ma la qualificazione giuridica di ciò che deve essere dimostrato; così come generico è il richiamo ad un “completo assoggettamento…. al potere direttivo, disciplinare e/o di controllo” o ad un “inserimento in modo stabile nell’organizzazione” che parimenti sono semmai giudizi o sintesi da desumere da fatti storici precisi di cui manca invece la capitolazione.
2.2 Quanto agli elementi documentali, è inammissibile il richiamo alla Delib. n. 194 del 2009 della Giunta Comunale di Palermo, in quanto non è precisato se e quando tale documento fosse stato prodotto, né è possibile percepirne la rilevanza, visto che, a quanto dice lo stesso ricorrente, esso riguarda la mobilità di personale “recentemente stabilizzato”, quale non è chi sia ancora nel regime di lavoratore socialmente utile, senza contare altresì l’inserirsi di tale documento nel contesto di una “doppia conforme” in punto di fatto che impedisce (art. 348-ter c.p.c., comma 4) di dare rilievo all’omesso esame di circostanze non considerate nel ricostruire l’assetto fattuale di causa.
Non diversamente, è inammissibile la deduzione di un difetto motivazionale con riferimento al documento riguardante il mancato rinnovo dell’iscrizione alle liste di collocamento dopo l’inizio dei rapporti di lavoro socialmente utili con il Comune.
A parte ancora una volta gli effetti di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 4, è carente la decisività di tale documento, in quanto non si vede perché fosse il datore di lavoro e non il lavoratore a dover eventualmente curare il rinnovo della propria iscrizione, sicché gli argomenti presuntivi che il ricorrente intenderebbe trarre dall’accaduto sono del tutto evanescenti.
Così come infine non decisivo è il fatto che l’I.N.P.S. riconosca, a chi sia stato utilizzato in lavori socialmente utili, una contribuzione figurativa a fini pensionistici, ciò nulla esprimendo rispetto al fatto che il rapporto di 1.s.u. abbia avuto svolgimento come mero lavoro subordinato ed anzi semmai costituendo, il riconoscimento di contribuzione in via figurativa ed anche senza versamenti, indice della specialità e diversità del rapporto.
3. In definitiva il ricorso, oltre alle specifiche ragioni di inammissibilità appena evidenziate, si manifesta come la proposizione di una diversa soluzione di merito della causa, certamente estranea al giudizio di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148).
4. Le spese del grado seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021