Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32940 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4893-2016 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 265, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO SARACENO, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMINE PEPE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1006/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 07/10/2015 R.G.N. 959/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA.

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. con sentenza n. 1006 del 2015, la Corte di Appello di Salerno ha confermato, per quanto in questa sede rileva, la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di accertamento della irripetibilità delle somme che l’INPS aveva chiesto, in restituzione, per erronea attribuzione del trattamento di invalidità (pensione) all’odierno ricorrente, quale cieco ventesimista, nel periodo 2005-2010, in ragione dell’omessa comunicazione dell’ammontare dei redditi e la domanda svolta, in via subordinata, per la parziale irripetibilità dei ratei percepiti in base al principio di tutela dell’affidamento;

2. per la Corte d’appello, premesso che l’assistito aveva riconosciuto l’inottemperanza all’obbligo di comunicazione, legittimamente l’ente aveva proceduto al recupero, con effetto retroattivo, in considerazione della natura dell’indebito assistenziale, per mancanza del requisito reddituale; quanto alla buona fede invocata dall’assistito, da un lato riteneva irrilevante che l’ente avesse proceduto al recupero oltre il termine annuale, L. n. 412 del 1991, ex art. 13, all’uopo richiamando la giurisprudenza, in tema di indebito previdenziale, per cui il termine annuale di recupero, fino al 1 gennaio 2010, non decorreva sino a che il titolare non avesse comunicato un dato reddituale completo; dall’altro argomentava che l’INPS non avrebbe potuto altrimenti conoscere sia i redditi dell’assistito, per essere stato abilitato all’accesso alla banca dati tributaria solo dal 1 gennaio 2010, sia la posizione previdenziale, in considerazione della natura meramente parziale dei dati ricavabili dall’estratto di ruolo dell’assistito (recte: estratto contributivo);

3. avverso tale sentenza F.L. ricorre per cassazione, sulla base di un articolato motivo, avverso il quale l’INPS non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

4. deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 88 del 1989, art. 52, comma 2, della L. n. 412 del 1991, art. 13, commi 1 e 2, del D.L. n. 30 del 1974, art. 6, del D.L. n. 663 del 1979, art. 14-septies, comma 4, art. 13, il ricorrente evidenzia che la Corte di appello ha ritenuto sussistente un obbligo di comunicazione erroneamente valutando l’estratto contributivo, dal quale ben poteva evincersi il reddito da lavoro dipendente, percepito sin dal 1979 e divenuto unica fonte di reddito dal 2006, ragione per cui non aveva presentato la dichiarazione dei redditi emergendo, dall’estratto contributivo, la situazione reddituale; assume che, per quanto premesso, la Corte territoriale neanche si era posta il problema di individuare i limiti reddituali per beneficiare della prestazione, nella specie, la pensione ai ciechi ventesimisti; assume, infine, che, per essere nella disponibilità dell’INPS i dati sufficienti per avere contezza del superamento del limite reddituale, la ripetizione andava limitata a quanto erroneamente erogato nell’anno della verifica effettuata e in quello precedente (nella specie, 2009 e 2010);

5. il ricorso è da rigettare;

6. si controverte in tema di indebito assistenziale per il quale, non essendo applicabili i limiti di ripetibilità propri dell’indebito previdenziale, opera il diverso principio secondo cui, allorché il diritto ad una prestazione assistenziale sia venuto meno per motivi collegati alla perdita del c.d. requisito reddituale, si fa luogo all’integrale recupero della somma indebitamente percepita successivamente al 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 5 (conv. con L. n. 326 del 2003), non ravvisandosi alcuna norma speciale di settore che valga a sottrarre l’indebito assistenziale alla disciplina generale dell’art. 2033 c.c.;

7. tale principio, già affermato da Cass. n. 23097 del 2013, è stato recentemente precisato nel senso che l’indebito assistenziale, in mancanza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge, a meno che non ricorrano ipotesi che, a priori, escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di erogazione della prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale né ne abbia mai fatto richiesta, nel caso di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali o in caso di dolo comprovato dell’accipiens, in quanto coefficiente soggettivo idoneo a far venir meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell’indebito (Cass. n. 28771 del 2018 e Cass. n. 10642 del 2019);

8 nel caso di specie la Corte di merito ha accertato che l’odierno ricorrente aveva omesso di comunicare, dal 2005 al 2010, i dati reddituali per beneficiare della prestazione assistenziale in godimento, quale cieco ventesimista;

9. ebbene, rispetto all’operato dell’ente debitore, la buona fede del percettore è rilevabile, al più, nella condotta connotata dall’assenza di qualsiasi violazione dei doveri di correttezza su di lui gravanti (cfr., per fattispecie analoghe, Cass. nn. 17576 del 2002, 537 del 2015), coerentemente con il principio generale secondo cui ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio ha il dovere di tutelare l’utilità e gli interessi dell’altra, nei limiti in cui ciò possa avvenire senza un apprezzabile sacrificio (Cass. n. 17642 del 2012 richiamata da Cass. n. 10642 del 2019 cit.);

10. non potendo, nel caso di specie, ritenersi la correttezza della condotta dell’odierno ricorrente, in ragione dell’accertata (e non rivedibile in questa sede, in mancanza di uno specifico motivo di gravame secondo il paradigma del novellato art. 360 c.p.c., n. 5) violazione degli obblighi di comunicazione all’INPS delle situazioni rilevanti ai fini del diritto alla percezione della prestazione assistenziale in godimento, correttamente la Corte territoriale, uniformandosi ai principi evidenziati, ha escluso la sussistenza di un affidamento idoneo a giustificare la irripetibilità dell’indebito;

11. non si provvede alla regolazione delle spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva;

12. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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