LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25422-2020 proposto da:
Z.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FULCIERI PAULUCCI DE’ CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato PIERO SANDULLI, rappresentato e difeso dall’avvocato ERMINIO ANGIOLINO PACIFICO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronol 2021/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato l’01/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO GIUSEPPE.
RITENUTO
che Z.I. ricorre avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli di cui in epigrafe, con la quale, in parziale accoglimento dell’opposizione avanzata dall’esponente, confermata la liquidazione a titolo d’equa riparazione per la durata non ragionevole di un processo civile, disposta nella fase monocratica, condannò il Ministero della Giustizia al pagamento di una maggior somma a titolo di rimborso delle spese processuali;
che il Ministero della Giustizia resiste con controricorso;
considerato che il ricorso non supera il vaglio d’ammissibilità per le ragioni che seguono:
a) senza alcuna illustrazione della vicenda e sintesi dei fatti salienti, l’atto giudiziario, dopo le intestazioni di rito, si apre con la riproduzione, largamente con caratteri minuti, del dispositivo del decreto collegiale impugnato, seguito, dopo una brevissima chiosa, con la quale si precisa che il ricorrente aveva depositato ricorso per l’equo indennizzo da non ragionevole durata di un processo civile, di quella del ricorso introduttivo; indi, del decreto monitorio; immediatamente dopo del ricorso in opposizione alla Corte d’appello; successivamente, dalla motivazione del decreto collegiale; infine, vengono esposte le due proposte censure;
b) questa Corte da anni, con giurisprudenza ferma enuncia il principio secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali e’, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso in funzione della comprensione dei motivi stessi (S.U. n. 17168/2012, Rv. 621813; conf., ex multis, Cass. nn. 593/2013, 10244/2013, 17002/2013, 26277/2013 e, in epoca più recente, 1264/2019, 12730/2019, 28356/2019, 31224/2019, 31225/2019, 10423/2020);
c) gli ulteriori argomenti esposti dal ricorrente con la memoria non appaiono tali da incrinare il descritto granitico orientamento, in particolare è da escludere che l’onere della specificità, sotto il profilo dell’autosufficienza, imponga la riproduzione testuale e integrale degli atti processuali, omettendo di far luogo alla “esposizione sommaria dei fatti di causa”; come, del pari, è da escludere che la regola “iuris” applicata si risolva in un inutile formalismo preclusivo dell’accesso al giudice, essendo lo scopo perseguito dalla disposizione, come sopra richiamato, del tutto funzionale al giudizio di legittimità.
CONSIDERATO
che il ricorrente va condannato a rimborsare le spese in favore del controricorrente, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo;
che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese anticipate a debito ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021