Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.32958 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 1921-2017 proposto da:

BIANCHI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA 22, presso lo studio dell’Avvocato Vincenzo D’isidoro, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CASA ACCOGLIENZA F.LLI A. E L.G.R., elettivamente domiciliata in Roma, Via N. Ricciotti 11, presso lo studio dell’Avvocato Michele Sinibaldi e rappresentata e difesa dall’Avvocato Massimo Cirulli;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1389/2016 della Corte d’appello di L’Aquila, depositata il 21/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del o 07/09/2021 dalla Consigliera CASADONTE Annamaria;

RILEVATO IN FATTO

che:

– la società Bianchi s.r.l. (d’ora in poi solo Bianchi impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila di rigetto dell’appello principale da essa proposto nonché di quello incidentale proposto dalla controparte Casa Accoglienza F.lli A. Luigi e L.G.R. (d’ora in poi solo Casa Accoglienza);

– il contenzioso fra le parti era insorto con atto di citazione notificato nel 2008 dalla società Bianchi alla Casa Accoglienza innanzi al Tribunale di Vasto;

– la Bianchi, premesso di essersi resa aggiudicataria, in esito a pubblica gara, di un’area edificabile sita in ***** al prezzo di Euro 5.650.000, asseritamente offerto in ragione dell’indice di edificabilità all’epoca vigente (2mc/mq), lamentava che in conseguenza della sopravvenuta adozione della variante di piano regolatore generale, la capacità edificatoria del fondo si era ridotta del 40%;

– pertanto, ai sensi dell’art. 1489 c.c. l’attrice Bianchi chiedeva all’adito tribunale la riduzione del prezzo della vendita e, in via subordinata, la risoluzione del contratto, con condanna della convenuta alla restituzione del doppio della caparra di Euro 565.000 nonché il risarcimento del danno da liquidarsi in Euro 10.000.000;

– costituitasi in giudizio, e per quanto qui di interesse, la convenuta contestava nel merito la fondatezza della domanda attorea e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna dell’attrice al pagamento del residuo prezzo di Euro 5.085.000 oltre agli interessi legali ed al risarcimento del maggior danno;

– il Tribunale di Vasto con la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado rigettava la domanda della Bianchi e accoglieva la domanda riconvenzionale condannando l’attrice a pagare alla convenuta la somma di Euro 5.085.000 oltre interessi e spese di lite;

– avverso detta sentenza proponeva gravame in via principale l’attrice soccombente e l’appellata Casa Accoglienza proponeva impugnazione incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado relativo alla liquidazione delle spese del giudizio; pendente il giudizio d’appello, interveniva la sentenza del Tar, confermata dal Consiglio di Stato, che aveva annullato la variante al piano regolatore generale del Comune di Vasto;

– all’udienza di precisazione delle conclusioni l’appellata modificava la domanda di adempimento in domanda di accertamento dell’intervenuto recesso dal contratto con domanda di ritenzione della caparra di Euro 565.000;

– la corte d’appello con la sentenza qui impugnata ha rigettato l’appello principale ritenendo per un verso che l’avviso di vendita in data 1/2/2007 costituiva chiara volontà di vendere con invito agli interessati a formulare proposte di acquisto; per l’altro verso, ha argomentato la Corte territoriale, la proposta di acquisto formulata dalla Bianchi e ricevuta il 7 maggio 2007 consente di ritenere concluso il contratto di vendita atteso il consenso validamente espresso dalle parti ed idoneo a produrre il trasferimento dei beni specificamente indicati nell’avviso di vendita;

– in conseguenza di tale ricostruzione in fatto, la corte ha confermato l’esclusione della possibilità di applicare la risoluzione o la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1489 c.c. al caso di specie, atteso che a tal fine occorre la preesistenza al contratto dell’onere o del diritto che incide sulla cosa venduta, preesistenza che nel caso di specie non ricorre attesa la posteriorità della intervenuta variazione del piano regolatore generale adottata nel 2007; con riguardo alla dichiarazione di recesso dal contratto intervenuta durante il procedimento d’appello, la corte territoriale ne ha ritenuto l’ammissibilità e in accoglimento, all’esito della riscontrata sussistenza dei relativi fatti costitutivi, ha dichiarato la risoluzione del contratto per inadempimento della parte acquirente e ha riconosciuto il diritto della venditrice di trattenere la caparra versata dalla controparte;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta con ricorso affidato a tre motivi, cui resiste la Casa accoglienza con controricorso illustrato da memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alle modalità di conclusione del contratto;

– la ricorrente contesta la statuizione della corte territoriale secondo la quale il contratto di compravendita si sarebbe concluso con la presentazione della proposta di acquisto che faceva seguito all’avviso di gara per la messa in vendita dell’area edificatoria oggetto del giudizio, costituendo detta proposta di acquisto formulata dalla Bianchi atto idoneo al perfezionamento dell’accordo traslativo della proprietà dei beni oggetto dell’avviso;

– al contrario, assume la ricorrente, il bando di gara prevedeva il versamento di una caparra, previsione che avrebbe dovuto essere valorizzata nel senso di indurre a ritenere che la stessa aggiudicazione comunicata da Casa Accoglienza alla Bianchi con la nota del 30/4/2007 non fosse sufficiente ai fini del perfezionamento del trasferimento della proprietà sino al momento dell’atto pubblico;

– la ricorrente ha pure aggiunto, a conforto della sua tesi, che negli atti relativi al contenzioso amministrativo la Casa Accoglienza si era dichiarata proprietaria degli immobili anche dopo il procedimento di gara;

– la censura è infondata;

– la corte d’appello ha, infatti, confermato la correttezza della ricostruzione dell’accordo contrattuale intervenuto fra le parti come svolta dal primo giudice, ritenendo perfezionato il contratto di compravendita poiché la proposta di vendita contenuta nell’avviso di vendita del 1/2/2007 era stata seguita dalla proposta di acquisto formulata dalla Bianchi per il prezzo di Euro 565.000,00, proposta accettata dalla Casa Accoglienza con delibera in forma scritta comunicata alla Bianchi in data 30/4/2007 (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata);

– la corte territoriale ha osservato, in conformità alla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 3088/2007; id. 5919/2016), come non sia ostativo al riconoscimento del perfezionato effetto traslativo la circostanza che la proposta e l’accettazione siano contenuti in atti separati purché sia esattamente individuato il bene oggetto di vendita;

– la corte d’appello ha, peraltro, argomentato che neppure la previsione di una caparra possa giustificare la tesi che esclude l’intervenuta stipulazione di un contratto definitivo traslativo della proprietà, essendo ormai ritenuta ammissibile una simile previsione allorché l’esecuzione di una prestazione contrattuale, come il saldo del prezzo, sia differita ad un momento successivo (cfr. Cass. 1740/2014), dopo la predisposizione della documentazione catastale ma prima della stipula dell’atto pubblico avente valore meramente ricognitivo (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata);

– con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1489 c.c. in relazione all’incidenza dell’adozione della variante al piano regolatore generale nel sinallagma contrattuale ed alla produzione del certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Vasto in data 14/9/2016 ai sensi dell’art. 345 c.p.c.;

– la contestazione circa l’asserita inammissibilità ex art. 345 c.p.c., del predetto certificato non è rilevante per difetto di interesse, posto che la corte territoriale ha, in realtà, affermato che la produzione di esso non risulta inammissibile ricorrendo la fattispecie di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, (cfr, p. pag. 7 primo cpv, della sentenza impugnata);

– con il terzo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione in relazione all’art. 1385 c.c., comma 2;

– deduce la ricorrente che la domanda di recesso formulata soltanto in appello è stata illegittimamente accolta dalla corte territoriale sul presupposto, in realtà non accertato, dell’inadempimento della Bianchi;

– in altri termini, secondo la ricorrente, ed al di là dell’ammissibilità della domanda come modificata in appello, l’accoglimento ha finito per essere fondato su fatti mai dedotti o provati in precedenza;

– la censura è infondata poiché la corte territoriale ha ritenuto che a seguito del ravvisato perfezionamento dell’accordo traslativo dei beni con l’intervenuta aggiudicazione, sussisteva l’inadempimento dell’acquirente non essendo contestato il mancato versamento del corrispettivo;

– tale inadempimento è rilevante ai fini della dichiarazione di recesso formulata con il foglio di conclusioni da parte dell’acquirente ed è stato legittimamente considerato, quindi, ai fini dell’esercizio del diritto di recesso ex art. 1385 c.c., comma 2;

– la valutazione di fatto svolta dalla corte distrettuale ai fini dell’esercizio della facoltà di recedere dal contratto esercitata dalla parte venditrice, adempiente, non è quindi fondatamente censurabile;

– il ricorso è da rigettare;

– in applicazione del principio della soccombenza la ricorrente è condannata alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in Euro 10.300,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile, il 7 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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