Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.32963 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33814/2019 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTINA PEROZZI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 12183/2019 emesso dal TRIBUNALE DI ANCONA depositato in data 15/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2021 dal Consigliere Dott. DELL’UTRI MARCO.

RILEVATO IN FATTO

Che:

C.E., cittadino del Gambia, ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politica, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese per il timore di essere ucciso dallo zio a seguito di contrasti e litigi insorti in ambito familiare per ragioni di carattere religioso;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento C.E. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Ancona, che ne ha disposto il rigetto con Decreto del 15/10/2019;

a fondamento della decisione assunta, il tribunale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) del carattere sostanzialmente privato e personale delle ragioni della fuga del ricorrente dal paese di origine; 2) dalla mancanza, nei territori di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sé, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 3) dell’insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità suscettibile di giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

tale decreto è stato impugnato per cassazione da C.E. con ricorso fondato su tre motivi d’impugnazione;

Il Ministro dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere il giudice a quo violato i principi nazionali e internazionali sul divieto di non refoulment, nonché quelli relative al diritto a un processo giusto ed effettivo;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, attraverso la censura in esame, il ricorrente si sia limitato a una generica doglianza circa la violazione dei principi nazionali e internazionale relativi al divieto di respingimento e alle norme sul giusto processo, senza articolarne lo spessore critico, con specifico riferimento alla necessaria correlazione (nella specie mancata) tra la fattispecie concreta d’interesse e quella normativa a quest’ultima ritenuta applicabile;

sul punto, varrà richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564 – 01);

con il secondo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere il Tribunale di Ancona dettato una motivazione meramente tautologica ed apparente in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria;

il motivo è infondato;

al riguardo, varrà osservare come, con riferimento all’invocato riconoscimento, da parte dell’odierno istante, della protezione sussidiaria in ordine alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), debba ascriversi un valore dirimente alla circostanza, espressamente sottolineata dal giudice a quo, della mancata corrispondenza, delle ragioni indicate dal ricorrente a fondamento della propria fuga dal paese di origine, con i presupposti normativi previsti ai fini del riconoscimento delle forme di protezione internazionale rivendicate;

sul punto, del tutto correttamente il giudice a quo ha sottolineato l’assenza di alcun effettivo pericolo di un danno alla persona (coincidente con quelli previsti nelle ipotesi di cui all’art. 14, lett. a) e b) cit.) concretamente predicabile a carico dall’odierno istante, in relazione alle ragioni indicate a fondamento del proprio allontanamento dal Gambia, avendo lo stesso ricorrente espressamente legato, detto allontanamento, alle particolari ragioni di conflitto con il proprio zio hai familiari, in relazione alle quali nessun rischio comunque legato alla vita o all’incolumità fisica del ricorrente, deve ragionevolmente ritenersi configurabile;

quanto all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c), varrà considerare come, nel caso di specie, il tribunale abbia correttamente provveduto ad attivare i propri doveri di cooperazione istruttoria attraverso l’estensione della propria cognizione alle informazioni sul paese di origine dell’odierno ricorrente, dando ampiamente conto delle fonti dalle quali ha tratto le proprie conclusioni circa l’insussistenza, nel Paese di provenienza del ricorrente, delle condizioni legittimanti la sua richiesta di protezione, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, riferendosi a fonti di informazioni specifiche e adeguatamente aggiornate, dalle quali ha tratto la conclusione dell’impossibilità di riconoscere, nella regione di provenienza del ricorrente, situazioni di violenza generalizzata nel quadro di conflitti armati interni, a nulla rilevando le alternative fonti segnalate dal ricorrente, trattandosi di informazioni generiche, e in ogni caso inidonee a fornire adeguata contezza degli specifici presupposti oggettivi legittimanti il riconoscimento della protezione sussidiaria in contrasto con i contenuti informativi privilegiati dalle scelte probatorie (legittimamente) operate dal giudice a quo nell’esercizio dei propri poteri di apprezzamento discrezionale delle fonti istruttorie;

con il terzo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge, per avere il Tribunale di Ancona erroneamente escluso i presupposti per il riconoscimento, in proprio favore, di un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

il motivo è inammissibile;

osserva, al riguardo, il Collegio, come, attraverso la censura in esame, l’odierno ricorrente si sia limitato allo svolgimento di un’analisi critica del tutto generica del provvedimento impugnato, limitandosi al richiamo di generiche informazioni sul proprio paese di origine, o del contenuto di giurisprudenza di merito formatasi nella materia de qua, senza alcuno specifico riferimento alle ragioni concrete e individuali destinate a sostenere la plausibilità dell’invocazione della protezione specificamente rivendicata;

in particolare, a fronte delle indicazioni contenute nel provvedimento impugnato – secondo cui l’odierno ricorrente non verserebbe in una particolare situazione di vulnerabilità, dovendo escludersi che l’eventuale rientro nel proprio paese di origine varrebbe a privarlo del nucleo essenziale dei propri diritti fondamentali – l’istante ha contenuto la strutturazione delle proprie doglianze a un’astratta e apodittica affermazione circa la mancata approssimazione delle valutazioni del giudice a quo alle specifiche condizioni di vita del richiedente, senza tuttavia concretizzare detta contestazione in rapporto alla propria specifica vicenda individuale, astenendosi financo dall’indicare alcun minimo elemento circostanziale di fatto con riferimento alle eventuali prerogative fondamentali della persona destinate ad essere pregiudicate in caso di rimpatrio;

ciò posto, l’irriducibile genericità della censura esaminata impedisce, tanto di cogliere lo spessore effettivo dei relativi contenuti critici, quanto la reale consistenza dell’interesse alla proposizione del motivo d’impugnazione in esame, con la conseguente inevitabile qualificazione della relativa inammissibilità;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, deve essere pronunciato il rigetto del ricorso;

non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, non essendosi il Ministero resistente tempestivamente costituito in questa sede;

dev’essere viceversa attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 bis, art. 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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