LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. PERRINO Angel – M. –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3522/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
DISTERCOOP soc. coop a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Vincenzi, con domicilio eletto in Roma, via Borgognona n. 47, presso lo studio dell’avv. G. Brancadoro;
– controricorrente –
Equitalia Ravenna spa;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna n. 105/01/2010, depositata il 16 dicembre 2010.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8 bis, dal Consigliere Enrico Manzon;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Cardino Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna accoglieva l’appello proposto da Dister spa, ora Distercoop s.c. a r.l., avverso la sentenza n. 39/01/2009 della Commissione tributaria provinciale di Ravenna, che ne aveva dichiarato inammissibile il ricorso contro la cartella esattoriale per tributi doganali ed IVA 1998.
La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare che essendo venuti meno i titoli basanti l’atto della riscossione impugnato, per effetto delle sentenze penali e civili del tribunale di Ravenna, ne conseguiva l’accertamento dell’estraneità della Dister rispetto alla irregolare immissione in consumo dei prodotti alcolici oggetto delle ingiunzioni di pagamento alle quali la cartella esattoriale impugnata faceva riferimento, trattandosi di un fatto irrevocabilmente ascritto alla responsabilità di un soggetto terzo ( J.I.) e per il quale dunque dovevasi escludere la responsabilità fiscale della Dister medesima, vertendosi in un’ipotesi di “caso fortuito o forza maggiore”; inoltre che sussisteva la legittimazione passiva dell’agenzia fiscale, posto che oggetto del processo era la sussistenza delle obbligazioni portate dalla cartella di pagamento impugnata, sicché unica legittimato passivo doveva considerarsi proprio l’Ente impositore e non l’agente della riscossione, che quindi espressamente dichiarava estromesso dal giudizio.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli deducendo tre motivi, poi illustrati con una memoria.
Resiste con controricorso la Distercoop, che successivamente ha depositato una memoria.
L’agente della riscossione è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità, per tardività, del ricorso sollevata dalla controricorrente.
La sentenza impugnata è stata depositata il 16 dicembre 2010 e quindi, non essendo stata notificata, il termine “lungo” (vigente ratione temporis: 1 anno e 46, giorni, trattandosi di appello depositato il 26 giugno 2009 e quindi precedentemente all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 17, che ha abbreviato a sei mesi detto termine ed ancor più precedentemente l’entrata in vigore del D.L. n. 132 del 2014, che ha ridotto a 31 giorni la sospensione feriale dei termini processuali) scadeva il 31 gennaio 2012.
Il ricorso è stato spedito il 30 gennaio 2012 dall’avvocatura erariale ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 55, e quindi è tempestivo (cfr. Cass., Sez. 5, n. 22226 del 30/10/2015, Rv. 637181 – 01).
Con il primo motivo l’agenzia fiscale ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, poiché la CTR si è pronunciata sul merito delle pretese tributarie portate dalla cartella esattoriale impugnata, ciò non potendone tuttavia costituire un “vizio proprio”.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, poiché la CTR ha estromesso dal processo l’agente della riscossione, mentre, in virtù del rilievo giuridico oggetto del primo mezzo, era l’unico soggetto che doveva considerarsi legittimato passivo dell’azione impugnatoria esercitata dalla società contribuente.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono fondate.
Risulta dagli atti (v. allegati alla memoria agenziale) che l’annullamento degli atti presupposti (ingiunzioni di pagamento) della cartella esattoriale impugnata dichiarato dal tribunale ordinario di Bologna è stato oggetto di riforma in appello, essendo state rigettate le opposizioni della società contribuente avverso le ingiunzioni fiscali de quibus (Corte d’appello di Bologna, sentenza n. 1886/2015, dep. 13/11/2015, passata in giudicato).
Quindi risulta evidente la sussistenza della violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, posto che quello rilevato dalla CTR emiliana sulla scorta della sentenza penale riguardante illeciti commessi da terzi e di detta sentenza civile ossia la sussistenza di un fatto impeditivo delle obbligazioni tributarie azionate in executivis (caso fortuito ovvero forza maggiore ex art. 37, TULD) non può più – in ogni caso – essere considerato quale “vizio proprio” della cartella di pagamento impugnata.
Di conseguenza, le ulteriori eccezioni della società contribuente attingenti l’atto della riscossione de quo, quali pacificamente devolute in appello, appunto riguardanti “vizi propri” dell’atto medesimo, indubbiamente radicano la legittimazione passiva dell’agente della riscossione intimato, che pertanto deve ritenersi erroneamente esclusa dal giudice tributario di appello.
L’accoglimento dei primi due motivi deve considerarsi assorbente del terzo motivo, riguardante la violazione/falsa applicazione dell’art. 37, TULD, appunto trattandosi di questione di merito per “vizio non proprio” dell’atto che non poteva nemmeno essere esaminata dalla CTR emiliana, né, in ogni caso, lo può essere ulteriormente, stante l’effetto preclusivo del giudicato civile-tributario di cui si è detto sopra.
In conclusione, accolto il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR per nuovo esame ed anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021