LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. PERRINO Angel – M. –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28653/2013 R.G. proposto da:
Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Shell Italia spa, ora KRI spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, quale incorporante della SI.LO.NE. – Sistema logistico nord-est srl, rappresentata e difesa dagli avv. Enrico De Mita, Maurizio Logozzo e Livia Salvini con domicilio eletto in Roma, viale Mazzini 11, presso lo studio dell’avv. Salvini;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 88/11/13, depositata l’8 agosto 2013.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 giugno 2021 dal Consigliere Enrico Manzon;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Cardino Alberto, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso;
udito l’Avv. Livia Salvini.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ufficio locale, avverso la sentenza n. 122/1/12 della Commissione tributaria provinciale di Udine che aveva accolto il ricorso di SI.LO.NE. – Sistema logistico nord-est srl, (incorporata da Shell Italia spa, ora KRI spa), contro l’avviso di pagamento per accise sugli olii minerali 2006.
La CTR osservava in particolare che, essendo risultato non vero che la destinataria slovena (*****) del gasolio per autotrazione ceduto dalla società contribuente fosse un soggetto inesistente e che comunque le ulteriori allegazioni fattuali dell’agenzia fiscale non potevano considerarsi asseverate (soprattutto la falsificazione dei timbri doganali sloveni), veniva così a mancare la prova dello “svincolo irregolare” di detto prodotto e pertanto la pretesa fiscale doveva considerarsi infondata.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente, che successivamente ha depositato una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’agenzia fiscale ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 20, poiché la CTR ha basato la propria decisione esclusivamente sul provvedimento di chiusura (archiviazione) del procedimento penale nei confronti della società contribuente.
Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo controverso, poiché la CTR non ha adeguatamente considerato le sue allegazioni miranti a fondare l’affermazione della sussistenza del presupposto impositivo (“svincolo irregolare” della merce sottoposta ad accisa).
Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. a) e d), TUA, art. 2697 c.c., poiché la Commissione tributaria regionale, sovvertendo il principio generale sull’attribuzione dell’onus probandi, ha ritenuto le risultanze del PVC non sufficienti ad asseverare la mancata consegna della merce de qua al destinatario sloveno e quindi lo “svincolo irregolare” della merce medesima.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono inammissibili e comunque infondate.
Quanto al vizio motivazionale dedotto con il secondo mezzo, basti ribadire che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).
Certamente la sentenza impugnata non merita cassazione alla luce di tale consolidato arresto giurisprudenziale, posto che ha motivato adeguatamente in relazione ad ogni allegazione fattuale, primaria e secondaria, dell’agenzia fiscale, secondo uno standard sicuramente superiore al “minimo costituzionale”.
Il giudice tributario di appello, diversamente da come si afferma nella censura in esame, non si è limitato infatti a valutare la circostanza di fatto, risultata inveritiera, della inesistenza soggettiva della destinataria slovena della merce (*****), ma ha altresì puntualmente considerato le correlate allegazioni circa la mancata ricezione delle merce medesima, accertando quindi che invece la stessa era stata ricevuta.
Tale statuizione di merito non può essere revisionata in questa sede, secondo l’altrettanto consolidato principio di diritto che “Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. n. 9097 del 07/04/2017).
Il che rende inammissibile il terzo motivo del ricorso, chiaramente mirante a tale tipo di sindacato inibito a questa Corte.
Infine, quanto al primo motivo, se ne palesa l’infondatezza, non risultando affatto che il giudizio della CTR si sia basato esclusivamente e nemmeno prevalentemente sull’intervenuta archiviazione del procedimento penale nei confronti degli amministratori della società contribuente, quanto piuttosto che abbia fatto una più che corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale, “Nel contenzioso tributario, la sentenza penale irrevocabile intervenuta per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento degli uffici finanziari rappresenta un semplice elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva” (Cass. n. 2938 del 13/02/2015).
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.250 per onorari, Euro 200 per esborsi oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021