LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21390-2018 proposto da:
D.G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO ESPOSITO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
CITTA’ METROPOLITANA DI NAPOLI;
– intimata –
avverso la sentenza n. 870/2018 della COMM.TRIB.REG.CAMPANIA, depositata il 01/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;
PREMESSO che:
1. D.G.C. ricorre, con tre motivi contrastati dalla Agenzia delle Entrate, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR della Campania, in causa relativa all’avviso di accertamento di maggior valore, ai fini dell’imposta di registro, di un immobile venduto ad esso ricorrente dalla Provincia di Napoli (poi Città Metropolitana di Napoli) in data 27 novembre 2013, ha parzialmente accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate rideterminando il valore in Euro1800 il mq. a fronte del valore dichiarato pari ad Euro 783,66 il mq e dell’accertato pari a Euro 1300,00.
La CTR è giunta a tale conclusione considerando, da un lato, eccessiva la stima comparativa dell’ufficio attese le particolarità – “gli inconvenienti” – dell’immobile in questione così come emerse in primo grado (assenza di “aperture per l’aerazione naturale ed illuminazione”; “piano di calpestio sottoposto di circa cinque metri” rispetto al livello del suolo), dall’altro lato, inattendibile il valore dichiarato attesa l’ubicazione del bene “in zona centrale” del “tessuto urbano”, atteso “il valore di mercato di immobili consimili nella stessa zona con riferimento all’epoca della stipula dell’atto traslativo tassato” e rilevato che la valutazione effettuata dalla Provincia di Napoli – valutazione di cui alla perizia recante la data del 25 gennaio 2011 (v. controricorso p.4) – era stata contestata dalla Agenzia e “non poteva comunque ritenersi corrispondente ai valori di mercato del 2013;
2. con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione del “principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c.”. Sostiene il ricorrente che la violazione sia stata commessa dalla CTR laddove questa, a fronte della richiesta dell’amministrazione di “disporre la riforma totale della sentenza (di primo grado) confermando per intero l’operato dell’ufficio”, ha invece rideterminato il valore dell’immobile;
3. il motivo è infondato. Si basa sull’assunto errato per cui il giudice tributario avrebbe l’alternativa secca tra conferma ed annullamento dell’atto impugnato. Il giudizio tributario non ha natura esclusivamente impugnatoria e non è volto esclusivamente ad un controllo di legittimità sugli atti dell’ufficio. E’ un giudizio non esclusivamente di impugnazione-annullamento ma di impugnazione-merito. Ne discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, può e deve non limitarsi ad annullare l’atto impositivo bensì esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurre la pretesa stessa alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass.21079/2009; 15825/06, 17127/07). E’ evidente che nella domanda dell’ufficio appellante di conferma del proprio operato è inclusa la domanda di conferma parziale della pretesa impositiva;
4. con il secondo motivo di ricorso viene lamentata la violazione del “dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost.”. Sostiene il ricorrente che la sentenza sia nulla perché, in violazione delle norme suddetta, priva di motivazione;
5. il motivo è infondato.
Si premette che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza impugnata resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6. Tale violazione è individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di motivazione articolata in affermazioni tra loro “in contrasto irriducibile”, di motivazione “perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Sezioni Unite 8053/2014).
La motivazione della sentenza impugnata si sottrae alla censura essendo non solo presente come insieme di segni grafici e scevra da contraddizioni e incoerenze ma, al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, anche effettiva: si tratta di un discorso che partendo dai dati acquisiti agli atti di causa riguardo alle caratteristiche dell’immobile in questione e al valore di altri immobili comparabili con il primo, si chiude con l’espressione di un valore (in sé non sindacabile in questa sede) all’immobile stesso;
3. con il terzo motivo di ricorso viene denunciato, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;
4. Il motivo è inammissibile. Il fatto che non sarebbe stato esaminato non è indicato. Si legge nel corpo del motivo che “mentre l’Appellante Agenzia rivendica l’adesione al precetto di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 parte appellata ed ora ricorrente oppone l’assoluta disomogeneità degli immobili assunto come parametro dall’ufficio accertatore in quanto nessuno dei riferimenti utilizzati dall’ufficio riconduce ad un locale completamente interrato, privo di luci ed avente accesso dall’interno di un androne privato condominiale ed infine locato”. La formulazione del motivo in esame prosegue con la riproposizione della denuncia di difetto di motivazione di cui al motivo precedente. Per quanto diverso dal precedente, si tratta il motivo che mira ad una nuova valutazione di merito che non può essere chiesta a questa Corte, giudice di legittimità. Dacché l’inammissibilità;
5. il ricorso deve essere rigettato;
6. le spese seguono la soccombenza.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2200, oltre spese prenotate a debito.
ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 16 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021