Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32991 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G.N. 31859/2018 proposto da:

C.C., nato a ***** rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Riccioni e dall’avv. Carlo Cicala elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma via Properzio 5.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, – (C.F. *****) in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura generale dello Stato elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1957/6/18 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 28 marzo 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17.06.2021 dal Consigliere Relatore RITA RUSSO.

RILEVATO

CHE:

Il notaio C. ha impugnato l’avviso di rettifica e liquidazione relativo all’imposta di registro notificatogli per un atto di risoluzione contrattuale e cessione crediti, deducendo che l’ufficio ha illegittimamente applicato l’aliquota dello 0,50. Il ricorso è stato respinto in primo grado. Ha proposto appello il notaio deducendo che la società cedente non è una società di factoring (San Raffaele S.p.A.) lo è invece l’Unicredit factoring cessionaria dei crediti vantati dalla San Raffaele nei confronti dell’Asl di Roma per prestazioni sanitarie relative all’anno 2008; deducendo altresì che con l’atto tassato era solo stata ripristinata la situazione antecedente alla cessione, sicché i crediti erano rientrati nella piena disponibilità e titolarità della San Raffaele.

La CTR ha respinto l’appello rilevando che dalla documentazione prodotta dalle parti si evince che trattasi di risoluzione contrattuale e questo tipo di atto non rientra nelle fattispecie assoggettate a IVA, trattandosi di una cessione di crediti fra due soggetti privati ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 3; poiché il cessionario non ha effettuato alcun versamento nei confronti della società cedente ed i crediti erano rientrati nella piena ed esclusività della San Raffaele si applica il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, lett. a).

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Notaio affidandosi ad due motivi. Si è costituita con controricorso l’Agenzia delle entrate. Il ricorrente ha depositato memoria. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 17 giugno 2021.

RITENUTO

CHE:

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la nullità della sentenza per motivazione contraddittoria, ex art. 360 c.p.c., n. 4. Il ricorrente deduce che il giudice d’appello ha in un primo momento affermato che la retrocessione di crediti non rientra nella fattispecie’ assoggettate a IVA per poi inspiegabilmente richiamare il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 3.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 3 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40.

Il ricorrente deduce che la retrocessione del credito è pur sempre attinente alla operazione di factoring perché ne costituisce un sopravvenuto aspetto negoziale; di conseguenza anche per questa fase trova applicazione il principio di alternatività con l’IVA di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40.

2.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati.

Appare pacifico tra le parti, e così si esprime anche l’Agenzia nel controricorso, che l’atto tassato è una risoluzione consensuale parziale di una pre’cedente cessione di crediti tra le stesse parti, riconducibile ad un factoring.

Si deve quindi osservare che ad una pluralità di rogiti, tra le stesse parti, non sempre corrisponde una pluralità di rapporti giuridici; è ben possibile infatti che per disciplinare un unico rapporto giuridico o per rimuovere le incertezze sulle vicende del medesimo si renda necessario stipulare più atti, ad esempio per inserire modifiche al contratto originario, ovvero per dare atto dell’avverarsi di una condizione, per accertare e riconoscere un effetto estintivo, per regolare restituzioni e rimborsi (Cass. 14550/2021).

Il giudice deve indagare la comune intenzione delle parti muovendo dal testo del contratto e tenendo presente che le clausole si interpretano l’una per mezzo delle altre (1362, 1363 c.c.); ciò significa che il giudice di merito non si può esimere da una lettura complessiva del contratto, in particolare’ quando talune clausole sono essenziali per comprendere la natura del contratto o comunque della operazione posta in essere dalle parti.

Ciò premesso si osserva che parte ricorrente lamenta che il giudice d’appello non abbia considerato la unicità dell’operazione, peraltro rendendo una motivazione contraddittoria, e che così come si applica il principio della alternatività tra IVA e registro al primo contratto, la stessa regola deve applicarsi anche al secondo, posto che il rapporto di finanziamento (factoring) essendo in astratto soggetto ad IVA, non sconta l’imposta proporzionale di registro (Cass. 29385/2019).

Il contratto di factoring presenta invero una serie di varianti e clausole differenziate in relazione alle particolari esigenze dei contraenti, ma il suo nucleo fondamentale e costante è costituito da un accordo in forza del quale un’impresa specializzata, il factor, si obbliga ad acquistare oppure acquista la totalità o parte dei crediti di cui un imprenditore è o diventerà titolare; il factor paga i crediti ceduti secondo il loro importo nominale decurtato di una commissione che costituisce il corrispettivo dell’attività da esso prestata; il factor può acquistare i crediti pro soluto (assumendosi il rischio dell’insolvenza dei debitori) o pro solvendo; in caso di mancata esazione dei crediti – se è stata convenuta, come ordinariamente prevede la L. 21 febbraio 1991, n. 52, art. 4 la garanzia della solvenza del debitore – il fornitore è tenuto al rimborso delle anticipazioni ricevute oltre le spese di gestione e le relative commissioni per l’opera prestata (Cass. 16850/2017; Cass. n. 10004/2003Cass., n. 684/2001; Cass. n. 9875/2020).

La cessione di credito è quindi lo strumento formale adoperato nel contratto di factoring, con la particolarità che la garanzia della solvenza del debitore è eventuale nella disciplina codicistica della cessione, mentre costituisce un naturale negotii del factoring secondo quanto dispone la L. n. 52 del 1991, art. 4; ma pur tuttavia la disciplina fondamentale di questo strumento rimane identica, in particolare, se il cessionario – factor si avvale della garanzia di solvenza, si produce la risoluzione della cessione ed il cedente – fornitore riacquista la piena titolarità del credito, mentre il factor può chiedere la restituzione dell’anticipo versato (Cass. 2746/2007).

Da ciò consegue che ha errato la CTR a non verificare, in base quanto può desumersi dallo stesso atto tassato, se si tratta di un’unica operazione negoziale. Ove il secondo rogito non fosse altro che un sopravvenuto aspetto negoziale, dipendente da quanto già previsto nel primo, anche il secondo atto parteciperebbe della stessa natura del primo. Si sarebbe cioè in presenza di un unico contratto in cui la mancata esazione del credito, ovvero altre circostanze già oggetto della programmazione negoziale originaria, determinano la restituzione del credito al cedente (formalizzata nel secondo contratto).

Questo il tema di indagine che la CTR non ha approfondito; deve però precisarsi che questa indagine va compiuta, ai fini che qui interessano e cioè l’imposta di registro, nel rigoroso rispetto del D.P.R. n. 131 del 1086, art. 20 e cioè “sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo”; ciò però non toglie che si possa indagare sul collegamento tra il primo e il secondo atto nei limiti in cui lo consente l’atto oggi sottoposto a tassazione (Cass. n. 14550/2021).

Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, da remoto, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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