LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CASSANO Margherita – Presidente Aggiunto –
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente di Sez. –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8894/2020 proposto da:
R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ELISABETTA DI MATTEO;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
e contro
PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA REGIONE LOMBARDIA DELLA CORTE DEI CONTI;
– intimata –
avverso la sentenza n. 303/2019 della CORTE DEI CONTI – II SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 02/09/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere ENRICO SCODITTI.
RILEVATO
che:
sulla base dell’atto di citazione della Procura regionale, la Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti per la Regione Lombardia condannò, a seguito di giudicato penale di condanna alla pena di anni due e mesi nove di reclusione per falso ideologico e truffa, R.G., rimasto contumace, al pagamento in favore della Regione Lombardia della complessiva somma di Euro 112.435,00, di cui Euro 83.781,00 per danno arrecato in concorso in relazione ad indebito finanziamento regionale ed Euro 28.644,00 per spese indebitamente percepite quale consigliere regionale. Avverso detta sentenza propose appello il R.. Con sentenza di data 2 settembre 2019 la Sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti rigettò l’appello.
Osservò il giudice di appello, per quanto qui rileva, che con riferimento ai rimborsi ottenuti quale consigliere regionale per un verso sussistevano i presupposti della responsabilità dati dal rapporto di servizio con una pubblica amministrazione e la gestione del denaro da questa erogato, per l’altro ricorreva il sindacato della giurisdizione contabile stante la natura pubblica delle risorse erogate ai gruppi consiliari e l’irrilevanza del principio di insindacabilità di opinioni e voti di cui all’art. 122 Cost., comma 4. Aggiunse che valida era la notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, notifica perfezionatasi a mezzo di compiuta giacenza” come da cartolina di ricevimento prodotta dalla procura, e che inammissibile era l’eccezione di prescrizione parziale del danno da rimborso delle spese consiliari, trattandosi di eccezione sollevata per la prima volta in appello stante la contumacia in primo grado (eccezione comunque infondata per la decorrenza della prescrizione dal rinvio a giudizio). Osservò ancora, sempre con riferimento al rimborso delle spese consiliari, che, come affermato dalla sentenza penale irrevocabile di condanna, pacifica la circostanza della presentazione delle fatture per il rimborso quando non ancora pagate, rilevava la circostanza del conseguimento di somma in assenza di effettivo esborso, con l’aggiunta che il giudicato penale aveva accertato che la somma di Euro 20.000,00 era stata versata a titolo di partecipazione occulta in Lago di Como s.r.l. e non già a saldo della fattura presentata. Aggiunse infine che costituiva eccezione in senso stretto, inammissibile in quanto proposta per la prima volta in appello, la circostanza dell’inesistenza del danno erariale per i pretesi vantaggi che sarebbero stati percepiti dal Comune di Menaggio per effetto dell’integrale destinazione del finanziamento erogato alla realizzazione dei lavori sull’area di proprietà comunale.
Ha proposto ricorso per cassazione R.G. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso il Procuratore generale presso la Corte di Conti. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. Il Pubblico Ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo si denuncia difetto di giurisdizione ai sensi della L. n. 20 del 1994, art. 1 e L. n. 174 del 2016, art. 1. Osserva la parte ricorrente che non vi è danno erariale, quanto al finanziamento regionale perché integralmente utilizzato per i lavori nell’area di proprietà del Comune di Menaggio che ha così visto aumentare il valore del proprio patrimonio immobiliare, quanto al rimborso delle fatture perché il giudice penale si era arrestato alla circostanza meramente formale della presentazione per il rimborso prima dell’effettivo pagamento delle prestazioni indicate e perché l’importo di Euro 20.000,00 era stato effettivamente destinato al pagamento dei documenti contabili.
Con il secondo motivo si denuncia violazione delle regole del giusto processo. Osserva il ricorrente che la notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado è nulla per l’omesso recapito e l’omessa produzione in giudizio della comunicazione di avvenuto deposito, da cui la nullità della sentenza di primo grado.
Il primo ed il secondo motivo, da trattare unitariamente in quanto affetti dal medesimo vizio, sono inammissibili. Costante è la giurisprudenza di queste Sezioni Unite nel senso che il sindacato di legittimità sulle decisioni della Corte dei Conti è limitato alle sole ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione e non si estende ad asserite violazioni di legge, sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (fra le tante da ultimo Cass. Sez. U. n. 15573 del 2021; n. 19675 del 2020; n. 19085 del 2020). Entrambi i motivi attengono ad un error in iudicando, che in questa sede è oggetto di specifica impugnazione, il primo quanto all’esistenza del danno erariale, il secondo quanto alla ritenuta validità da parte del giudice di appello della notifica della citazione introduttiva del giudizio di primo grado.
Con il terzo motivo si denuncia difetto di giurisdizione per insindacabilità dell’uso dei fondi regionali. Osserva il ricorrente, in ordine all’importo di Euro 28.644,00 per spese relative ai fondi dei gruppi consiliari regionali, che ricorrono l’insindacabilità ai sensi dell’art. 122 Cost., comma 4 e l’autonomia contabile ed organizzativa dei Consigli regionali con riferimento all’approvazione dei bilanci e rendiconti, autonomia sottratta quindi alla giurisdizione contabile e con spettanza invece all’Ufficio di Presidenza del potere di accertamento e recupero delle somme indebitamente rimborsate.
Con il quarto motivo si denuncia difetto di giurisdizione ai sensi della L. n. 20 del 1994, art. 1 e L. n. 174 del 2016, art. 1. Osserva la parte ricorrente, con riferimento all’importo relativo ai rimborsi, che è insussistente la giurisdizione contabile sia per la carenza del rapporto di servizio con la PA che per la natura privatistica dei gruppi consiliari. Aggiunge che per le istanze di rimborso del 2005-2006 ricorre la prescrizione, decorrendo il relativo termine dalla realizzazione del presunto danno.
Il terzo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente, sono infondati.
In ordine alla gestione delle somme erogate a titolo di contributi pubblici ai gruppi consiliari, i capigruppo dei Consigli regionali e tutti i consiglieri regionali restano assoggettati alla responsabilità amministrativa e contabile, senza che rilevi la disciplina regionale (nella specie, L.R. Lombardia n. 17 del 1992) che preveda l’approvazione dei rendiconti da parte dell’Ufficio di Presidenza, poiché il voto dato in tali sedi rappresenta una ratifica formale di spese già effettuate dai gruppi e non già un atto deliberativo che ne costituisce “ex ante” il titolo giustificativo, conducendo l’opposta interpretazione al risultato – abnorme e contrario alla natura eccezionale della guarentigia di cui all’art. 122 Cost., comma 4 – di configurare, del tutto ingiustificatamente, una tutela della insindacabilità delle opinioni dei consiglieri regionali più ampia di quella apprestata per i parlamentari nazionali (Cass. Sez. U. n. 19171 del 2020). La gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali è soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità erariale, sia perché a tali gruppi – pur in presenza di elementi di natura privatistica connessi alla loro matrice partitica – va riconosciuta natura essenzialmente pubblicistica, in quanto strumentale al funzionamento dell’organo assembleare da essi svolta, sia in ragione dell’origine pubblica delle risorse e della definizione legale del loro scopo, senza che rilevi il principio dell’insindacabilità di opinioni e voti ex art. 122 Cost., comma 4, non estensibile alla gestione dei contributi.
L’accertamento rimesso in tale ambito alla Corte dei Conti comprende la verifica di difformità delle attività di gestione del contributo erogato al gruppo consiliare rispetto alle finalità, di preminente interesse pubblico, che allo stesso imprime la normativa vigente, debordando dai limiti esterni della giurisdizione contabile solo allorché investa l’attività politica del presidente del gruppo consiliare o le scelte di “merito” dal medesimo effettuate nell’esercizio del mandato, e non quando invece si mantenga nell’alveo di un giudizio di conformità alla legge dell’azione amministrativa, ai sensi della L. n. 20 del 1994, art. 1 (Cass. Sez. U. n. 5589 del 2020; n. 21927 del 2018). La funzione di autorganizzazione interna del Consiglio regionale – della quale costituiscono espressione gli atti che riguardano direttamente l’organizzazione degli uffici e dei servizi, nonché le modalità di svolgimento dell’attività dell’assemblea – partecipa sì delle guarentigie apprestate dall’art. 122 Cost., comma 4, a tutela dell’esercizio delle primarie funzioni (legislativa, di indirizzo politico e di controllo) delle quali l’organo regionale di rappresentanza politica è investito, onde preservarle dall’interferenza di altri poteri, ma la prerogativa dell’insindacabilità non determina l’esenzione dalla giurisdizione (spettante in via tendenziale alla Corte dei Conti) in tema di responsabilità per maneggio di denaro pubblico, non estendendosi all’attività materiale di gestione delle risorse finanziarie, che resta assoggettata all’ordinaria giurisdizione di responsabilità civile, penale e contabile, anche in ragione della non assimilabilità delle assemblee elettive regionali a quelle parlamentari (Cass. Sez. U. n. 5590 del 2020).
Inammissibile è infine la censura relativa alla questione della prescrizione per l’evidente inerenza ad un error in iudicando.
Non v’e’ luogo a pronuncia sulle spese in relazione alla natura di parte solo in senso formale del Procuratore generale della Corte dei Conti (cfr. Cass. sez. U. n. 5589 del 2020).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021