Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.33001 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CASSANO Margherita – Presidente Aggiunto –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sezione –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sezione –

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9932/2021 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

– intimati –

contro

D.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLO MADDALENA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 28/2021 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 10/03/2021;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere ENRICO SCODITTI;

lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale RENATO FINOCCHI GHERSI, il quale chiede che la Corte accolga il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Sulla base di richiesta del Ministro della Giustizia (a seguito della trasmissione di richiesta di archiviazione relativa a procedimento per il reato di cui all’art. 416 c.p., comma 2), quanto al primo capo di incolpazione, e del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, quanto al secondo capo, è stato aperto il procedimento disciplinare nei confronti del Dott. D.M.M., all’epoca dei fatti sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di *****, sulla base delle due seguenti incolpazioni ai sensi del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1, e art. 2, comma 1, lett. d), e relative ad incontro avvenuto con l’avv. Calafiore nel proprio ufficio in data 16 maggio 2017:

a) riceveva informazioni dall’avv. Calafiore in merito ad una conferenza stampa tenuta dalla consigliera comunale P.S. nel corso della quale erano state rivelate pubblicamente informazioni su altri pubblici ministeri in servizio presso la Procura di Siracusa ed in merito alle imminenti presentazione di un’interrogazione parlamentare, pubblicazione su rivista e segnalazione al Consiglio Superiore della Magistratura relative ai predetti magistrati, fornendo al contempo all’avv. Calafiore valutazioni ed informazioni riservate in ordine alle determinazione che avrebbe dovuto assumere, nell’esercizio della sua attività di pubblico ministero, circa una relazione di servizio relativa alla suddetta P. e ad un procedimento pendente per truffa e mancato pagamento IVA, nonché informazioni circa la trattazione di un fascicolo in udienza che preludeva a commenti circa l’idoneità del Dott. S., designato per l’udienza, a svolgere l’incarico di presenziarla, e circa la strategia da assumere con i colleghi della Procura in merito all’eventuale riunione di fascicoli di indagine;

b) riferiva all’avv. Calafiore che per i “fogli di G.” “lui (intendendo il Procuratore Capo) aveva dato mandato a S….”, aggiungendo ” S. è uno che insomma…cerca sempre di togliersele le rogne…se c’e’ la strada facile…se si può mandare a ***** non so come manda tutto a *****…lo so…lui cercherà in tutti i modi…(risata)…di…trovare una soluzione…perché va in crisi…(risata)…” e successivamente ” S. a me pare che sia quello che…Ponzio Pilato…meno rogne e’…meglio e’…se n’e’ andato in crisi per…perché dovevo astenermi dal…dai fascicoli…e si no non è che sono sfaccendato lo ho trovato i fascicoli eccetera cose…li posso mandare tutti a *****?…certo lo mi astengo…poi decidi tu do-ve…dove mandarli…a ***** a ***** a ***** dove li vuoi mandare che me ne frega…”.

2. Con sentenza di data 10 marzo 2021 la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha irrogato per il capo a) la sanzione disciplinare della censura e ha assolto il D.M. dal capo b) per essere rimasto escluso l’addebito.

Ha osservato la Sezione Disciplinare, per quanto qui rileva, che in relazione al primo capo di incolpazione, considerata la conversazione nel contesto particolarissimo degli uffici giudiziari di Siracusa, con in corso le indagini per associazione a delinquere nei confronti, oltre che del Calafiore, anche fra gli altri di un sostituto della Procura di Siracusa, ed in presenza di una palese contrapposizione all’interno del medesimo ufficio di Procura, ricorreva il comportamento gravemente scorretto nei confronti del Procuratore e dei sostituti procuratori dell’ufficio, soprattutto, ma non solo, nei confronti di quelli direttamente coinvolti nella campagna di denigrazione in atto. Ha aggiunto che invece con riferimento al secondo capo dell’incolpazione le risultanze istruttorie imponevano di “formulare un giudizio di insussistenza dell’illecito ascritto. Ciò in quanto le considerazioni espresse dal Dott. D.M. nel corso del dialogo, in relazione ad alcune condotte del Dott. S., seppur sicuramente non connotate da correttezza, non appaiono integrare il requisito della gravità necessaria per l’integrazione dell’illecito disciplinare contestato”.

3. Ha proposto ricorso per cassazione il Ministro della Giustizia sulla base di due motivi. Si è proceduto in camera di consiglio ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, e del D.L. n. 105 del 2021, art. 7. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte. E’ stata depositata memoria per il magistrato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). Osserva la parte ricorrente che l’assoluzione relativa al secondo capo ha carattere apodittico, essendo contraddetto l’assunto della mancanza della gravità necessaria dalla stessa ricostruzione del fatto operata dalla sentenza. Precisa che le valutazioni svolte dal Dott. D.M. costituiscono apprezzamenti negativi, di dileggio del collega, suo Procuratore aggiunto, alla presenza di un avvocato frequentatore assiduo dell’ufficio giudiziario, suscettibili di uscire dalla sfera dell’interlocuzione privata e di condizionare le relazioni con i soggetti destinatari delle esternazioni negative ed integranti pertanto la grave scorrettezza nei confronti di altri magistrati di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. d).

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. d), ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b). Osserva la parte ricorrente che il comportamento del Dott. D.M. è stato “gravemente” scorretto sul piano disciplinare perché le valutazioni da costui svolte costituiscono apprezzamenti negativi, di dileggio del collega, suo Procuratore aggiunto, indicato con frasi poco lusinghiere indicative di scarse capacità professionali e di inconsistenza caratteriale, alla presenza di un avvocato frequentatore assiduo dell’ufficio giudiziario.

3. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

Va preliminarmente rilevata la tempestività del ricorso. La sentenza della Sezione Disciplinare è stata depositata in data 10 marzo 2021, la comunicazione al Ministero della Giustizia è avvenuta in data 24 marzo 2021 ed il ricorso è stato proposto da quest’ultimo in data 14 aprile 2021. Deve considerarsi che il ricorso è stato proposto con riferimento a capo d’incolpazione non formulato dal medesimo ricorrente, ma dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Benché l’azione disciplinare sia stata promossa dal Ministro per un capo d’incolpazione diverso da quello per cui risulta proposto l’odierno ricorso, il termine per la proposizione del ricorso decorre tuttavia dalla comunicazione della sentenza disciplinare ai sensi del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 19, perché, per effetto della trattazione all’interno del medesimo giudizio disciplinare anche dell’incolpazione formulata dal Ministro della Giustizia, si è realizzata una fattispecie di unitarietà del procedimento e della relativa decisione. Anche alla luce del principio, da intendere immanente al sistema, secondo cui nell’ipotesi di diversità di decorrenze opera il termine che scade per ultimo, non può aversi, a fronte dell’unità del giudizio disciplinare, una disomogeneità dei termini di decorrenza per la proposizione dell’impugnazione ed il termine non può che essere pertanto quello decorrente dalla comunicazione della sentenza.

3.1. Passando allo scrutinio dei motivi, deve subito evidenziarsi che è in questione l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni rappresentato dai “comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori” (D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. d)). Nel caso di specie l’incolpazione concerne un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altro magistrato dell’ufficio giudiziario. Come affermato dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite, la nozione di “grave scorrettezza” ha il carattere elastico proprio della clausola generale, per cui ad essa deve essere data concretezza alla luce dei principi che sottendono la disposizione e del contesto storico-sociale in cui la disposizione deve trovare operatività (Cass. Sez. U. n. 31058 del 2019; n. 29823 del 2020).

La motivazione relativa al secondo capo di incolpazione, ed il relativo giudizio svolto dalla Sezione Disciplinare, vanno valutati con riferimento alla motivazione ed il relativo giudizio concernenti il primo capo di incolpazione. Non a caso il passaggio motivazionale rilevante esordisce con un “invece” quanto alle considerazioni da svolgere in relazione al secondo capo, dopo l’esame e la conclusione in termini di gravità della scorrettezza della condotta contestata con il primo capo di incolpazione. La scorrettezza colta nel comportamento contestato con il secondo capo appare, alla stregua della motivazione della decisione impugnata, priva del requisito della gravità, proprio alla luce del raffronto con la ben altra rilevanza delle condotte prima esaminate. Si comprende così il carattere succinto della motivazione la quale, contrariamente a quanto si denuncia con il primo motivo, appare congrua e coerente, proprio perché sufficiente, nella logica motivazionale della decisione, si mostra il confronto con la condotta contestata al primo capo.

3.2. Con il secondo motivo si censura il contenuto del giudizio, che è stato nel senso della scorrettezza ma non grave e dunque non tale da integrare l’illecito disciplinare. Con riferimento al giudizio di responsabilità resta scrutinabile in sede di legittimità solo la corretta interpretazione ed applicazione del criterio di valutazione, perché invece, secondo il costante indirizzo di queste Sezioni Unite, la valutazione tanto della gravità dell’illecito (anche in ordine al riflesso del fatto oggetto dell’incolpazione sulla stima del magistrato, sul prestigio della funzione esercitata e sulla fiducia nell’istituzione), quanto della adeguatezza della sanzione rientra tra gli apprezzamenti di merito attribuiti alla Sezione Disciplinare, il cui giudizio per questo aspetto è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione non attinta da vizio (da ultimo Cass. Sez. U. n. 20385 del 2021; più risalenti Cass. sez. U. n. 8615 del 2009 e n. 26825 del 2009).

Anche ai fini dello scrutinio del parametro normativo, cui il fatto accertato è stato ricondotto, soccorre il raffronto con la statuizione relativa al primo capo di incolpazione, in quanto unico ed omogeneo appare il criterio di giudizio adoperato in relazione ai due capi. Il parametro del dovere di correttezza nei confronti degli altri magistrati è stato inteso, avuto riguardo allo specifico contesto dell’ufficio giudiziario siracusano, come orientato al buon andamento dell’ufficio giudiziario ed alla preservazione della sua unitarietà funzionale. Di tale criterio ha fatto correttamente uso la Sezione Disciplinare anche con riferimento al secondo capo di incolpazione, valutando, in base ad un apprezzamento insindacabile nei limiti sopra segnati, il comportamento, evidentemente di dileggio del collega, come scorretto, ma non “gravemente” scorretto, tale cioè da integrare l’illecito disciplinare.

4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Dott. D.M.M., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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