LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 19606/2018 proposto da:
P.T., elettivamente domiciliato in Roma, alla via F. Denza n. 20, presso lo studio dell’avvocato Rosa Laura, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Del Federico Lorenzo;
– ricorrente –
contro
Intesa San Paolo S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, domiciliata in Roma, alla piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Basso Paolo;
– controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 485/2018 della CORTE d’APPELLO di TORINO, depositata il 15/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/05/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
1) P.T., quale mutuatario in tre diversi contratti di mutuo fondiario, ricorre, con atto affidato a sette motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino, n. 485 del 15/03/2018, che ha rigettato l’opposizione a precetto – che era stata accolta parzialmente dal Tribunale di Verbania in primo grado, che aveva ridotto l’importo della somma precettata di oltre ventimila Euro (da Euro 92.360, 19 a Euro 69.853,29) – e lo ha condannato alla rifusione delle spese di lite in favore della banca opposta, Intesa San Paolo S.p.a..
Resiste con controricorso, con il quale propone ricorso incidentale condizionato, Banca Intesa San Paolo S.p.a..
P.T. ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato.
Il P.G. non ha presentato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria, nella quale ha ribadito le proprie prospettazioni.
Vi è stato deposito di memoria da parte di Penelope SPV S.r.l..
2) All’adunanza camerale del 4 maggio 2021, svoltasi con le modalità di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3) In via preliminare ritiene il Collegio che non possa tenersi conto della memoria depositata dalla Penelope SPV S.r.l., con il patrocinio dell’avvocato Paolo Basso, in quanto detta società non è stata parte in giudizio nelle precedenti fasi, né risulta qualificata quale mandataria della Banca Intesa San Paolo S.p.a., della quale assume le difese nella detta memoria.
4) Il ricorso principale censura come segue la sentenza della Corte territoriale.
4.1) Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 28 febbraio 2001, n. 24, nonché dell’art. 1815, comma 2, artt. 1419 e 1339, per avere i giudici dell’appello ritenuto che, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi nel corso dello svolgimento del rapporto la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. 7 marzo 1996, n. 108, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge.
4.2) Il secondo mezzo afferma violazione di omesso esame di un fatto decisivo per la risoluzione del giudizio e oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere i giudici dell’appello tenuto in considerazione la pattuizione usuraria contenuta egli atti ricognitivi intervenuta successivamente all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996.
4.3) Il terzo motivo pone censura di violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2, nella formulazione applicabile ratione temporis, per non essersi la Corte di Appello avveduta del fatto che la fattispecie era disciplinata dall’art. 1815, comma 2, così come formulato anteriormente alle modifiche apportate dalla L. n. 108 del 1996.
4.4) Il quarto motivo mezzo afferma violazione di omesso esame di un fatto decisivo per la risoluzione del giudizio e oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere i giudici dell’appello tenuto in considerazione, ai fini del divieto della pratica dell’anatocismo la pattuizione nuova contenuta negli atti ricognitivi intervenuta successivamente alla entrata in vigore della L. n. 108 del 1996.
4.5) Il quinto mezzo prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 1283 c.c. e art. 120 Testo Unico Bancario (TUB in prosieguo) nella formulazione applicabile ratione temporis, per avere i giudici dell’appello ritenuto infondata l’eccezione di illegittima applicazione di interessi anatocistici, sul presupposto dell’applicabilità ai mutui de quibus in quanto stipulati in data antecedente al 01/01/1994, data di entrata in vigore del TUB, del D.P.R. 21 gennaio 1976, art. 14 e della L. 6 giugno 1991, n. 175, art. 16, così come avviene ai sensi del R.D.L. 16 luglio 1905, n. 646, n. 646, art. 38, per il quale il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento.
4.6) Il sesto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 117 TUB, nella formulazione applicabile ratione temporis, per avere i giudici dell’appello ritenuto infondata l’eccezione di nullità per omessa indicazione del TAEG/ISC sul presupposto della stipulazione dei mutui de quibus anteriormente all’entrata in vigore del TUB, non considerando le scritture di ricognizione di somme e variazione dell’ammortamento come nuova pattuizione in punto d’interessi.
4.7) Il settimo, e ultimo, mezzo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1346,1284 c.c. e art. 117 TUB per avere i giudici della Corte d’Appello ritenuto infondata l’eccezione di indeterminatezza degli interessi applicabili, con conseguente invalidità dei contratti di mutuo per violazione dell’art. 1346 c.c., essendo innanzitutto espunto il riferimento alla disciplina dell’art. 117 TUB – in quanto non applicabile a contratti di mutuo stipulati precedentemente all’entrata in vigore del TUB – e perché la regolamentazione contrattuale così prevista (contratto + Allegato B e C) risulterebbe estremamente analitica e specifica.
5) Il ricorso incidentale, condizionato, di Banca Intesa San Paolo S.p.a., deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 164 e 183 c.p.c., in quanto la citazione introduttiva dell’opposizione in primo grado conteneva specifiche censure soltanto con riferimento ad uno dei contratti di mutuo, mentre le censure relative alla presunta usura ed anatocismo erano esposte soltanto con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c..
6) E’ opportuno, preliminarmente, precisare che i contratti di mutuo fondiario sono stati tutti stipulati prima dell’entrata in vigore del TUB – precisamente tra il 1988 e il 01/10/1993, come dedotto in controricorso – la cui data di iniziale vigenza è quella del 01/01/1994, sia dell’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996.
6.1) Le sole rinegoziazioni dei detti contratti, denominate “atti di ricognizione di somma e variazione dell’ammortamento del mutuo”, sono avvenute successivamente all’entrata in vigore dei due detti provvedimenti legislativi, ossia negli anni 2000 e 2001.
7) I sette motivi del ricorso principale sono tutti fattuali, ovvero affermano l’applicabilità ai tre contratti di mutuo fondiario, tutti conclusi prima dell’entrata in vigore sia del TUB che della L. n. 108 del 1996, dei detti provvedimenti legislativi, e comunque sono affetti da aspecificità laddove chiedono il riesame degli atti di novazione dei mutui (atti di rinegoziazione, dei quali uno solo viene riportato, peraltro non per intero ma a stralcio, in ricorso), salvo poi affermare che essi non avevano efficacia novativa e chiedono, esplicitamente, ma senza offrirne adeguato supporto una radicale rivisitazione della giurisprudenza nomofilattica (di cui a Sez. U. n. 24675 del 19/10/2017 Rv. 645811 – 01) “Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”.
7.1) Le prospettazioni di cui al ricorso, carenti, come scritto, in punto di specificità e di allegazione, non consentono di rimettere nuovamente la questione alle Sez. U., e ciò anche in considerazione della giurisprudenza nomofilattica sopravvenuta alla proposizione del ricorso (segnatamente Sez. U. n. 19597 del 18/09/2020), potendosi, allo stato, affermare, sulla base della ricognizione della giurisprudenza dell’ultimo quinquennio, che:
la L. n. 108 del 1996, non è applicabile ai contratti di mutuo stipulati prima della sua entrata in vigore;
qualora il tasso degli interessi (siano essi corrispettivi o moratori), lecito al momento della pattuizione, diventa successivamente usurario, per effetto della variazione del tasso stesso (in quanto pattuito in misura variabile), ovvero per effetto della variazione del tasso-soglia, ciò non incide sulla pattuizione degli interessi e non trova, comunque, applicazione la L. n. 108 del 1996;
qualora il tasso di interessi corrispettivi è usurario già al momento della stipulazione, non sono dovuti gli interessi corrispettivi, né nella misura pattuita né in misura legale e, infine, se il tasso degli interessi moratori è usurario già al momento della pattuizione, sono dovuti gli interessi di mora al saggio previsto per i corrispettivi.
7.2) Nel caso di specie difettano pressoché tutte le condizioni per ritenere l’usurarietà degli interessi applicati, né le allegazioni di cui ai motivi di ricorso, connotate da forte aspecificità, anche in punto di estesa individuazione dei patti di rinegoziazione, dei quali uno solo è riportato per estratto, comportano l’infondatezza, se non l’inammissibilità dei motivi dal primo al quarto.
7.3.) Il quinto motivo e’, vieppiù, inammissibile, in quanto non è in alcun modo indicato dove e quando la questione che esso pone era stata prospettata nelle fasi di merito. Esso, peraltro, alla pag. 36, contiene un’espressione contraddittoria, laddove afferma: “Inoltre non vi è espressa pattuizione in quanto e per espressa previsione contrattuale, gli atti ricognitivi non hanno valenza novativa”, in contrasto con quanto affermato in altri punti del ricorso sull’efficacia novativa degli accordi di rinegoziazione.
7.4) Il sesto motivo è pure inammissibile, in quanto pretende l’applicazione dell’art. 117 del TUB agli atti di rinegoziazione, stipulati dopo la sua entrata in vigore, ma questa volta definitivi quali aventi efficacia novativa.
7.5) Il settimo, e ultimo, mezzo, cade sullo stesso punto del precedente, in quanto chiede l’applicazione dell’art. 117 TUB ad atti che lo stesso ricorrente è incerto se considerare quali novativi o meno.
7.6) La Corte territoriale ha affermato anche che, al contrario di quanto prospettato dal P., nell’allegato al contratto di mutuo n. rep. 244106, era individuato specificamente il tasso di interesse applicato al rapporto, con conseguente ulteriore incongruenza della denuncia di indeterminatezza, formulata ai sensi dell’art. 1346 c.c.;
8) Il ricorso principale, nel riscontro di ipotesi di inammissibilità e infondatezza dei motivi, deve, pertanto, essere rigettato.
9) Il rigetto del ricorso del P. preclude l’esame dell’incidentale di Intesa San Paolo S.p.a., espressamente definito condizionato dalla stessa parte che lo propone.
10) In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato. 10.1) Il ricorso incidentale condizionato rimane, quindi, assorbito.
11) Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente principale e, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale, sono liquidate come da dispositivo.
12) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali, nei confronti delle ricorrenti, per il versamento dell’ulteriore importo per contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 7.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 4 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021
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