Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.33008 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20655/2019 proposto da:

M.E.C., in proprio e in qualità di genitore esercente la responsabilità sulla figlia minore D.E., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO GALASSO, che la rappresenta e difende, ammessa al beneficio del GRATUITO PATROCINIO a spese dello STATO;

– ricorrente –

e D.F., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VALERIA VIRDIS, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERO – UNIVERSITARIA DI *****, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato CECILIA MARIA VITTORIA MASALA, rappresentata e difesa dall’avvocato CESARE BOSCHI;

– controricorrente –

e I.L., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato MARCO NESOTI, rappresentata e difesa dall’avvocato PIERFRANCESCO CUBEDDU;

– controricorrente –

e contro

ALLIANZ S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2019 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 26/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI Annamaria, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi i difensori delle parti.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 26/4/2019, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da D.F. e M.E.C., in proprio e quali genitori della minore D.E., per la condanna dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di ***** e di I.L. al risarcimento dei danni subiti dagli attori in conseguenza del gravissimo danno encefalico sofferto dalla piccola D.L., sorella gemella di E., a causa di un’acuta e prolungata asfissia manifestatasi nel corso del parto.

2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza di alcuna responsabilità dei sanitari della struttura ospedaliera convenuta nella provocazione del danno encefalico subito dalla piccola D.L., attesa la diretta derivazione causale di tale danno, non già da una asfissia insorta intra partum, bensì da una preesistente disfunzione placentare cronica, nonché dallo stretto giro di funicolo intorno alla caviglia della piccola L. dovuta a patologie del cordone ombelicale non rilevabili strumentalmente, con la conseguente insussistenza di alcun profilo di rimproverabilità nella condotta nella specie seguita dai sanitari della struttura ospedaliera convenuta.

3. Avverso la sentenza d’appello, M.E.C., in proprio e nella qualità spiegata, e D.F. propongono ricorso per cassazione con due distinti atti, sulla base di tre motivi d’impugnazione ciascuno.

4. I.L. resiste con due distinti controricorsi, cui ha fatto seguito il deposito di successiva memoria.

5. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di ***** e l’Allianz s.p.a. (quest’ultima già chiamata in giudizio a fini di manleva) resistono con controricorso.

6. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di ***** e la Allianz s.p.a. hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Dev’essere preliminarmente rilevata l’opportunità di procedere congiuntamente all’esame dei due ricorsi proposti da M.E.C., in proprio e nella qualità spiegata, e da D.F., attesa la sostanziale sovrapposizione contenutistica dei due atti.

2. Con il primo motivo di ciascuna impugnazione, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente trascurato la considerazione delle circostanze di fatto, decisive ai fini della decisione, consistenti: 1) nella diversità delle caratteristiche del liquido amniotico della gemellina D.E., rispetto a quello della sorella L., a sostegno della insussistenza di alcuna sofferenza precedente il parto; 2) nella manifestazione della poroencefalia a carico della piccola L. solo venti giorni dopo la nascita, a sostegno della più probabile correlazione della stessa con una asfissia intra partum; 3) nel carattere silente del tracciato degli esami cardiotocografici effettuati negli ultimi diciotto giorni dalla gravidanza, a sostegno dell’insorgenza della sofferenza nel corso del parto; 4) nel rilevato benessere fetale e nel normale accrescimento delle gemelle diagnosticati dall’indagine ecografiche durante il ricovero prima del parto, a sostegno dell’esclusione di alcuna insufficienza placentare cronica; 5) nell’immediata diagnosi di asfissia intra partum formulata in occasione della nascita, a sostegno dell’esclusione di un danno verificatosi in epoca anteriore; 6) nell’annotazione, nella cartella clinica, dell’urgenza del parto cesareo, a sostegno del ricorso di un asfissia intra partum dovuta a colpa dei sanitari.

3. Il motivo è infondato, là dove non inammissibile.

4. Osserva preliminarmente il Collegio come, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi controversi rilevanti ai fini della legittimità della sentenza impugnata deve caratterizzarsi, tra gli altri requisiti, per la decisività dei fatti asseritamente omessi, ossia per l’effettiva idoneità degli stessi fatti, ove considerati, a orientare in termini sicuramente (e non già ipoteticamente) decisivi l’esito della decisione rimessa al giudice di merito.

5. Nel caso di specie, osserva il Collegio come gli odierni ricorrenti abbiano argomentato in modo improprio il carattere della “decisività” dei fatti asseritamente omessi nella sentenza impugnata, avendo inteso attribuire tale carattere ai fatti denunciati solo là dove interpretati nel modo in cui gli stessi ricorrenti auspicano.

6. E’ al contrario evidente come la decisività (cui allude il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5) non rilevi in alcun modo a seconda del modo in cui il fatto (asseritamente) omesso possa essere interpretato alla luce dell’intero quadro probatorio acquisito, bensì nella misura in cui valga a determinare, ove effettivamente considerato, una diversa decisione con carattere di certezza.

7. Ciò posto, rileva in ogni caso il Collegio come ciascuno dei fatti denunciati come omessi dall’esame del giudice d’appello sia stato viceversa preso in considerazione nella sentenza impugnata, e adeguatamente valutato nel quadro complessivo delle evidenze probatorie acquisite al giudizio.

8. La sentenza d’appello, infatti, considera: il fatto 1) alla pag. 8, là dove sottolinea come proprio il carattere tinto anche del liquido amniotico della gemella E., unitamente agli altri elementi indicati (come il basso indice di Apgar alla nascita della prima gemella), confermasse la sussistenza di una sofferenza preesistente al parto; il fatto 2) alla pag. 9, in cui sottolinea come l’esame ecografico del ***** (espressivo di un grave quadro di poroencefalia) fosse valso come elemento di riscontro di altre evidenze probatorie nel loro complesso convergenti nel riportare la sofferenza fetale a un momento anteriore al parto; il fatto 3) alla pag. 10, in cui sottolinea come il consulente tecnico d’ufficio di appello abbia tenuto conto del fatto che nel corso della gravidanza non fossero emersi segni di disordine materno fetale, ritenendoli tuttavia recessivi, sul piano espressivo, rispetto al valore dimostrativo di tutti gli altri indici considerati, e compatibili con la riconduzione della sofferenza fetale in epoca anteriore al parto, in considerazione della scarsa attendibilità della strumentazione diagnostica utilizzata (per le ragioni specificamente indicate); il fatto 4) alle pagg. 11 e 12, in cui si sottolinea come, se è vero che il tracciato cardiotocografico del 3/4/2008 non potesse definirsi patologico, lo stesso, tuttavia, non fosse neppure indicativo di benessere fetale, ponendosi al limite della soglia che separa il benessere fetale dal sospetto di sofferenza fetale, concludendo per la discutibile attendibilità generale dei tracciati cardiotocografici (per le ragioni specificamente indicate alle pagine 11 e 12).

9. Quanto infine ai fatti 5) e 6), i ricorrenti non ne articolano adeguatamente alcun carattere di decisività (nel senso sopra specificato) alla luce del complesso delle evidenze valorizzate dal c.t.u. d’appello e specificamente riportate in sentenza (cfr. pagg. 8, 9 e 13).

Tali premesse valgono a confermare come – lungi dal contestare l’omesso esame di fatti effettivamente decisivi controversi tra le parti – la censura in esame altro non consista se non in una proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa, in forza di una prospettiva critica non consentita in sede di legittimità.

10. Con il secondo motivo di ciascun ricorso, gli istanti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato una motivazione logicamente illogica, anche sotto il profilo scientifico, in relazione ai punti relativi: 1) alla convergenza del dato clinico relativo alle condizioni del liquido amniotico a sostegno dell’insussistenza di alcuna insufficienza placentare cronica; 2) all’individuazione del momento in cui si sarebbe inserito, sulla preesistente sofferenza, l’ulteriore insulto ischemico derivante dalla patologia del cordone ombelicale non visualizzabile ecograficamente; 3) all’inattendibilità dell’esame cardiotocografico quale mezzo diagnostico idoneo a rilevare la sofferenza fetale, con particolare riguardo all’asfissia da compressione del funicolo.

11. Il motivo è infondato.

12. Osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum.

13. A tale specifico riguardo, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;

14. In ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01).

15. Ciò posto, nel caso di specie, varrà rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico in relazione a ciascuno degli specifici punti indicati dagli odierni ricorrenti: in particolare, alla pag. 8 si dà conto (in termini logicamente comprensibili e adeguati) del significato della valutazione del liquido amniotico nelle due diverse sacche considerate; alla stessa pag. 8 si dà conto (in termini logicamente comprensibili e adeguati) del carattere aggiuntivo della patologia del cordone ombelicale (peraltro, di lunghezza inferiore alla norma), rispetto alla sofferenza determinata dalla preesistente patologia placentare; alle pagg. 11-12 si dà conto (in termini logicamente comprensibili e adeguati) della ragione dell’inattendibilità degli esami cardiotocografici.

16. L’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo in ciascuno di tali passaggi è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dalle ricorrenti.

17. Con il terzo motivo di ciascun ricorso, gli istanti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale posto a base della propria decisione una consulenza tecnica d’ufficio largamente lacunosa, con particolare riguardo alla mancata considerazione di importanti e decisivi fatti clinici allegati dagli attori, oltreché carente sotto il profilo scientifico e logico, senza considerare la circostanza secondo cui l’impossibilità della dimostrazione che il danno encefalico sofferto della piccola L. fosse dovuto a un’asfissia intra partum fosse dipesa dal fatto e dalla colpa esclusiva dei convenuti.

18. Il motivo è inammissibile.

19. Osserva il Collegio come, con il motivo in esame, i ricorrenti lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge richiamata – alleghino un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica dei ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione della norma richiamata sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente gli stessi nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo.

20. Varrà considerare, sul punto, come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza, con la conseguente oggettiva inidoneità delle censure in esame a dedurre la violazione dell’art. 2729 c.c., nei termini analiticamente indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 (v. in motivazione sub par. 4. e segg.).

21. Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa.

22. Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.

23. Ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

24. E’ peraltro appena il caso di rilevare come, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime) (Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640193 – 01).

25. Peraltro, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 – 01).

26. Nella specie, i ricorrenti, lungi dal denunciare il mancato rispetto, da parte del giudice a quo, del principio del libero apprezzamento delle prove (ovvero del vincolo di apprezzamento imposto da una fonte di prova legale), – ovvero lungi dall’evidenziare l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo idoneo a disarticolare, in termini determinanti, l’esito della scelta decisoria adottata o un vizio costituzionalmente rilevante della motivazione (entro lo schema di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) – si sono sostanzialmente limitati a denunciare un (preteso) cattivo esercizio, da parte della corte territoriale, del potere di apprezzamento del fatto sulla base delle prove selezionate, spingendosi a prospettare una diversa lettura nel merito dei fatti di causa, in coerenza ai tratti di un’operazione critica del tutto inammissibile in questa sede di legittimità.

27. Sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure avanzate con i ricorsi esaminati, dev’essere pronunciato il rigetto di entrambi i ricorsi.

28. L’obiettiva complessità degli accertamenti di fatto coinvolti dall’odierno giudizio giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

29. Dev’essere, viceversa, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascun ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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