LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4584-2016 proposto da:
L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 80, presso lo studio dell’avvocato SEVERINO GRASSI, rappresentato e difeso dall’avvocato OSVALDO GALIZIA;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S., – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA SCIPLINO, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1093/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 29/10/2015 R.G.N. 285/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/09/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 29.10.2015, la Corte d’appello dell’Aquila, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dall’ing. L.S. volta alla declaratoria dell’insussistenza del proprio obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS e di pagamento dei contributi dovuti nel periodo 2007-2008;
che avverso tale pronuncia l’ing. L.S. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, (conv. con L. n. 111 del 2011), per avere la Corte di merito ritenuto l’obbligatorietà della sua iscrizione alla Gestione separata INPS nel periodo in cui egli era stato dipendente di Net Engineering s.p.a. e nonostante avesse versato all’INARCASSA il contributo integrativo;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per non avere la Corte territoriale pronunciato sulla domanda subordinata dell’atto di appello concernente il calcolo delle sanzioni;
che il primo motivo è manifestamente infondato, essendo ormai consolidato il principio secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’INARCASSA, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirato la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, (conv. con L. n. 111 del 2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (Cass. n. 30344 del 2017, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 32166 del 2018 e 5826 del 2021);
che del pari infondato è il secondo motivo, atteso che dalla narrativa della sentenza impugnata è dato evincere che la domanda concernente il ricalcolo delle sanzioni è stata proposta per la prima volta in grado di appello (cfr. in particolare pag. 2 della sentenza cit., dove si legge che con l’atto di appello l’odierno ricorrente “ha riproposto l’eccezione di prescrizione quinquennale (…) e ha chiesto parametrarsi il trattamento sanzionatorio alla più lieve fattispecie dell’omissione contributiva”) e un vizio di omessa pronuncia del giudice di appello non è configurabile in relazione ad una domanda nuova, giacché la proposizione di una domanda inammissibile non determina l’insorgere di alcun potere-dovere del giudice adito di pronunciarsi su di essa (così Cass. nn. 2080 del 2001, 6094 del 2006, 7951 del 2010);
che il ricorso, pertanto, va rigettato;
che, essendosi consolidato il principio di diritto alla stregua del quale è stato rigettato il primo motivo in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021