Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33056 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3180/2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO;

– ricorrente –

contro

R.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCELLO DE VIVO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1533/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 04/08/2015 R.G.N. 1490/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/09/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 4.8.15, la corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza 27.11.12 del tribunale della stessa sede, ha accertato il diritto del signor R. alla reiscrizione degli elenchi lavoratori agricoli per giorni 141 per l’anno 2008.

In particolare, a fronte della decadenza dichiarata dal giudice di primo grado D.L. n. 7 del 1970, ex art. 22, convertito in L. n. 83 del 1970, la Corte territoriale ha rilevato l’applicazione della norma D.L. n. 112 del 2008, ex art. 24, convertito in L. n. 133 del 2008 e la reintroduzione della decadenza solo ad opera del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 5, convertito in L. n. 111 del 2011, laddove il disconoscimento del rapporto di lavoro era avvenuto quando non era più in vigore la norma dell’art. 22. Nel merito, ritenuto provato il rapporto di lavoro agricolo e non smentito dalle risultanze dell’accertamento ispettivo, la corte ha accolto la domanda della lavoratrice.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo, cui resiste la lavoratrice con controricorso.

Con unico motivo l’INPS deduce violazione degli artt. 22 e 24 su citati, della L. n. 246 del 2005, art. 38, comma 5 e del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 4, per avere la sentenza impugnata trascurato che l’abrogazione del D.L. n. 7, non riguardava le disposizioni in materia previdenziale ed assistenziale quali quelle che pongono la decadenza sostanziale.

Il motivo è infondato.

Occorre preliminarmente riepilogare il quadro normativo e la sua evoluzione del tempo, per effetto di interventi legislativi che hanno più volte modificato la materia.

Il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 24, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, rubricato “taglia leggi”, ha disposto che “sono… abrogate le disposizioni elencate nell’Allegato A e salva l’applicazione della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, commi 14 e 15”.

L’allegato A) richiamato contiene alla voce n. 2529 l’indicazione espressa della L. n. 83 del 1970, di conversione del D.L. n. 7 del 1970.

Il comma 14, richiamato prevede poi che “entro ventiquattro mesi il Governo è delegato ad adottare decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1 gennaio 1970, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, e che (14-ter), fatto salvo quanto stabilito dal comma 17, decorso un anno dalla scadenza del termine…. tutte le disposizioni legislative statali non comprese nei decreti legislativi di cui al comma 14, anche se modificate con provvedimenti successivi, sono abrogate”. Il comma 17 esclude da tale abrogazione le norme “in materia previdenziale”.

Ciò posto, l’abrogazione (e la delega) in questione non riguarda il decreto 7/70, in quanto non precedente al 1 gennaio 1970, né l’eccezione relativa prevista dal comma 17 può quindi esser presa in considerazione Del resto, le “disposizioni in materia previdenziale” sono state fatte salve solo rispetto alla abrogazione “implicita” di quel della L. n. 246 del 2005, art. 14, comma 14 ter (cui è estraneo per quanto detto il D.L. n. 7 del 1970), ma non rispetto alla abrogazione esplicita di cui del D.L. n. 112 del 2008, successivo art. 24: infatti la norma “taglia leggi”, nell’abrogare tutte le disposizioni contenute nell’allegato fa salva l’applicazione non del comma 17 (che riguardava la materia previdenziale esclusa dall’abrogazione implicita), ma solo della L. n. 246 del 2005, art. 14, commi 14 e 15.

La ratio di questo richiamo è dunque chiara: il legislatore del “taglia-leggi”, nel disporre l’abrogazione espressa di una pluralità di disposizioni, ha voluto far salvi della L. n. 246, commi 14 e 15, assegnando con tali commi al governo il compito di individuare eventuali disposizioni la cui permanenza in vigore poteva ritenersi indispensabile. Ora, la L. n. 83 del 1970, non è stata individuata da alcun D.Lgs. tra queste norme di cui si riteneva indispensabile la – permanenza in vigore, e dunque la relativa disciplina (inclusa quella del D.L. n. 7, che convertiva) deve ritenersi esplicitamente abrogato dalla norma “taglia-leggi”.

Va rilevato infine che il termine decadenziale in discorso è stato reintrodotto con il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 5, convertito in L. n. 111 del 2011, ciò che conferma l’abrogazione della norma nel periodo precedente, ad opera delle disposizioni su richiamate.

Ne deriva il rigetto del ricorso.

Spese secondo soccombenza, con distrazione in favore del procuratore del controricorrente, antistatario.

Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore del controricorrente, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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