LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25736-2018 proposto da:
M.R., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ROSA DI NARDO, GIUSEPPE PICONE;
– ricorrente –
contro
F.V., E.L., S.P., B.T.S.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3494/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2004 F.V. e B.T.S. convennero dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione di Aversa, M.R., S.P. e E.L., esponendo che:
-) avevano inviato alla società Mauli s.p.a. un assegno bancario, all’ordine di quest’ultima;
-) l’assegno era stato trafugato, contraffatto, e presentato all’incasso da E.L. nell’ufficio postale di Parete, che lo pagò;
-) l’operatore postale S.P., e il direttore dell’ufficio postale M.R., con l’ordinaria diligenza da essi esigibile si sarebbero agevolmente potuti avvedere della macroscopica contraffazione del titolo.
Chiesero pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento del danno derivante dall’illegittima negoziazione dell’assegno, pari ad Euro 6.000.
2. Con sentenza n. 4087/11 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere accolse la domanda nei soli confronti di E.L. e M.R..
La sentenza venne appellata da quest’ultimo.
3. Con sentenza 12 luglio 2018 n. 3494 la Corte d’appello di Napoli rigettò il gravame.
Ritenne la Corte d’appello che:
-) l’appellante aveva contestato la decisione di primo grado nella parte in cui ritenne la contraffazione del titolo agevolmente percepibile;
-) l’appellante, tuttavia, non aveva prodotto in grado di appello il titolo oggetto del contendere;
-) tale carenza impediva l’accertamento della fondatezza del gravame.
4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da M.R. con ricorso fondato su un solo motivo.
Nessuna delle parti intimate si è difesa in questa sede.
Il ricorso venne fissato e discusso una prima volta nell’adunanza camerale del 15.10.2020. All’esito, con ordinanza interlocutoria 4.3.2021 n. 6098, questa Corte ordinò all’attore il deposito dell’avviso di ricevimento della notificazione del ricorso a B.T.S., od in alternativa la rinnovazione della notifica alla suddetta parte.
L’adempimento è stato assolto ritualmente dal ricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente rilevato come, sebbene il ricorso per cassazione sia stato notificato anche a S.P. (come si è detto, impiegato dell’ufficio postale di Parete), l’impugnazione non contiene alcun motivo di doglianza avverso il capo di sentenza con cui è stata rigettata la domanda nei confronti.
Deve dunque dichiararsi l’inesistenza di una impugnazione nei confronti del suddetto S.P..
2. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., nonché la “inesatta valutazione di atti o documenti prodotti ed acquisiti in giudizio”.
Nella illustrazione del motivo si deduce che:
-) la copia dell’assegno trafugato e contraffatto era stata acquisita in primo grado unitamente agli atti del procedimento penale scaturito dalla contraffazione;
-) quella copia, tuttavia, non fu mai acquisita agli atti del giudizio d’appello, perché il fascicolo di primo grado andò perduto “a seguito della soppressione della sezione distaccata di Aversa del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere”;
-) di conseguenza, negli atti del fascicolo d’appello era presente soltanto una fotocopia di quell’assegno, prodotta dall’odierno ricorrente in primo grado.
Dopo aver esposto questi fatti, il ricorrente osserva che la Corte d’appello avrebbe commesso i seguenti errori:
a) l’unica persona che può rispondere della illegittima negoziazione di un assegno contraffatto è il cassiere, non certo il direttore dell’ufficio postale in proprio;
b) era onere della Corte d’appello, dinanzi alla mancanza in atti dell’assegno, disporne le ricerche o richiedere altra copia degli atti penali;
c) in ogni caso la Corte d’appello ben avrebbe potuto utilizzare, ai fini del decidere, la fotocopia dell’assegno prodotta dall’odierno ricorrente in primo grado ed allegata agli atti, dal momento che ai sensi dell’art. 2919 c.c., le fotocopie hanno la medesima efficacia della scrittura originale, se la loro conformità a quest’ultima non è espressamente disconosciuta.
L’illustrazione del motivo si conclude deducendo che, se la Corte d’appello avesse esaminato anche solo la copia dell’assegno, avrebbe dovuto rilevare la sua palese contraffazione.
1.1. La censura sub (a) è inammissibile: dalla sentenza impugnata, infatti, non risulta che la questione della legittimazione sostanziale passiva del direttore dell’ufficio postale fu riproposta in grado di appello, sicché la sua prospettazione in questa sede deve ritenersi nuova.
Aggiungasi che a p. 3, terzo capoverso, del ricorso, la sintesi dei motivi d’appello compiuta dal ricorrente non include la questione della legittimazione (sostanziale) passiva.
1.2. Nella parte restante il motivo è inammissibile.
La corte territoriale (richiamando correttamente Cass. n. 3036 del 2013) ha affermato che l’assegno “non risulta esibito in atti né dall’appellante, né dagli appellati”.
Il ricorrente contrasta tale affermazione sostenendo che in realtà l’assegno era stato da lui depositato in copia, e che la conformità all’originale non era stata contestata da alcuno.
Ma sostenere che il giudice di merito abbia ritenuto non presente negli atti un documento che invece era stato ritualmente prodotto, quando fra le parti non vi sia stato contrasto sulla ritualità della produzione, costituisce la denuncia d’un errore revocatorio, da far valere con l’impugnazione per revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e non con il ricorso per cassazione.
2. Non è luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà
atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore import: a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021