LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3468/2020 proposto da:
E.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI 81, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA CONSOLO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 4722/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/11/2019 R.G.N. 2498/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 4723 del 4.11.2019, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da E.O., cittadino della Nigeria, Edo State, avverso il provvedimento della Commissione Territoriale che gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
2. Il richiedente aveva raccontato una vicenda legata alla sua omosessualità, ritenuta non credibile per vaghezza e contraddizioni e, specificamente, di essere ricercato dalla polizia per aver commesso reato di omosessualità a causa di rapporto intrattenuto per procurarsi il denaro necessario per pagare le cure (trasfusioni di sangue) necessarie per la madre affetta da asma, e ciò perché l’uomo con cui avrebbe commesso atti sessuali, secondo una prima versione, aveva fatto da delatore e, secondo altra successiva versione, aveva fornito il suo nominativo alla polizia sotto tortura.
3. Riguardo alla protezione sussidiaria, la Corte rilevava che la situazione dell’area di provenienza del richiedente – Edo State – non risultava caratterizzata da diffusi atti di criminalità, tensioni interetniche e religiose, atti di terrorismo e sommosse tali da potersi configurare la minaccia grave alla vita del richiedente.
4. Osservava che non si rinvenivano gravi motivi a sostegno della richiesta di protezione umanitaria.
5. Avverso il provvedimento del Tribunale il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
6. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione di legge, specificamente con riferimento alla protezione sussidiaria, per non avere la Corte ravvisato una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato.
2. Con il secondo motivo deduce violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, per la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposta dalla Corte al di fuori dei presupposti.
3. Il primo motivo è inammissibile poiché la Corte d’appello ha precisato, conformemente alle indicazioni di Cass. n. 4557 del 19/02/2021, la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione in relazione alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione, nel rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dall’art. 8, comma 3, del predetto D.Lgs., né l’indagine doveva essere estesa alle condizioni dell’omosessuale nel territorio di provenienza del ricorrente, il quale non ha correlato la censura mediante riferimento alla sua condizione di omosessualità.
4. In relazione al secondo motivo si evidenzia, con Cass. S.U. n. 4315 del 20/02/2020, che “In tema di patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione a detto patrocinio in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato”.
5. Per le ragioni esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.
6. Nulla va disposto sulle spese atteso che il Ministero non ha svolto attività difensiva.
7. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio, con sussistenza dei presupposti per il pagamento del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021