Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33071 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3623/2020 proposto da:

M.M.I., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ELENA ZAGGIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona – Sezione di Padova, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2482/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/06/2019 R.G.N. 342/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. cronol. 2482/2019, depositata il 17/6/2020, ha confermato il provvedimento di primo grado che aveva respinto la richiesta di M.M.I., proveniente dal Pakistan – Gujrat, di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, della protezione sussidiaria o umanitaria.

2. La Corte d’appello ha ritenuto non credibili le dichiarazioni dello straniero, il quale avrebbe lasciato il suo paese perché perseguitato dai componenti di una potente famiglia, divisa in due opposte fazioni politiche, presso la quale lavorava, e ciò sia perché il richiedente non voleva aderire al ***** ma soprattutto per avere egli rivelato segreti che non doveva conoscere nessuno. In sede di audizione il richiedente aveva asserito di essere membro del *****, anche se aveva dimostrato di non sapere nulla sul partito, e di essere stato aggredito mentre era alla guida dell’automobile, causando un sinistro stradale, ancorché la polizia si fosse rifiutata di accettare la denuncia perché i datori di lavoro erano persone influenti. Osservava, in particolare, che anche se la vicenda era fondata sulla presunta affiliazione al partito *****, il ricorrente aveva risposto genericamente riguardo all’attività politica svolta dal gruppo. Appariva, inoltre, incomprensibile il motivo per cui i fratelli dei datori di lavoro fossero giunti a sparargli per indurlo a cambiare partito. La Corte d’appello ha ritenuto inammissibile il primo motivo di ricorso ex art. 342 c.p.c., perché nel dolersi del giudizio negativo sulla credibilità l’appellante non aveva precisato quale forma di protezione internazionale le dichiarazioni in questione avrebbero dovuto consentire e quali modifiche alla ricostruzione del fatto erano richieste. Ha respinto il secondo motivo attinente all’attuale situazione geopolitica del Pakistan ai fini della protezione sussidiaria, osservando, previa citazione delle fonti, che non poteva ritenersi sussistente una situazione di violenza indiscriminata diffusa ma, piuttosto, concentrata in alcune aree, tra le quali non rientrava quella di provenienza del ricorrente. Ha escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria, sia perché “la storia personale non può essere posta a fondamento della protezione umanitaria per l’inattendibilità del racconto”, sia per la situazione geopolitica come valutata.

3. Avverso la suddetta pronuncia il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il richiedente deduce violazione dell’art. 342 c.p.c., per la ritenuta assenza di specificità dell’appello.

2. Con il secondo motivo deduce plurimi profili di violazione di legge (e in particolare del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b)), poiché il concreto pericolo di vita e di subire tortura risulta delinearsi alla stregua delle reiterate minacce ricevute e delle violenze subite come descritte nel narrato.

3. Con il terzo motivo deduce l’omessa valutazione della situazione nel paese di origine ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

4. Il primo motivo è carente di autosufficienza, dal momento che il ricorrente non allega e trascrive i passi dell’atto d’appello dai quali desumere la pretesa specificità.

5. Il secondo motivo è allo stesso modo inammissibile, per avere la Corte d’appello compiuto una valutazione di affidabilità del richiedente secondo i criteri specifici di procedimentalizzazione legale indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, sottoponendo le dichiarazioni dello stesso ad un controllo di coerenza interna ed esterna e ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda: conseguentemente gli esiti di tale valutazione in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 11925 del 19/06/2020).

6. Il motivo attinente alla protezione umanitaria, invece, è fondato alla luce del principio in forza del quale ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è necessaria una valutazione comparativa tra la situazione, soggettiva e oggettiva del richiedente, riferita al Paese di origine, e l’integrazione dal medesimo raggiunta nel Paese di accoglienza (Cass. n. 18808 del 10/09/2020), comparazione che in concreto è mancata, avendo il giudice del merito erroneamente ritenuto che fosse preclusa in ragione della valutazione in ordine alla credibilità del racconto.

6. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione e la sentenza cassata, con rinvio al giudice del merito, affinché compia l’indagine circa la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria in base al principio di diritto enunciato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo e il secondo motivo di ricorso e accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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