LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3634/2020 proposto da:
K.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI CONSOLI 62, presso lo studio dell’avvocato ENRICA INGHILLERI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso l’ordinanza n. cronologico 15464/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 18/12/2019 R.G.N. 1276/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. cronol. 15464/2019, depositata il 18/12/2019, ha respinto la richiesta di K.A.F., proveniente dalla Costa d’Avorio, di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria o umanitaria. I giudici di merito rilevavano che le dichiarazioni del richiedente – il quale aveva riferito di aver lasciato il paese nel 2011 perché la sua abitazione era stata attaccata dai ribelli e che la fidanzata prima e, poi, lo zio presso il quale si era rifugiato erano stati uccisi – restano confinate nell’ambito di una vicenda ormai superata. Rilevavano, inoltre, che la situazione del paese vede oggi una tendenza positiva quanto alla sicurezza.
2. Avverso la suddetta pronuncia il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge con riferimento al rigetto del permesso umanitario, avendo il Tribunale applicato il D.L. n. 113 del 2018, non applicabile retroattivamente.
2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 14, dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 11, oltre a vizio di motivazione, lamentando che nell’ordinanza non si rinviene, ai fini della protezione sussidiaria, un’analisi della situazione interna del paese di origine alla luce della previsione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).
3. Il primo motivo è inammissibile perché non investe il decisum, in difetto di specifica allegazione del pregiudizio che sarebbe in concreto derivato al richiedente dall’applicazione retroattiva della norma indicata.
4. Il secondo motivo è fondato. Va richiamato, in primo luogo, il dictum di Cass. n. 262 del 12/01/2021, secondo cui “In tema di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle sue dichiarazioni, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria”. D’altra parte, il riferimento, operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate, impone al giudice di specificare la fonte in concreto utilizzata al fine di escludere la ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento della misura richiesta e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione. Questa Corte ha avuto modo di precisare, infatti, che il giudice di merito è tenuto a indicare l’autorità o l’ente da cui la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato art. 8, comma 3, del citato D.Lgs., nonché dell’idoneità delle C.O.I. in concreto consultate a quanto prescritto dalla norma da ultimo richiamata (ex multis Cass. n. 4557 del 19/02/2021).
5. Nella specie il Tribunale ha omesso di cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo da poter esaminare le domande alla luce di informazioni aggiornate, risultando la statuizione resa senza riferimento alle Coi disponibili, assolutamente priva dei requisiti di specificità di cui si è detto.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto limitatamente al secondo motivo e la sentenza cassata, con rinvio al giudice del merito, affinché compia l’indagine circa la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione richiesta servendosi delle opportune fonti, da indicare specificamente, in conformità al principio di diritto sopra richiamato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Ancona in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021