Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33075 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4551/2020 proposto da:

K.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato VALERIA GERACE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 15592/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 19/12/2019 R.C.N. 1349/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO.

RILEVATO

che:

1.1. Il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso proposto da K.P., cittadino del Ghana, avverso il provvedimento della Commissione Territoriale che aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. Il richiedente aveva allegato di aver lasciato il proprio paese a seguito dell’investimento di una donna incinta e per il timore di essere ucciso dai familiari della donna.

3. Il Tribunale ha ritenuto che, ove anche giudicata verosimile la vicenda narrata, si trattasse di vicenda privata rientrante nel settore della giustizia comune, inidonea come tale a giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato; che, secondo le fonti richiamate, in Ghana è garantita l’indipendenza giudiziaria così come il diritto ad un processo equo e che, in ragione di ciò, il ricorrente non potrebbe subire in caso di rimpatrio un grave danno, con conseguente insussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria.

4. Parimenti infondata è stata considerata la domanda protezione umanitaria sul rilievo che l’ambiente socio culturale del Paese d’origine consentirebbe al richiedente di esercitare il nucleo essenziale dei diritti fondamentali.

5. Avverso il provvedimento del Tribunale il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

6. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

7. Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per non avere il Tribunale correttamente valutato la situazione di pericolo legata alla incapacità dello Stato di provenienza di garantire l’incolumità del cittadino di fronte ad atti di persecuzione e per non avere adeguatamente indagato sul sistema di violenza generalizzata e, specificamente sulle condizioni carcerarie e sulla difficoltà di reperire un legale e sostenere le relative spese, come risultante dalle fonti riportate (A.I. 2017-2018 sui prigionieri nel braccio della morte). Si censura inoltre il rigetto della domanda di protezione umanitaria rilevando che nel Paese di provenienza le condizioni di vita sono assolutamente inadeguate come si ricava dalla scelta del ricorrente di “percorrere un viaggio così tanto lungo, incerto e rischioso per la propria vita”.

8. Col secondo motivo è denunciato omesso esame della storia del ricorrente in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani in Ghana. Si critica la decisione del Tribunale là dove ha qualificato la vicenda in esame come una storia privata, senza considerare e senza indagare sulla incapacità di protezione da parte dello Stato e sulle violazioni dei diritti a cui sono sottoposte le persone detenute.

9. Deve premettersi che, in base ad un principio generale, la delibazione della sentenza civile, ancorché risultante dal dispositivo compilato inerente la medesima – salvo il caso eccezionale che del dispositivo stesso il legislatore preveda una immediata rilevanza, esterna, con conseguente sua idoneità a determinare la cristallizzazione della decisione adottata – non esclude il potere-dovere del giudice di tenere conto di rilevanti sopravvenienze intervenute nel periodo successivo ad essa ed anteriore alla pubblicazione, e di provvedere, ove occorra, coerentemente con esse (per tutte v. Cass. n. 4466 del 1992).

10. In relazione al caso di specie, si rileva preliminarmente che la procura rilasciata dal richiedente al difensore, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, è priva della certificazione della data di rilascio, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così da non consentire la verifica del suo conferimento in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato.

11. Le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che l’art. 35 bis, comma 13 citato, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato: appunto prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore, integrante ipotesi di nullità per il suo invalido conferimento (Cass. SU 1 giugno 2021, n. 15177);

12. Con ordinanza interlocutoria 23 giugno 2021, n. 17970, questa Corte ha rimesso alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost.; per contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento all’art. 28 e art. 46, p. 11 e con l’art. 47 della Carta dei diritti UE, art. 18 e art. 19, p.2 della medesima Carta, artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU.

13. Una sommaria delibazione dei motivi del ricorso (inammissibili in quanto formulati in modo assolutamente generico e confuso, del tutto avulso dalla motivazione adottata dal Tribunale e con riferimento a fonti informative altrettanto generiche o prive di data e a documenti non trascritti né depositati unitamente al ricorso in esame) esclude la rilevanza a fini decisori della questione di legittimità costituzionale sollevata, sicché ben può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, senza attendere la pronuncia della Corte costituzionale.

14. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto attività difensive.

15. Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto, con la precisazione che esso va posto a carico del ricorrente dandosi seguito alla citata sentenza delle Sezioni Unite nella quale sul punto è stato affermato il seguente principio di diritto: “il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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