Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.33100 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1359/2016 proposto da:

B.S., rappresentata e difesa dall’avvocato Carla Telatin, con studio in Fontaniva (PD) via Giovanni XXIII, n. 15/7;

– ricorrente –

contro

B.P., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Martelli, e Franco Casano, con studio in Galliera Veneta (PD) viale Venezia n. 40/B;

– controricorrente –

e contro

B.G., V.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1810/2015 della Corte d’appello di Venezia, depositata il 21/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/03/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– B.S. impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Venezia che ha respinto il gravame da lei proposto avverso la sentenza del Tribunale di Padova – sezione distaccata di Cittadella;

– ella aveva convenuto la sorella B.P., il fratello B.G. e la madre V.M. affermando di essere coerede unitamente ai convenuti del padre Be.Gi. defunto il ***** e che l’asse ereditario era costituito da un immobile sito a *****;

– tanto premesso l’attrice B.S. ed odierna ricorrente, chiedeva lo scioglimento di comunione ereditaria con attribuzione in proprietà della quota di sua spettanza, nonché la condanna dei convenuti al pagamento in suo favore dell’indennità per l’occupazione dell’immobile;

– il giudice di prime cure dichiarava con sentenza non definitiva, in accoglimento della relativa eccezione, l’intervenuta prescrizione del diritto dell’attrice di accettare l’eredità del de cuius e rigettava tutte le domande dell’attrice;

– avverso detta pronuncia proponeva appello l’attrice soccombente denunciando l’errata applicazione dell’art. 480 c.c.;

– la corte territoriale ha confermato la sentenza appellata argomentando che nessuna delle allegate circostanze costituiva prova dell’intervenuta accettazione dell’eredità da parte dell’attrice B.;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso B.P.;

– non hanno svolto attività difensiva gli intimati B.G. e V.M..

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 476, dell’art. 480, dell’art. 2937 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente disatteso i principi di diritto in tema di accettazione tacita di eredità;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 2937 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto di nessuna rilevanza, ai fini della prova dell’accettazione dell’eredità, gli adempimenti e comportamenti posti in essere dalla parte ricorrente e riconosciuti dalle stesse parti resistenti;

– con il terzo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nonché l’omessa valutazione di tutti i documenti prodotti da tutte le parti in causa ai fini della prova dell’acquisto dello stato di erede del defunto padre in capo all’attrice originaria ed odierna ricorrente;

– con il quarto motivo sì deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nonché l’omessa valutazione del complessivo atteggiamento processuale di tutte le parti coinvolte avuto riguardo sia alla condotta difensiva che alla documentazione in atti e dai quali emergono, ad avviso della ricorrente, indizi gravi precisi e concordanti dell’avvenuta accettazione dell’eredità paterna da parte di B.S.;

– ciò posto rileva il Collegio in via preliminare l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, perché non risulta depositata la relata di notifica della sentenza impugnata;

rilevato infatti che la parte ricorrente dà atto della avvenuta notifica della sentenza impugnata in data 28.10.2015 (v. pag. 2 ricorso), ma nell’incarto processuale – che la Corte è abilitata a consultare – non si rinviene la relazione di notificazione della sentenza (in calce alla pronuncia infatti è presente solo l’attestazione di conformità al provvedimento contenuto nel fascicolo informatico);

considerato che le sezioni unite hanno affermato la procedibilità del ricorso per cassazione quando la copia notificata della sentenza impugnata, non prodotta dal ricorrente, che pur abbia dichiarato l’esistenza di tale evento, sia stata depositata da un’altra parte nel giudizio di legittimità o comunque sia presente nel fascicolo di ufficio (Cass. S.U. n. 10648/2017);

considerato che nel caso di specie si è fuori anche da tali ipotesi, come verificato dal Collegio;

rilevato che non soccorre la pronuncia delle sezioni unite n. 8312/2019 sulle conseguenze della mancanza delle prescritte attestazioni di conformità, ipotesi ben diversa da quella in esame, in cui ciò che manca è addirittura il deposito – che deve essere tempestivo – della copia della relazione di notificazione della sentenza e dei relativi messaggi via PEC in caso di notificazione per via telematica (v. pag. 42 par. 2 S.U. cit.); considerato che nel caso di specie non è dato neppure conoscere se la notifica della sentenza sia avvenuta o meno a mezzo pec (il ricorso infatti si limita ad indicare solo la data di notifica della decisione ma non le relative modalità e dagli atti nulla emerge).

rilevato, infine, che non soccorre parte ricorrente neppure il principio (cfr. Sez. 6-3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019 Rv. 653711; Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013 Rv. 628539) che esenta dalle formalità di deposito della copia notificata nel solo caso di intervallo, tra pubblicazione della sentenza e notifica del ricorso, inferiore al termine breve, visto che tale intervallo e’, nella specie, ben maggiore (sentenza d’Appello pubblicata il 21.7.2015 e ricorso notificato il 23.12.2015);

ritenuto pertanto che la sanzione dell’improcedibilità è inevitabile ai sensi dell’art. 369 c.p.c. (cfr. tra le varie, Sez. L -, Sentenza n. 3466 del 12/02/2020 Rv. 656775; Sez. 1, Ordinanza n. 14360 del 25/05/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 19695 del 22/07/2019 Rv. 654987);

ritenuto che le spese seguono la soccombenza e che sussistono le condizioni per il versamento dell’ulteriore contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15%. Sussistono a carico dei ricorrenti i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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