LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2996/2020 proposto da:
S.B., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO BIOLO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 2474/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/06/2019 R.G.N. 4678/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. cronol. 2474/2019, depositata il 17/6/2019, ha confermato il provvedimento di primo grado che aveva respinto la richiesta di S.B., proveniente da Kayes – Mali, di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria o umanitaria.
2. La Corte d’appello ha ritenuto non credibili le dichiarazioni dello straniero, il quale si sarebbe allontanato da casa e, dopo essersi fermato prima alcuni mesi a casa di uno zio a Gao, avrebbe lasciato il suo paese per il problematico rapporto con il padre che non gli consentiva di frequentare la scuola francese, pretendendo che frequentasse la scuola coranica. La Corte territoriale metteva in evidenza i molteplici profili di inverosimiglianza del racconto: dalle dichiarazioni non emergeva la descrizione di alcun episodio di contrasto con il padre, non si comprendeva la ragione per la quale per lasciare la casa paterna il richiedente fosse migrato all’estero, né era spiegabile perché, se i contrasti con il padre legati principalmente all’istruzione erano così gravi da far credere al richiedente di poter essere ucciso, egli avesse potuto di nascosto frequentare per nove anni la scuola contro la volontà del genitore, così come non si comprendeva come una persona abitante in un territorio relativamente privo di rischi decida di trasferirsi in un’area del paese notoriamente pericolosa (Gao).
3. La Corte dava atto, altresì, citando le fonti aggiornate, che nella zona di provenienza del richiedente, sud del Mali non vi fosse il concreto pericolo che i civili potessero rimanere vittime di violenze indiscriminate.
4. Ha escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria, sia perché la storia personale non può essere posta a fondamento della protezione umanitaria per l’inattendibilità del racconto, sia per la situazione geopolitica del paese di provenienza come valutata.
5. Avverso la suddetta pronuncia il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati con memorie, nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso il richiedente deduce, ex art. c.p.c., nn. 3 e 5, violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, osservando che la Corte d’appello aveva desunto in modo apodittico la non credibilità del ricorrente con motivazione evanescente, limitandosi a fare riferimento a presunte lacune probatorie e a formulare ipotesi senza ricorrere ad opportuni accertamenti officiosi.
2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, con riferimento al riconoscimento della protezione sussidiaria, trascurando di considerare il concreto pericolo di vita dedotto dal ricorrente, nonché di valutare la sua posizione con riferimento al rientro nella regione di Kaies, da cui lo stesso proveniva, e non nel territorio di Gao dove si era rifugiato dopo essere fuggito dalla famiglia di origine.
3. Con il terzo motivo deduce, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis, essendo stata negata la protezione umanitaria in forza della considerazione che, essendosi il ricorrente rivelato inattendibile, la sua storia personale non poteva essere posta a fondamento della protezione umanitaria. Rileva, inoltre, che era stata disattesa tutta la documentazione relativa al percorso di studi di volontariato e lavorativo del richiedente in Italia, così come era stata trascurata la sua giovane età, la lontananza da oltre 5 anni dal Mali e le condizioni del paese di eventuale rimpatrio.
4. Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 74 e segg., in relazione alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
5. Il primo motivo è inammissibile, per avere la Corte d’appello compiuto una valutazione di affidabilità del richiedente secondo i criteri specifici di procedimentalizzazione legale indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, sottoponendo le dichiarazioni dello stesso ad un controllo di coerenza interna ed esterna e ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda. In tale contesto il ricorrente neppure indica quali approfondimenti istruttori i giudici avrebbero potuto compiere in funzione della verifica della credibilità delle dichiarazioni rese. Conseguentemente gli esiti della valutazione delle dichiarazioni in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 11925 del 19/06/2020).
6. Il secondo motivo deve essere respinto in ragione della congrua valutazione circa la condizione del paese di origine del richiedente, con riferimento alla regione di provenienza, nel cui contesto sociale egli era inserito, fondato su fonti compiute ed aggiornate.
7. Il motivo attinente alla protezione umanitaria, invece, è fondato alla luce del principio in forza del quale ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è necessaria una valutazione comparativa tra la situazione, soggettiva e oggettiva, del richiedente riferita al Paese di origine, e l’integrazione dal medesimo raggiunta nel Paese di accoglienza (Cass. n. 18808 del 10/09/2020), comparazione che in concreto è mancata, con conseguente carenza motivazionale, avendo il giudice del merito erroneamente ritenuto che fosse preclusa in ragione della valutazione in ordine alla credibilità del racconto.
8. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione e la sentenza cassata, con rinvio al giudice del merito, affinché compia l’indagine circa la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria in base al principio di diritto enunciato, avuto riguardo all’età del richiedente e al grado di istruzione dallo stesso conseguito in Italia.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile, come risulta da Cass. SU n. 4315 del 2020.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il primo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il secondo e accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021