LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4456/2020 proposto da:
C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GREGORACE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. 9654/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 13/12/2019 R.G.N. 12812/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso proposto da C.S., cittadino del Gambia, avverso il provvedimento della Commissione Territoriale che aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella complementare (umanitaria).
2. Il richiedente aveva allegato di essere fuggito dal Gambia in seguito all’investimento di un abitante del villaggio, che a causa dell’incidente era deceduto, e per il timore di essere ucciso dagli abitanti del villaggio; aveva aggiunto di essere stato, durante la fuga, prigioniero in Libia ove aveva subito gravi violazioni dei diritti umani.
3. Il Tribunale, all’esito di una approfondita disamina delle dichiarazioni del richiedente, ha giudicato non credibile il racconto del medesimo; questi, durante l’interrogatorio, aveva anche ridimensionato la situazione di pericolo spiegando di nutrire timori, in caso di rimpatrio, solo verso il padre della persona deceduta a causa dell’incidente.
4. Il Tribunale ha negato lo status di rifugiato sul rilievo che le vicende narrate non descrivevano atti di persecuzione diretta e personale rilevanti rispetto alla previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7. Ha ritenuto che non vi fosse alcuna prova dell’esistenza di un procedimento penale in corso o di una condanna e neppure di un’attività di ricerca ai suoi danni da parte della polizia, e che quindi non vi fosse pericolo di arresto o di subire la pena capitale o trattamenti inumani in caso di rimpatrio. La valutazione di non credibilità del racconto ha portato a ritenere assenti i presupposti per la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).
5. Ai fini dell’art. 14 cit., lett. c), i giudici di primo grado hanno escluso l’esistenza nel Paese di provenienza del richiedente di una condizione di violenza generalizzata o di un conflitto interno o internazionale, richiamando fonti aggiornate e affidabili.
6. Hanno negato la ricorrenza di seri motivi di carattere umanitario in quanto il richiedente non aveva dimostrato l’esistenza di qualche concreta forma di integrazione sociale e lavorativa nel territorio nazionale. Hanno ritenuto non rilevante il racconto del ricorrente sul suo transito in Libia e sulle violenze ivi subite, mancando una connessione tra tale episodio e il rimpatrio nel Paese d’origine.
7. Avverso tale decreto il richiedente la protezione ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
8. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
9. Col primo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e in relazione alla Direttiva 2004/83/Ce, violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alle dichiarazioni rese dal ricorrente e al mancato supporto probatorio.
10. Si censura il decreto per avere il Tribunale escluso una correlazione tra le violenze subite dal richiedente in Libia ed un eventuale rimpatrio, senza svolgere un ruolo attivo nell’istruttoria della domanda.
11. Col secondo motivo è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione delle condizioni del paese di origine.
12. Si assume che le fonti utilizzate dal Tribunale sono smentite dalle notizie pubblicate sui maggiori organi di stampa e siti web e sul sito ufficiale del Ministero degli Esteri nonché dalla costante giurisprudenza di merito.
13. Col terzo motivo si censura il decreto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata concessione della protezione sussidiaria a cui ricorrente aveva diritto in ragione delle attuali condizioni sociopolitiche del paese di origine; violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, data la situazione di pericolo connessa alle minacce ricevute in seguito al decesso del ragazzo investito.
14. Col quarto motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari; errata applicazione della Direttiva 2004/83/Ce, recepita dal D.Lgs. n. 251 del 2007; violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alle dichiarazioni rese dal ricorrente e al mancato supporto probatorio. Si sostiene che i giudici di primo grado non abbiano in alcun modo preso in considerazione il grado di integrazione sociale del predetto, documentato attraverso attestati di frequenza scolastica, unitamente alle precarie condizioni sociopolitiche del paese di provenienza, in violazione del dovere di cooperazione istruttoria.
15. Deve premettersi che, in base ad un principio generale, la delibazione della sentenza civile, ancorché risultante dal dispositivo compilato inerente la medesima – salvo il caso eccezionale che del dispositivo stesso il legislatore preveda una immediata rilevanza, esterna, con conseguente sua idoneità a determinare la cristallizzazione della decisione adottata – non esclude il potere-dovere del giudice di tenere conto di rilevanti sopravvenienze intervenute nel periodo successivo ad essa ed anteriore alla pubblicazione, e di provvedere, ove occorra, coerentemente con esse (per tutte v. Cass. n. 4466 del 1992).
16. In relazione al caso di specie, si rileva preliminarmente che la procura rilasciata dal richiedente al difensore, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, è priva della certificazione della data di rilascio, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così da non consentire la verifica del suo conferimento in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato.
17. Le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che l’art. 35 bis, comma 13 citato, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato: appunto prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore, integrante ipotesi di nullità per il suo invalido conferimento (Cass. SU 1 giugno 2021, n. 15177);
18. Con ordinanza interlocutoria 23 giugno 2021, n. 17970, questa Corte ha rimesso alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost.; per contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento all’art. 28 e art. 46, p. 11 e con l’art. 47 della Carta dei diritti UE, art. 18 e art. 19, p.2 della medesima Carta, artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU.
19. Una sommaria delibazione dei motivi del ricorso (che risultano inammissibili in quanto formulati in modo assolutamente generico, del tutto avulso dalla motivazione adottata dal Tribunale e con riferimento a fonti informative altrettanto generiche o prive di data e a documenti non trascritti né depositati unitamente al ricorso in esame) esclude la rilevanza a fini decisori della questione di legittimità costituzionale sollevata, sicché ben può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, senza attendere la pronuncia della Corte costituzionale.
20. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto attività difensive.
21. Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto, con la precisazione che esso va posto a carico del ricorrente dandosi seguito alla citata sentenza delle Sezioni Unite nella quale sul punto è stato affermato il seguente principio di diritto: “il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021
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