LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12371/2018 proposto da:
POSTEL S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI n. 134, presso lo studio degli avvocati LUIGI FIORILLO, FRANCESCA BONFRATE, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente principale –
contro
M.A., D.I.S., F.A., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 1, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO GIANGIACOMO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti – ricorrenti incidentali –
e contro
POSTEL S.P.A.;
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
avverso la sentenza definitiva n. 3708/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/10/2017 R.G.N. 8400/2012;
avverso la sentenza non definitiva n. 4820/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/03/2017 R.G.N. 8400/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/09/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
Che:
1. Con sentenza n. 4820 depositata l’8.3.2017 la Corte di appello di Roma, con sentenza non definitiva, ha accolto l’appello proposto da Postel s.p.a. e, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede ha respinto le domande di M.A., D.I.S., F.A. per l’adempimento della corresponsione delle somme pattuite nell’accordo sindacale 13 maggio 2003; con sentenza definitiva n. 3708 del 25.10.2017 la medesima Corte territoriale ha accolto l’appello proposto dai lavoratori dichiarando la non assorbibilità dell’importo erogato sino al mese di giugno 2003 a titolo di superminimo individuale non assorbibile.
2. la Corte territoriale, con la sentenza non definitiva, ha rilevato che dai prospetti paga decorrenti dal mese di luglio 2003 emergeva l’incremento (di 31,00 Euro) delle somme erogate a titolo di superminimo individuale non assorbibile, condotta che dimostrava l’adempimento, da parte delle società, delle pattuizioni sottoscritte nel verbale di conciliazione del 27.10.2003; con la sentenza definitiva, la Corte territoriale aderiva alle argomentazioni svolte dai lavoratori appellanti rilevando che il precedente accordo sindacale 20.12.2001 non poteva applicarsi ai lavoratori medesimi (in quanto trasferiti alla Netprint, incorporata poi in Printel – poi PostelPrint – da altra società che applicava il c.c.n.l. aziende grafiche), visto la qualificazione come “non assorbibile” effettuata in busta paga dell’emolumento percepito per il periodo gennaio 2002-giugno 2003 e l’insensibilità agli incrementi retributivi del gennaio 2003.
3. avverso la sentenza definitiva la società ha proposto ricorso affidato a un motivo; i lavoratori hanno resistito con controricorso e propongono ricorso incidentale avverso la sentenza non definitiva affidato ad un motivo.
CONSIDERATO
Che:
1. La società ricorrente principale deduce, con l’unico motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la Corte territoriale, adottato una sentenza (definitiva) priva dell’esposizione dei motivi essendosi limitata apparentemente a far proprie le argomentazioni esposte dai lavoratori nell’atto di appello con conseguente carenza di motivazione e, comunque, incomprensibilità della pronuncia.
2. I lavoratori ricorrenti in via incidentale deducono omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), censurando la sentenza non definitiva e rilevando che, se il giudice di merito avesse individuato il momento di insorgenza del diritto preteso sarebbe pervenuto a diversa soluzione, non potendosi considerare quale fatto estintivo un pagamento avvenuto 5 mesi prima (maggio 2003) del sorgere del rapporto obbligatorio (ottobre 2003); il giudice, inoltre, non ha esaminato le buste paga a decorrere da agosto 2003 e sino a dicembre 2003 ove non emergeva alcuna corresponsione a titolo di superminimo individuale non assorbibile.
3. Il motivo del ricorso principale non è fondato.
Si premette che l’anomalia motivazionale denunziabile ai sensi dell’art. 132 c.p.c., è quella che si traduce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. un. 3 03/11/2016 n. 22232) oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 07/04/2017 n. 9105), oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 18/09/2009 n. 20112).
5. Con riferimento alla specifica questione della motivazione per relationem è stato affermato che la motivazione della sentenza del giudice di appello che contenga espliciti riferimenti alla pronuncia di primo grado, facendone proprie le argomentazioni in punto di diritto, è da ritenersi legittima tutte le volte in cui il giudice del gravame, sia pur sinteticamente, fornisca, comunque, una risposta alle censure formulate, nell’atto di appello e nelle conclusioni, dalla parte soccombente, risultando così appagante e corretto il percorso argomentativo desumibile attraverso l’integrazione della parte motiva delle due sentenze (Cass. 19/07/2016 n. 14786; Cass. 16/02/2007 n. 3636) mentre deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. 21/09/2017 n. 22022).
6. In applicazione dei principi richiamati ed in continuità con essi deve escludersi che la sentenza impugnata sia affetta dal vizio denunziato posto che: viene riprodotto, seppur sinteticamente, il contenuto della sentenza impugnata e delle ragioni che la sorreggono; viene dato espressamente e analiticamente atto delle doglianze formulate dai lavoratori alla pronunzia di primo grado con particolare riferimento alle vicende successorie tra società (Netprint s.p.a. fuso per incorporazione nella Printel s.p.a.), alla modificazione dei rapporti dei lavoratori e alla successiva applicazione di c.c.n.l. diversi, alla qualificazione dell’istituto retributivo effettuata nelle buste paga, alla insensibilità delle somme agli incrementi retributivi del gennaio 2003; le conclusioni attinte dal giudice di appello danno implicitamente ma chiaramente contezza della dimostrata fondatezza di tutte le argomentazioni esposte dai lavoratori appellanti.
7. Alla luce di quanto ora osservato non sussistono le carenze motivazionali che inficerebbero, sotto il profilo della violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la sentenza impugnata della quale sono agevolmente ricostruibili i percorsi argomentativi che hanno condotto alla ricostruzione fattuale alla base della soluzione giuridica adottata.
8. Il ricorso incidentale è inammissibile.
Premesso che l’espressa dichiarazione effettuata, ai sensi dell’art. 361 c.p.c., all’udienza del 23 febbraio 2017 produce l’effetto della riserva di impugnazione, l’interpretazione di questa Corte (da ultimo, Cass. n. 27415 del 2018) ha chiarito come l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per Cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 5/03/2014, n. 5133).
Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439).
E’ quindi inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per sostenere il mancato esame di deduzioni istruttorie, di documenti, di eccezioni di nullità della sentenza non definitiva e degli atti conseguenti, di critiche rivolte agli elaborati peritali (ovvero di semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico), o della “non contestazione dell’avvenuta usucapione” (un fatto che non sia stato “oggetto di discussione tra le parti” e’, d’altro canto, fuori dall’ambito dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per sua stessa definizione), o per lamentarsi di una “motivazione non corretta”.
9. In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati e le spese di lite, considerata la reciproca soccombenza, sono interamente compensate tra le parti.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 14 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021