LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29949-2015 proposto da:
ESSELUNGA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 2, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO PARISI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MANFREDO VITALIANO LAVIZZARI, CESARE FULVIO LAVIZZARI;
– ricorrente –
contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LORELLA FRASCONA’, e LOREDANA DI SALVO, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 645/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/09/2015 R.G.N. 1305/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/05/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento della domanda proposta dalla società Esselunga S.p.A. (di seguito, Esselunga), condannava l’Inail al ricalcolo dei premi dovuti con rimborso delle somme versate in eccedenza.
1.1. In particolare, il Tribunale riteneva, quanto alla classificazione delle lavorazioni, che le attività di confezionamento e di rifornimento agli scaffali successive alla pianificazione fossero da classificare nella voce “0111” mentre quelle dirette alla produzione del pane nella voce “1440”; respingeva, invece, la domanda con cui Esselunga chiedeva che, anche in relazione alla macelleria, le attività di confezionamento e rifornimento degli scaffali, successive alla trasformazione delle carni acquistate da terzi, fossero da classificare nella voce “0111” anziché in quella “0113”.
2. La Corte d’appello di Milano, pronunciando sull’appello principale di Esselunga e su quello incidentale dell’Inali, in accoglimento di quest’ultimo, ha integralmente rigettato la domanda di riclassificazione delle lavorazioni proposta dalla società.
2.1.Per quanto qui di rilievo, la Corte d’appello ha accertato come fosse pacifico che gli addetti al reparto macelleria provvedessero sia alla trasformazione delle carni acquistate in quarti da terzi sia al confezionamento e al rifornimento degli scaffali. Sulla base di tale accertamento fattuale, ha osservato come, per “la vendita al dettaglio di merce e di generi alimentari”, fosse previsto l’inserimento alla voce “0110”, comprensiva altresì delle attività di confezionamento per la vendita diretta al pubblico, di rifornimento, magazzinaggio e distribuzione. Ha evidenziato che, a tale voce, seguivano altri quattro sottogruppi tra cui l’attività di “macelleria senza mattazione” che era quella rilevante nel caso di specie: in essa, dunque, andavano ricompresi i lavoratori in oggetto, in ragione del maggior rischio al quale erano esposti, da ritenersi comprensiva anche delle ulteriori operazioni.
2.2. Quanto ai dipendenti addetti alla attività di panetteria, la Corte territoriale ha osservato come gli stessi “si occupa(ssero) non solo di panificazione vera e propria ma anche di confezionamento dei prodotti e posizionamento degli stessi negli scaffali. Ha evidenziato come l’attività di panificazione comportasse la fase dell’impasto, la spezzatura e la formatura dei pezzi, la lievitazione, la cottura in forno nonché la trasformazione da pane precotto o surgelato in pane cotto, comportando un’attività di produzione e di trasformazione non coerente con l’inserimento nel sottogruppo “0110”, relativo al commercio al dettaglio e comprensivo di tutte le operazioni di confezionamento, rifornimento e distribuzione ma con esclusione dell’attività di produzione e di trasformazione. Per tale ragione, ha ritenuto congruente la classificazione dell’attività concreta nella specifica voce “1440” titolata “panifici” (pane comune, speciale, grissini, pizze, focacce, pasta fresca all’uovo, compresa l’eventuale vendita al minuto). Ha ritenuto le operazioni successive, di confezionamento e posizionamento negli scaffali, svolte dagli stessi addetti alla produzione, conclusive del ciclo della lavorazione principale e in connessione operativa con quest’ultima; come tali, da considerare non operazioni autonome ma inserite all’interno della classificazione della lavorazione principale, in funzione di attività complementari e sussidiarie.
3. Avverso la decisione, ha proposto ricorso, articolato in due motivi, successivamente illustrato con memoria.
4. L’Inail ha resistito con controricorso.
5. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. n. 176 del 2020.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, perché nessuno di essi ha chiesto la trattazione orale.
7. Con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – parte ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione delle norme in materia di determinazione dei premi assicurativi Inail (D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 e D.M. 12 dicembre 2000, artt. 4, 5, 6) in relazione all’attività di lavorazione delle carni nonché per l’attività di confezionamento e rifornimento degli scaffali (voci 0110, 0111, 0113 della tariffa premi).
1.1. Secondo la parte ricorrente” Corte avrebbe errato nel ritenere applicabile alle attività di confezionamento delle carni e di rifornimento degli scaffali, svolte dai dipendenti — -. addetti al reparto macelleria, la voce “0113” della tabella; per la società, andrebbe distinta l’attività di macelleria, svolta nei supermercati Esselunga, senza vendita diretta alla clientela, da quella posta in essere nelle tradizionali macellerie. Per Esselunga, la dizione “macelleria senza mattazione”, di cui alla voce “0113”, identificherebbe le macellerie tradizionali, con vendita diretta e servizio al banco, essendo tutt’ altra cosa il reparto di macelleria, chiuso al pubblico, nel quale non vi è alcuna attività di vendita come nella “maggior parte” dei supermercati Esselunga;
le attività di confezionamento delle carni e di rifornimento degli scaffali dovrebbero, pertanto, essere considerate complementari all’attività principale che è la vendita al dettaglio sicché la voce di tariffa applicabile sarebbe la “0111”.
2. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – Esselunga deduce la violazione e la falsa applicazione delle norme in materia di determinazione dei premi assicurativi Inail (D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 e D.M. 12 dicembre 2000, artt. 4, 5, 6) in relazione alla attività di panificazione (voci 0110, 0111 del D.Lgs. n. 38 del 2000 e D.M. 12 dicembre 2000, artt. 4, 5 e 6).
2.1. Secondo la ricorrente, la Corte avrebbe erroneamente ricompreso nella voce “1440” anche le attività di confezionamento e di posizionamento dei prodotti negli scaffali, da imputare invece alla voce “0111”.
3. I motivi possono congiuntamente trattarsi, presentando profili di stretta connessione.
4. Giova premettere che il Testo Unico di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 40, comma 10, prevede che le tariffe dei premi e dei contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e le relative modalità di applicazione sono approvate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale su delibera dell’INAIL.
5. E’, altresì, opportuno ricordare che, per giurisprudenza di questa Corte, i decreti ministeriali con i quali, ai sensi dell’art. 40 Testo Unico, si approva la tariffa dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e si determinano le relative modalità di applicazione, hanno natura di regolamenti delegati. Come tali sono atti di normazione secondaria, dotati di rilevanza esterna, suscettibili di ricorso in cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 nonché di esame diretto e di interpretazione da parte della Corte di legittimità (Cass. n. 16547 del 2005; Cass. n. 16586 del 2010), con applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle disp. gen. (Cass. n. 20898 del 2007; Cass. n. 9034 del 2012).
6. In attuazione del citato art. 40, le tariffe sono state approvate, per quanto qui rileva, con D.M. 12 dicembre 2000, recante non soltanto le tabelle di classificazione delle diverse lavorazioni, con i corrispondenti tassi di tariffa, ma altresì le disposizioni sulle “Modalità per l’applicazione delle tariffe” (c.d. M.A.T.), i cui principi fondamentali, per quello che qui solo interessa, possono così riassumersi:
a) “le tariffe dei premi sono ordinate secondo una classificazione tecnica di lavorazioni divise in dieci grandi gruppi, di norma articolati in gruppi, sottogruppi e voci” (D.M. 12 dicembre 2000, art. 1, comma 2 cit.);
b) “le indicazioni e le specificazioni contenute nella intestazione dei grandi gruppi, gruppi e sottogruppi sono valide per tutti i gruppi, i sottogruppi e le voci in essi eventualmente compresi” (D.M. 12 dicembre 2000, art. 1, comma 3 cit.);
c) “agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purché svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorché siano effettuate in luoghi diversi” (art. 4, D.M. cit.);
d) “le lavorazioni sono classificate, secondo i criteri indicati nell’art. 4, alla corrispondente voce della tariffa relativa alla gestione nella quale è inquadrato il datore di lavoro” (art. 5, comma 1 D.M. n. cit.).
7. Il primo motivo riguarda la classificazione della lavorazione, ai fini della determinazione della tariffa, degli addetti al reparto di macelleria.
8. L’attività svolta, per quanto definitivamente accertato dalla sentenza impugnata, comprende sia la trasformazione delle carni acquistate in quarti da terzi sia il confezionamento che il rifornimento degli scaffali.
9. A detti fini, il D.M. 12 dicembre 2020 prevede nel “Grande gruppo 0” (Varie), per quello che qui occupa, la seguente classificazione:
o “Commercio (0100)”, o “Commercio al dettaglio (compresi l’eventuale confezione di prodotti per la vendita diretta al pubblico, le operazioni di rifornimento e magazzinaggio e il servizio di distribuzione ai clienti; escluse le attività di produzione o di trasformazione, 0110)”, o “Rivendita al dettaglio, anche in forma ambulante, di merci e di generi alimentari (per le macellerie, per gli autosaloni e le stazioni di servizio v. voci relative, 0111)”, o “Macellerie con mattazione (0112)”, o “Macellerie senza mattazione (0113)”.
10. L’INAIL ha proceduto all’applicazione del tasso di tariffa corrispondente alla lavorazione “0113” (id est: macellerie senza mattazione) e tale inquadramento, ai fini della determinazione del premio, è stata ritenuta corretta dalla Corte di appello che ha, nella sostanza, osservato come “l’attività di macellazione senza mattazione”, sottogruppo della più ampia lavorazione del commercio al dettaglio, individuasse correttamente il tasso di rischio infortunistico, in ragione delle modalità concrete di svolgimento della prestazione lavorativa, inglobando le operazioni ulteriori del confezionamento e della sistemazione del prodotto.
11. Giudica il Collegio che l’operata classificazione sia coerente con il sistema applicativo delle tariffe dei premi delineato dal citato DM e con l’accertamento, in fatto, dello svolgimento, da parte dei lavoratori addetti al reparto macelleria, di attività di realizzazione di tagli e semilavorati di carne (v. pag. 2, 7 cpv. sentenza impugnata), operazioni che ineriscono alla lavorazione come tipizzata dalle tabelle (macellazione senza mattazione).
12. E’ il caso di osservare che, come deduce l’Istituto, la tesi di Esselunga non considera come l’INAIL assicuri non l’attività aziendale, considerata dal punto di vista del suo oggetto economico (nella specie, il commercio al dettaglio), ma la prestazione concretamente svolta dai dipendenti, in funzione del maggiore o minore rischio di esposizione a eventi infortunistici; la lavorazione delle carni non è attività comparabile con quella dei dipendenti addetti alla preparazione, al confezionamento e alla esposizione di altri generi alimentari per la notevole differenza di esposizione a rischio dei lavoratori addetti all’una piuttosto che all’altra lavorazione.
13. Anche la considerazione della società ricorrente in ordine ai tempi di applicazione degli addetti al reparto macelleria alla lavorazione della carne rispetto a quelli dedicati allo svolgimento di altre attività aziendali non è argomentazione dirimente perché il DM, tra i criteri di applicazione delle tabelle, non attribuisce rilievo ai tempi di lavorazione.
14. La sentenza appare corretta anche in relazione alla classificazione dell’attività di panificazione.
15. La Corte territoriale ha accertato, anche in questo caso con giudizio di merito non ritualmente censurato, che gli addetti alla panetteria si occupano non solo di (recte: oltre che di) panificazione vera e propria anche del confezionamento del prodotto e del posizionamento dello stesso negli scaffali.
16. Ha, dunque, giudicato come principale l’attività di panificazione e complementari le altre, in quanto strumentali al ciclo di lavorazione del pane, secondo la previsione del D.M. 12 dicembre 20020, art. 4 sopra riportato.
17. In definitiva, i giudici hanno effettuato quell’accertamento che, in concreto, è demandato al giudice del merito e che consiste nel verificare quale, tra le lavorazioni svolte, assuma la connotazione di lavorazione principale e, quindi, l’eventuale sussistenza della connessione funzionale tra lavorazioni complementari o sussidiarie e lavorazione principale. Coerentemente, all’esito della predetta indagine, hanno attribuito la voce tariffaria corrispondente alla lavorazione giudicata principale (in argomento, Cass. n. 25020 del 2014; sui medesimi temi, v. anche Cass. n. 21426 del 2019; in motivaz., Cass. n. 27550 del 2020).
18. Conclusivamente il ricorso va respinto.
19. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
20. Sussistono l’presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, del doppio contributo, ove dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 5.250,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021